Proteine del latte, la nuova frontiera della bioplastica sostenibile

Nessun polimero fossile, solo latte recuperato dagli scarti dell’industria casearia. Il risultato è un materiale versatile, che si può modellare e perfino lavorare al tornio

Proteine del latte, la nuova frontiera della bioplastica sostenibile

 

(Rinnovabili.it) – Il nostro mondo è di plastica, letteralmente. Ne produciamo ogni anno 300 milioni di tonnellate. E con quella accumulata fino ad oggi si potrebbe creare una pellicola che ricopre tutta la Terra. Rimpiazzare i polimeri che derivano dai combustibili fossili è una delle urgenze più pressanti, ma non sempre le alternative sono migliori del problema che vogliono risolvere: sappiamo che la plastica biodegradabile danneggia gli oceani proprio come quella tradizionale, solo in un impianto di compostaggio la si smaltisce in fretta. Ma la bioplastica ha comunque il pregio di limitare l’uso di idrocarburi, e ci sono modi intelligenti per renderla conveniente sotto tanti punti di vista.

Uno di questi modi è venuto in mente a Tessa Silva-Dawson, studentessa di Design del prodotto al Royal College of Art: ha usato latte di mucca per creare una plastica alternativa che non si basa su fonti non rinnovabili e ha le stesse prestazioni di quella tradizionale. Fattore più importante, il latte è recuperato dalle enormi quantità sprecate ogni giorno per rispettare quote o giocare con l’andamento del mercato.

 

 

Il suo Protein Project prende la materia prima necessaria da un allevamento con annessa industria casearia del Sussex, che ogni settimana butta via 3.000 litri di latte scremato. “Ed è soltanto una delle aziende in UK, perciò 3.000 litri la settimana, facendo un salto di scala, può dar luogo ad un grande giro d’affari”, commenta la studentessa.

Come è strutturato il processo di creazione della bioplastica dal latte? La fase iniziale non è diversa dal procedimento per ottenere il formaggio, usando calore per separare la cagliata dal siero. Il caglio viene poi introdotto in un macchinario industriale e deidratato, quindi mescolato con dei plastificanti naturali. A questo stadio il latte è diventato una pallina, che può essere modellata secondo le stesse tecniche di lavorazione normalmente usate per la plastica fossile, e perfino essere passata al tornio come fosse legno. Per dimostrarne la versatilità, Silva-Dawson ha creato una serie di recipienti di varie forme e dimensioni.

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