Biometano: una filiera agroenergetica nelle zone terremotate

Confragricoltura: “Biometano è occasione di crescita per le aziende agricole”. Benefici da sfruttare a pieno anche nelle aree terremotate

Biometano

(Rinnovabili.it) – Il biometano potrebbe rappresentare l’oro italiano. Solo lo scorso anno l’utilizzo del gas naturale per autotrazione al posto dei carburanti tradizionali ha permesso di risparmiare quasi 2 miliardi di euro in Italia, evitando emissioni di CO2 pari a quasi 1 milione e mezzo di tonnellate (dati dello studio “Vantaggi economici ed ecologici del metano per autotrazione nel 2016). Renderlo “bio” significherebbe moltiplicare ulteriormente questi benefici in un’ottica di economia circolare a tutto tondo.

 

A parlare di vantaggi e potenzialità della filiera agroenergetica italiana è stato il recente convegno “Gas naturale e biometano: eccellenze nazionali per la sostenibilità”, organizzato da Econometrica, in collaborazione con Confagricoltura, Cib, Anfia, Fca, Iveco, Snam. Un appuntamento che, quasi in contemporanea con il G7 Ambiente, ha messo a fuoco uno degli strumenti nostrani per la decarbonizzazione su larga scala. “Con il biometano – ha osservato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansantiè stata individuata una soluzione tutta italiana (in termini di filiera della produzione, distribuzione ed utilizzo del carburante per autotrazione) per la diminuzione delle emissioni di CO2 che permette anche, alle aziende agricole, percorsi virtuosi di utilizzo delle biomasse in un’ottica di smart farming e di economia circolare”.

 

Il biometano e gli strumenti normativi

L’attesa è oggi tutta concentrata su il decreto Biometano Bis, ultimo tassello normativo necessario ad inaugurare la filiera nazionale. Secondo quanto riferito da Giovanni Perrella, del Ministero dello Sviluppo Economico, il provvedimento potrebbe vedere la luce già all’inizio dell’estate 2017 ma non è il solo regolamento a cui è affidato il futuro del biometano. Come ha ricordato Aurelio Nervo, Presidente di ANFIA “È fondamentale che la Direttiva europea DAFI, che delinea a livello europeo un quadro comune di misure per la diffusione dei carburanti alternativicompresi gas naturale, biometano e GPL – tra cui l’implementazione della rete infrastrutturale, e che il nostro Paese ha recepito lo scorso gennaio, venga considerata il punto di partenza per lo sviluppo delle politiche nazionali e locali di mobilità sostenibile, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica”.

 

Carburanti alternativi, il primato italiano

Il Bel Paese vanta oggi primati forse insospettabili: possediamo il parco ad “alimentazione alternativa” più grande d’Europa e siamo anche primi per numero di auto a metano in circolazione e per disponibilità di distributori. C’è chi, ovviamente fa meglio degli altri: nel corso del convegno riconoscimenti sono andati all’Emilia Romagna, quale regione più virtuosa per l’uso del metano per autotrazione nel 2016, alla Lombardia, per la maggior crescita di distributori di gas naturale compresso e liquefatto tra il 2010 e il 2016, e alla Puglia, per il proprio piano di utilizzo del gas naturale a livello industriale e dei trsporti.

 

Nonostante ciò la rete di distribuzione nazionale è ancora carente e, guardando al futuro, è immaginabile un rallentamento della diffusione del biometano da autotrazione senza incisive politiche di sviluppo infrastrutturale.

“Il biometano – ha proseguito il presidente di Confagricoltura – rappresenta un’ulteriore occasione di crescita per le aziende agricole, dopo lo sviluppo della cogenerazione da biogas che ha prodotto risultati estremamente importanti: più di 1400 impianti da effluenti zootecnici, attività agricole, sottoprodotti, con circa 1.100 MW, per un totale di 4,0 miliardi di Euro di investimenti effettuati nel settore”. A ciò va aggiunto il dato occupazionale: ben 12 mila nuovi posti di lavoro stabili creati dal comparto. “Il biometano permetterà anche di creare delle opportunità per le aziende agricole in alcune aree del Paese che altrimenti rischiano di divenire marginali dal punto di vista produttivo”. Aree come quelle terremotate che “potrebbero avere grandi opportunità proprio dallo sviluppo di una filiera agroenergetica per la produzione di biometano di fonte agricola”.

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2 Commenti

  1. Oramai il futuro è nelle auto elettriche.
    continuare con la combustione, anche se a metano è sbagliato. Il metano va comunque prodotto, stoccato e distribuito con le difficoltà del caso. L’auto elettrica potrà essere ricaricata ovvunque dove ci sia una presa di corrente ed un impianto fv……L’industria italiana dell’automobile stà faccendo un grave errore a non percorrere questa strada, che pagheremo nel futuro

  2. Le biomasse hanno rese così basse che l’energia consumata per produrre è superiore a quella ricavata. Uno schiaffo all’ambiente inaccettabile. Togliamo gli incentivi e vediamo quanti investitori punteranno a questa tecnologia perdente!!!
    La nuova normativa prevede un business di 1,5 miliardi di euro (soldi che prelevano dalle bollette delle famiglie e dalle imprese) per la produzione di un quantitativo di metano che sui mercati energetici vale poco più di 200 milioni di euro. Una follia economica, energetica e ambientale.
    Tra l’altro, per risparmiare sui costi di smaltimento del digestato, affermano che sia un fertilizzante.
    La normatica europea stabilisce che il digestato è un rifiuto e come tale dovrebbe essere trattato ma grazie alla legge firmata Monti nel 2012 è stato definito sottoprodotto. Ciò consente lo sversamento di un rifiuto sui terreni agricoli che via via saranno contaminati fino a renderli inadatti alla produzione di colture per l’alimentazione animale e umana.
    Questa follia dovrebbe essere contrstata senza se e senza ma.
    p.s. la media degli incentivi alle biomasse in Italia è il doppio della media europea (fonte CEER). Questo spiega perchè l’Italia è fra i primi nel mondo a produrre biogas.
    Il biometano, come anche le altre biomasse per la produzione di energia elettrica, NON è una soluzione energetica. Sono solo un mezzo per far arricchire le imprese (in particolare quelle che producono impianti) a danno dei cittadini e dell’ambiente.

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