Definizione Mobilità Sostenibile

Trasformare il concetto di trasporto a favore dell’ambiente, con nuove normative, progressi tecnologici e biocarburanti

I problemi dell’inquinamento atmosferico, che si sovrappongono a quello di un sempre più alto costo dei carburanti tradizionali ed ad un’inevitabile caratteristica di “esauribilità” delle materie prime da cui si estraggono i propellenti per l’autotrazione, saranno i temi centrali che occuperanno sempre più spazio nelle problematiche sociali, nel dibattito politico e non ultimo nella ricerca scientifica.
Diversi quindi saranno i protagonisti nell’ambito del trasporto sostenibile (pubblico e privato): la politica e le istituzioni con le conseguenti normative, gli utenti-consumatori, le multinazionali dei combustibili, le case costruttrici di autoveicoli e la ricerca che dovrà trovare e proporre soluzioni alternative, dai propulsori dalle emissioni con un impatto ambientale sempre minore, alle materie prime per i carburanti ricavate da fonti rinnovabili.
Gli attori quindi di questo futuro scenario non sono certo pochi e, spesso, in conflitto tra loro. Già da oggi assistiamo a conflitti economici tra lobby industriali che cercano d’imporre i loro interessi, istituzioni che devono proteggere la salute dei cittadini (ma chiamate anche ad assicurare regole per un mercato che veda aziende e dipendenti cui siano assicurate libertà d’impresa e sicurezza del posto di lavoro), consumatori che con le proprie associazioni reclamano carburanti a costi inferiori, ambientalisti che non smettono di lanciare allarmi sui danni ambientali irreversibili che, il perpetrarsi dell’attuale situazione, finiranno inevitabilmente per provocare.
Questa è la fotografia dell’oggi. Ma vediamo quello che i vari attori di questa kermesse stanno studiando per risolvere uno dei problemi nodali per il futuro del pianeta terra.

Progetti, contributi e programmi dell’Unione Europea

Iniziamo dalle istituzioni che stanno soltanto ora prendendo coscienza di come il problema ambientale, soprattutto nelle società più industrializzate o in via di industrializzazione, stia diventando da importante a vitale.
A questo proposito la Direzione Generale Energia e Trasporti della Commissione Europea
ha deciso di organizzare la Settimana dell’Energia Sostenibile (29 febbraio – 2 marzo 2007). A Bruxelles si terranno infatti una cinquantina di conferenze in cui si parlerà del “Libro verde sul trasporto urbano”. E comunque, nel quadro di una strategia a lungo termine per garantire il futuro dell’industria automobilistica europea, l’UE ha proposto norme più severe per ridurre l’inquinamento ed incentivare lo sviluppo di carburanti più sicuri.
L’obiettivo è quello di mettere gli automobilisti europei in condizione, almeno in una prima fase, di scegliere tra una vasta gamma di carburanti più puliti: miscele di benzina ad alto contenuto di etanolo, biocarburanti, carburanti a basso contenuto di carbonio e gasolio a bassissimo contenuto di zolfo. Per realizzare questo sarà indispensabile coinvolgere le compagnie petrolifere, che operano nel nostro continente, le quali dovranno ridurre del 10% le emissioni di gas serra prodotte dai loro carburanti durante le fasi di raffinazione, trasporto e utilizzo nel corso del decennio 2011-2020. Così facendo in questo periodo dovrebbe registrarsi un risparmio di 500 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. Migliorare la qualità dei carburanti consentirà quindi di ridurre ulteriormente le emissioni, tutelando al contempo la salute dei cittadini. Per Stavros Dimas, commissario europeo per l’Ambiente (febbraio 2007), queste nuove norme rappresentano tra gli interventi più importanti che l’UE deve intraprendere per la difesa. Fondamentale però sarà l’apporto che l’industria automobilistica (con il 7% della manodopera impiegata) che comunque, come vedremo in seguito, ha già iniziato da qualche anno a sperimentare e produrre prototipi e qualche veicolo che si avvale di propulsori di nuova concezione e alimentati con combustibili non tradizionali. A questo proposito il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sostiene che, a suo avviso, partecipando alla lotta ai cambiamenti climatici, l’industria automobilistica potrà mantenere la sua competitività nel lungo periodo. “L’industria automobilistica europea potrà così conservare la forza e la capacità d’innovazione che l’hanno resa leader mondiale del settore”.

2008: nuove norme Ue per le emissioni

E intanto proprio dalla Ue è atteso, entro la metà del 2008, un nuovo provvedimento legislativo che riguarda le emissioni CO2 auto, (nota Commissione Ue – 7.2.2007)
che propone una revisione strategica degli strumenti per limitare le emissioni di gas-serra prodotti dalle automobili.
Questo impegno, già preso di comune accordo con l’industria dell’automobile, mira ad ottenere entro il 2008 una media di 140 grammi di anidride carbonica (CO2) per chilometro.
In aggiunta verranno previsti dei sostegni per gli sforzi nel campo della ricerca orientati alla ulteriore riduzione delle emissioni dei nuovi modelli, fino ad una media di 95g di CO2 entro il 2020.
Tra 1995 al 2004 si era già verificata una diminuzione del 12,4 per cento delle emissioni.
Però tanto l’espansione del parco auto, quanto la commercializzazione di modelli con cilindrata più alta e di maggiori potenze, ha di fatto vanificato i miglioramenti delle emissioni dei motori.
Quindi l’obiettivo di 120 grammi di CO2/km per il 2012 potrà essere raggiunto soltanto attraverso l’adozione di regole più severe e di nuove misure, quali ad esempio l’incentivazione dell’uso dei biocarburanti.
L’introduzione di nuovi strumenti legislativi dovrà costituire il segno tangibile della volontà di contrastare, tra gli altri, il fenomeno del riscaldamento globale e di rispettare gli impegni assunti con la stipula del Protocollo di Kyoto. Le risposte del Consiglio e del Parlamento europeo sono attese entro la prima metà del 2008.
Contemporaneamente occorrerà la definizione di una strategia di lungo termine per il settore degli autoveicoli, direttiva che già lascia intravedere la soluzione di un non facile compromesso politico tra interessi diversi.

I dati dell’attuale situazione

Oggi il trasporto su strada è, dopo la produzione di energia elettrica, la seconda causa delle emissioni di gas-serra in Europa, equivalente ad un quinto delle emissioni totali della Ue di CO2. Ed è un settore, come abbiamo visto, in cui le emissioni continuano a salire rapidamente, vanificando le attività della Ue per far fronte ai cambiamenti climatici. Se conteggiamo le emissioni di Co2 delle sole automobili ad uso privato, vedremo che raggiungono il 12% del totale delle emissioni Ue.
A questo punto ogni attore sulla scena della produzione di emissioni inquinanti dovrà necessariamente fare la sua parte.
Le industrie automobilistiche europee, giapponesi e coreane commercializzate nella Ue si sono impegnate a ridurre le emissioni di CO2 prodotte dai modelli appunto destinati al mercato europeo, fino ad una media di 140g/km entro il 2008 (per i costruttori europei), o entro il 2009 (per i produttori giapponesi e coreani).
Per quello che riguarda i consumatori la Ue prevede che ogni auto sia dotata di un’etichetta con i dati su consumi ed emissioni di CO2 e la comunicazione in differenti modalità di informazione (vedi ad esempio le pubblicità) sulla qualità dei carburanti e sulle loro caratteristiche.
Non verrà trascurata nemmeno la leva fiscale, promuovendo l’uso di autovetture alimentate con carburanti meno inquinanti.
Anche se alcuni stati membri lo hanno già adottato, la Commissione ha proposto un provvedimento comunitario che introdurrà un’aliquota sulla CO2 nelle imposte nazionali sui veicoli. Queste misure complementari includeranno un miglioramento dell’efficienza dei componenti delle automobili che hanno il più alto impatto sul consumo di carburanti, come ad esempio i pneumatici, i sistemi di condizionamento d’aria, ma soprattutto verrà richiesta una graduale riduzione nel contenuto di carbonio nei carburanti per autotrazione, in particolare attraverso un maggiore ricorso ai biocarburanti.

I biocarburanti

In questo settore la Ue ribadisce che i biocarburanti aiuteranno ad allinearsi alle emissioni stabilite nel Protocollo di Kyoto e a tale proposito c’è una specifica direttiva comunitaria che entro il 2020 vuole incrementare fino al 5,75% la quota di mercato dei biocarburanti per il trasporto stradale. I biocarburanti e i miglioramenti dei propulsori sono due degli elementi essenziali per fronteggiare l’impatto nocivo delle emissioni, ma la la Commissione, per diminuire ancora la percentuale di carbonio derivato dai carburanti fossili, ha previsto che dal 2011 si riduca progressivamente proprio la quantità di carbonio nei combustibili per autotrazione (vedi IP/07/120). I risparmi di CO2 ottenuti con questa misura fino al 2012 saranno conteggiati ai fini del raggiungimento dell’obiettivo dei 120 g di CO2/km.

La situazione nel mondo

Gli Stati Uniti d’America, il Canada, il Giappone, la Corea, la Cina e l’Australia hanno già avviato degli approcci a carattere regolamentare o su base volontaria, alcuni dei quali sono ora soggetti a revisione allo scopo di ottenere ulteriori miglioramenti nell’efficienza del processo di combustione dei carburanti e nelle riduzioni delle emissioni di CO2.
L’obiettivo della Ue di 120 g di CO2/km e gli standard giapponesi sono in termini assoluti i più ambiziosi al mondo. Difficile fare una comparazione precisa per via delle differenze del parco auto circolante e delle metodologie applicate ai test. Il Giappone ha di recentemente dichiarato che entro il 2015 intende aumentare ulteriormente, fino al 20 per cento, l’efficienza del processo di combustione dei carburanti per autotrazione.
Insomma, quello delle emissioni degli autoveicoli è un problema che affligge tutti gli stati a grande circolazione e primo tra tutti gli Stati Uniti d’America. Qui ad esempio, anche il presidente Bush, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione di gennaio 2007, almeno nelle intenzioni, ha dichiarato di voler miglioramenti per l’efficienza di combustione dei carburanti delle auto e di voler sostenere il diesel pulito. A livello statale, nel 2004 la California e altri dieci stati hanno adottato una norma per ottenere tra il 2009 e il 2016 una riduzione del 30% delle emissioni di gas-serra dovute agli autoveicoli

Cambia anche il concetto di sistema di trasporto?

Ovviamente, accanto ai carburanti più puliti, alle auto con propulsori più efficienti, a limiti normativi più severi, occorrerà, realisticamente in un più lungo termine, anche prevedere un diverso sistema di trasporti urbano ed extra-urbano, individuale e pubblico, per merci e per persone. Insomma un’operazione che vede concretamente in prima linea le amministrazioni locali, ma dove lo Stato e la Comunità Europea dovranno fare la loro parte e di non poco conto.
In Italia viene intanto varato un potenziamento del trasporto intermodale ed altri interventi per diminuire l’impatto ambientale dell’autotrasporto. Si ratta di misure contenute nel nuovo Dpr 11/04/2006 n. 205 (su GU del 7 giugno, n. 130).
Questo decreto stanzia contributi per 20 milioni di euro a favore delle imprese che adottino interventi innovativi del sistema di autotrasporto merci, ad esempio, favorendo il trasporto marittimo invece di quello stradale e con l’obiettivo di raggiungere standard più efficienti nel campo della salvaguardia ambientale (vedi l’abbattimento delle emissioni gassose, di quelle acustiche, delle elettromagnetiche…).

L’attività delle case automobilistiche

All’alba dell’anno 2007 lo scenario che viene prospettato dalla ricerca delle varie case automobilistiche in fatto di abbattimento delle emissioni è il più vario. Sia a livello di ricerca, sia a quello di prototipi già funzionanti che di modelli già commercializzati, è assai variegato e caratterizzato da scelte tecnologiche in direzioni differenti.
Ad esempio al Salone di Ginevra dell’Auto del 2007 é stata presentata dalla Tritec una vettura che potrà utilizzare tre diversi carburanti per il suo propulsore, ovvero, la benzina, l’etanolo e l’elettricità. Il propulsore sarà prodotto in Brasile dalla stessa Tritec, sarà di 1.600 cc. con potenze dai 170 ai 250 CV a seconda delle versioni.
La Honda, propone un prototipo ibrido a bassissimo costo di esercizio, addirittura con consumi intorno ai 3,5 litri di gasolio ogni 100 km., grazie ad un motore, un diesel “pulito”, dotato anche di marmitta catalitica.
Ma le vere auto ibride sul mercato sono, già dal 2005, la Toyota Prius e l’Honda Civic IMA.
Il gruppo Nissan-Renault, sempre a Ginevra, ha dichiarato che la sua strategia prevede, per il prossimo futuro, che le proprie auto ibride verranno selezionate fra i segmenti più alti, abbandonando, probabilmente, i modelli al di sotto di una certa cilindrata. Questo perché, a loro avviso, sarebbe antieconomico produrre vetture di piccola cilindrata con alimentazione ibrida, quando le stesse vetture, se costruite con propulsori diesel, otterrebbero analoghi risultati in fatto di consumi e risparmio energetico.
Ciò significa, ad esempio che Nissan produrrà, per il mercato estero, un ibrido di lusso con motore e trazione anteriore per la metà del 2010. Intanto arriva sul mercato la nuova Nissan Altima ibrida, per ribadire il concetto secondo il quale allo stato in cui siamo, dopo tanto parlare di vetture ibride, occorre capire fino a che punto il mercato sia maturo, per accettare propulsori misti. Ma, almeno per i vertici Nissan, è ancora presto, perché, aldilà dei discorsi sul beneficio ambientale, il consumatore chiede soprattutto un risparmio in termini economici all’acquisto, un risparmio sensibile anche nella gestione, nonché eventuali incentivi.
In Europa è il gruppo Psa Peugeot-Citroen a proporre due prototipi, uno per ognuno dei marchi dell’azienda: una Peugeot 307 ed una Citroen C4 chiamate entrambe Hdi . Dei diesel, dunque in contrasto con le scelte giapponesi, che sul loro mercato, in Usa, ma anche qui da noi già commercializzano modelli con motori a benzina e/o elettrici. La Psa si prefigge invece l’obiettivo di portare sul mercato modelli che uniscano al motore diesel una tecnologia ibrida, che arrivino così a consumare ancor meno rispetto alle ibride orientali a benzina.
Questa versione dei modelli Citroen e Peugeot, che sarà sul mercato dal 2010, marcia in elettrico fino a 50 km/h e può anche essere soltanto elettrica con un’autonomia di cinque chilometri, se si pigia il pulsante Zev (zero emission vehicle). Inoltre i dati di consumo parlano chiaro: meno 30% rispetto alle diesel senza ibrido, con una percorrenza di 30 km per litro di gasolio.
In Italia, invece, non si punta sull’ibrido. La scelta della Fiat è il metano e si producono già modelli a “doppia alimentazione” benzina-metano. Con emissioni del 60% in meno di monossido di carbonio, dal 40 al 60% in meno di ossidi di azoto e riduzioni di circa il 70% di idrocarburi incombusti. Per il futuro, la Fiat punta sull’idrogeno (l’anno scorso è stata presentata una Panda a idrogeno), anche se non si tratta di futuro immediato, visto che occorrerà attendere tra i 15 e i 20 anni prima di poter fare un “pieno” di idrogeno.
Una certa diffusione invece riguarda attualmente un’auto a Gpl, che permette un abbattimento del 50-60% del monossido di carbonio, una riduzione del 20% degli ossidi di azoto. Queste però riguardano auto nuove: un’auto trasformata a Gpl, permette riduzioni inferiori.
Il problema in questo caso è la rete di distribuzione, come d’altronde anche per il metano.
Alcuni costruttori francesi puntano invece ancora sull’auto elettrica. Qui i problemi sono lo spostamento a monte della produzione di energia elettrica (con quali conseguenze per l’ambiente?) e l’autonomia: non si è ancora trovata un’auto che percorra più di 150-200 km. Ma, proprio a Ginevra, Bolloré presenterà un nuovo veicolo e dichiara che sarà in grado di percorrere 250 km, con una velocità massima di 125 km/h, che dovrebbe essere a disposizione per i giochi olimpici del 2008.

*di Maurizio Testa*

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