Metà del biodiesel europeo viene da importazioni insostenibili

il 53% del biodiesel in UE viene dalle importazioni, fatto che ridimensiona il contributo dell’agricoltura europea al settore e non ne giustifica gli incentivi

biodiesel

 

Necessario azzerare la quota di biodiesel nei trasporti dopo il 2020

 

(Rinnovabili.it) – La maggior parte del biodiesel prodotto in Europa viene da materie prime importate, fatto che rende ancora meno sostenibile un settore – quello dei biocarburanti – già sotto accusa da parte delle organizzazioni non governative e di molti esperti.

In prima linea, in questa schermaglia, c’è Transport & Environment, ONG che ha pubblicato ieri un nuovo dossier in cui fa le pulci alla Commissione Europea a partire dai suoi stessi dati. Secondo il rapporto, infatti, il 53% del biodiesel è frutto delle importazioni, mentre quasi metà dell’olio di palma importato finisce bruciato nei motori degli autoveicoli. Oggi il 4,9% del carburante per trasporti in UE deriva dai biofuel, con il biodiesel che copre l’81% dei consumi. Sebbene ci siano alcune differenze negli impatti climatici degli oli vegetali, in media tutti i biocarburanti di prima generazione sono più inquinanti del gasolio tradizionale.

 

>> Leggi anche: Il business dei biocarburanti che affama il pianeta <<

 

La produzione di biocarburanti, infatti, compete con quella di colture alimentari, mettendo a rischio da un lato la sicurezza alimentare, dall’altro causando un aumento delle emissioni di carbonio, poiché le aree agricole vengono ampliate per far fronte alla crescente domanda. Questo fenomeno è definito come cambiamento indiretto dell’uso del suolo (ILUC), una piaga che l’olio di palma ha contribuito in maniera particolare ad allargare. Le colture di palma da olio, infatti, prendono il posto di ecosistemi tropicali ricchi di carbonio, come foreste e torbiere.

La direttiva sull’energia rinnovabile del 2009 prevede un limite del 7% alla quota di biocarburanti a base di colture nel settore dei trasporti. Una politica che ha determinato un forte aumento della domanda di oli vegetali nel blocco. Tra il 205 e il 2015, pur essendo crollato del 10% nel settore alimentare, il consumo di oli vegetali nei trasporti è quasi quadruplicato. La normativa europea dovrà essere rivista a partire dal 2020, e nella sua proposta di riforma per il periodo 2021-2030 (RED II) la Commissione ha chiesto un abbassamento del tetto al 3,8%. Troppo poco  per gli attivisti di Transport & Environment, che spingono per un azzeramento dei biofuel di prima generazione. La via d’uscita per gli agricoltori, spiegano, passa per una transizione verso colture proteiche alternative, che potrebbe continuare a garantirne il reddito. L’Unione, invece, dovrebbe puntare sui cosiddetti biocarburanti avanzati (a base di rifiuti) e sulla mobilità elettrica da rinnovabili.

Articolo precedenteIl carbone crolla in occidente, ma cresce in Cina e India
Articolo successivoPrestazioni energetiche edifici: il sì dell’ITRE alle nuove norme

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!