Economia circolare europea: solo il 10% dei materiali viene riutilizzato

Il rapporto dell’Agenzia Ambientale europea fa il punto sulle iniziative avviate nel Vecchio continente per ridurre l’uso delle risorse naturali e la produzione di rifiuti

Economia circolare europea
Credit: Friends of Europe (CC BY 2.0)

I progressi dell’Economia Circolare Europea

(Rinnovabili.it) – L’economia circolare europea è solo gli inizi. Nonostante il primo piano organico per traghettare l’Unione verso il nuovo modello di produzione e consumo abbia ormai quattro anni alle spalle, nel Vecchio Continente “chiudere il cerchio” è un’impresa ancora tutta da tentare. A confermarlo è il nuovo rapporto dell’Agenzia Ambientale Europea (AEA), intitolato Paving the way for a circular economy: insights on status and potentials, secondo cui, attualmente, solo il 10% dei materiali impiegati viene recuperato e riutilizzato. Questo tasso di circolarità varia dall’1% per elementi come litio e silicio a oltre il 50% per argento e piombo, ma nella maggior parte dei casi è indice di potenzialità sprecate.

 

Nel complesso il documento mostra come i volumi di rifiuti siano aumentati del 3% tra il 2010 e il 2016, facendo tuttavia crescere di pari passo anche la percentuale del riciclo (50-54%) e quella dell’incenerimento con recupero di energia (12-18%). Le discariche invece sono diminuite dal 29% al 24% nello stesso periodo, sebbene esistano grandi differenze tra i singoli Paesi.

 

I progressi in questo campo sono in gran parte da ricollegare alla direttiva quadro sui rifiuti che ha definito per la prima volta nel 2008 una gerarchia di gestione, una classifica delle opzioni basata sul presupposto degli impatti ambientali, in cui viene data priorità alla prevenzione seguita dalla preparazione per il riutilizzo, il riciclo o altri tipi di recupero e  quindi lo smaltimento in discarica. Per l’Agenzia, un’applicazione ferrea di queste norme permetterebbe agli Stati Membri di migliorare ulteriormente l’economia circolare europea in termini di efficienza delle risorse e dell’energia spesa, riducendo l’uso di materiali vergini, emissioni di gas serra e inquinamento. E soprattutto permetterebbe di creare nuovi posti di lavoro e crescita economica. Il numero di persone impiegate nel settore UE è aumentato da quasi 840.000 nel 2011 a circa 950.000 nel 2016; oltre il 50% di questi europei è attivo nella raccolta dei rifiuti.

 

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Lo studio rivela che 21 dei 32 paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo sostengono iniziative di economia circolare, ma per lo più si tratta di strumenti normativi o basati sul mercato dedicati al comparto del riciclo e del recupero energetico, mentre l’eco-design, l’attenzione ai consumi e il riutilizzo possono contare su approcci più soft come campagne di comunicazione ed etichette informative.

Anche “le aziende europee stanno adottando sempre più modelli di business circolari, focalizzati principalmente sull’efficienza operativa e sulla riduzione degli sprechi”, spiega l’AEA. Tuttavia esistono ancora diversi ostacoli, dalla cultura aziendale ai fattori di mercato passando per  la complessità del sistema.

Il nuovo rapporto rileva inoltre che il monitoraggio dei progressi nell’economia circolare europea richiede ulteriori investimenti. Molti dati pertinenti – ad esempio, sulla fase di produzione e consumo dei cicli di vita dei prodotti – non sono disponibili nei sistemi di informazione e nelle statistiche nazionali. Gli autori sottolineano anche la necessità di integrare le attuali politiche circolari con quelle sul clima e la bioeconomia.

 

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