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Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

L’architetto immagina una Parigi stravolta: un’oasi di sostenibilità in cui nel 2050 le sue 8 torri verdi porteranno una vera e propria foresta nella capitale

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

(Rinnovabili.it) – L’architetto francese Vincent Callebaut stupisce tutti con il progetto “2050 Paris Smart City. Il masterplan è composto da otto torri verdi progettate singolarmente che inserite nel panorama della città creano un atmosfera visionaria, futuristica ed indubbiamente affascinante. Il colore prevalente è il verde: le piante sono sui tetti, nei balconi, fanno parte della pavimentazione e ricoprono i prospetti. Tra la vegetazione si scorgono pale eoliche, veicoli elettrici, battelli ricoperti di vegetazione e celle fotovoltaiche nell’intento di ridurre del 75% le emissioni per il 2050.

 

La torre montagna, per combattere il l’isola di calore nel centro della città

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Le torri montagna sono progettate per il primo municipio e si sovrappongono agli edifici storici di Rue de Rivoli. Immaginate come degli alti coni di vetro rovesciati quasi del tutto avvolti da vegetazione, le torri verdi dovrebbero sorgere sopra gli edifici esistenti del centro della città e funzionare come condizionatori naturali per contrastare il fenomeno dell’isola di calore del nucleo cittadino.

 

La torre antismog, 23 km di cicloni contro l’inquinamento

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Nel centro cittadino,  14° arrondissement, un percorso verde di 23 km sostituisce le vecchie rotaie del tram tra orti urbani e piste ciclabili. Le corti interne degli edifici e gli spazi verdi vicini ai percorsi ospitano delle enormi torri cave che contengono turbine eoliche assiali, studiate per purificare l’aria del centro della città.

 

La torre fotosintesi, per mascherare la vecchia e odiata Torre Montparnasse

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Nel 1973 nel 15° municipio veniva ultimata la Torre Montparnasse, tra le critiche di cittadini e autorità. Callebaut pensa a una torre ricoperta di alghe capaci di generare energia grazie a un processo foto sintetico che fa da mantello verde al vecchio edificio. Il grattacielo è affiancato da due piccoli edifici analoghi. Con la sua maglia triangolare di alghe la torre saprà finalmente conquistare i parigini?

 

La torre nido di bamboo, un intreccio davvero green

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Una struttura di bamboo ricopre le 13 torri verdi del quartiere Massena e contiene dei veri e propri orti urbani. Le torri sono interrotte a metà per lasciare spazio alle turbine eoliche ad asse orizzontale che rendono l’edificio tra i più efficienti tra quelli del masterplan. Una selva di piccole turbine invade i tetti per il massimo dell’efficienza.

 

La torre alveare, per aumentare la densità dei quartieri residenziali

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Un alveare di piccole abitazioni si va a sovrapporre al tessuto cittadino esistente per raddoppiare la densità del ventesimo distretto. Le mini-tipologie edilizie con struttura metallica vanno ad innestarsi sugli edifici esistenti per creare dei macrocondomini green, come solo le api sanno fare.

 

La torre fattoria, riporta la di campagna nel ventesimo distretto

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Sembrano mucchietti di sassi e invece sono 4 superfattorie capaci di fornire la città di ogni genere di prodotto agricolo e restituire prezioso ossigeno all’atmosfera cittadina. I prodotti a chilometri zero elimineranno anche le emissioni dovute al trasporto dalla campagna alla città.

 

Le torri mangrovia, una foresta di servizi per i viaggiatori della Gare du Nord

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

Come le radici delle mangrovie queste torri verdi crescono tra i binari della Gare du Nord, fornendo la stazione di servizi ed alloggi per i viaggiatori. La tecnologia piezoelettrica trasformerà i movimenti della caotica vita della stazione in energia in grado di servire la selva di edifici.

 

La torre ponte, l’edificio anfibio che scavalca la Senna

Le 8 torri verdi di Vincent Callebaut per Parigi Smart City del 2050

 

L’ultima torre verde progettata da Callebaut in realtà è un ponte. Le due strutture gemelle si servono dell’energia idroelettrica generata dal movimento dell’acqua e di quella eolica delle turbine incastonate nella struttura per dotare la città allo stesso tempo di un nuovo ponte e di un grattacielo a impatto zero.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.