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22 maggio 2008, ritorno al nucleare

La tormentata storia del nucleare italiano sembra vivere stagioni cicliche. Quali sono i dubbi ricorrenti?

Il 22 maggio 2008 è una data storica. Un ministro del IV governo Berlusconi ha annunciato, davanti all’assemblea della Confindustria, che il governo italiano prevede la costruzione “di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione” capaci di “produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”, la cui “prima pietra” dovrebbe essere posta entro il 2013.

E’ una storia già sentita: era il 1975, qualche mese dopo il primo aumento del prezzo del petrolio, la prima grande paura della scarsità di energia. Il 29 luglio 1975 venne presentato al CIPE, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, il documento RES(75)31, redatto dal Comitato Nazionale Energia Nucleare, intitolato “Programma Energetico Nazionale” (sarebbe poi stato indicato come PEN). Negli anni precedenti 1973-1974 l’ENEL, allora unico gestire dell’elettricità, aveva ordinato quattro centrali nucleari da 1000 megawatt ciascuna destinate due a un qualche posto nell’Alto Lazio (sarebbe poi stato Montalto di Castro) e due per il Molise (si era parlato di Campomarino vicino Termoli).

Per spiegare tale decisione il PEN presentava varie previsioni dei consumi di energia italiani. Per la copertura dei fabbisogni elettrici dal 1982 al 1985 il PEN prevedeva la entrata in servizio di nuovi impianti nucleari per una potenza da 13.000 a 19.000 megawatt (a seconda della tendenza dei consumi) in modo che la potenza nucleare in servizio nel 1985 avrebbe dovuto essere compresa fra un minimo di 20.400 e un massimo di 26.400 megawatt.

Il PEN prevedeva che nel quinquennio 1986-1990 entrassero in servizio altri nuovi impianti nucleari per una potenza compresa fra 26.000 e 36.000 megawatt. “La potenza degli impianti nucleari in sevizio nel 1990 — prosegue il testo citato — sarà pertanto compresa fra un minimo di 46.100 MW e un massimo di 62.100 MW”. “I vantaggi di costo esistenti a favore della produzione di un kWh di origine elettronucleare, rispetto ad un kWh di origine termoelettrica sono al momento attuale — era scritto nello stesso PEN del 1975 — innegabili e difficilmente essi potranno essere cancellati in futuro”.

Dove mettere tante centrali nucleari ? Niente paura, nel paragrafo 3.3.2 del PEN citato è scritto che l’ENEL era “pervenuto ad individuare le seguenti aree geografiche del Paese nelle quali le indagini preliminari hanno fornito indicazioni sulla esistenza di luoghi adatti alla installazione delle nuove centrali nucleari, oltre a quelle già previste per l’ubicazione delle quattro unità ordinate nel 1973-74 (Alto Lazio e Molise):
— Arco Alpino Lombardo
— Piemonte orientale
— Costa Jonica (Basilicata)
— Lombardia Orientale
— Costa dell’Alto Tirreno (Toscana centrale)
— Costa del Basso Tirreno (Campania)
— Costa Marchigiana Meridionale o Abruzzo
— Arco Alpino Piemontese
— Costa dell’Alto Adriatico (Romagna settentrionale)
— Costa del Medio Tirreno (Lazio meridionale)
— Costa della Venezia Giulia
— Costa meridionale della Puglia (Jonica o Adriatica).

Le procedure per le autorizzazioni erano state definite nel DPR 185 del 1964 e quelle per la localizzazione delle centrali nucleari erano fissate dalla Legge 393, approvata il 2 agosto 1975. Un lavoro a tambur battente: 29 luglio presentazione del PEN al CIPE, 2 agosto legge sulle localizzazioni, 23 dicembre approvazione del PEN da parte del CIPE.

Le cose non andarono però tanto lisce; ben presto apparve che le previsioni dei fabbisogni elettrici erano esagerate, che i soldi richiesti per costruire un così grande numero di centrali nucleari non c’erano, che molte località destinate ad ospitare le centrali nucleari si ribellarono alla violenza proposta al loro territorio, a cominciare dal Molise. Si era messa in moto, superando peraltro dure contestazioni, la centrale da 2000 megawatt di Montalto di Castro.

Ci son state molte altre sceneggiate intermedie; la proposta di costruire un impianto di arricchimento dell’uranio per diffusione gassosa, Coredif, alimentato da quattro centrali nucleari da 1000 megawatt ciascuna, da collocare in qualche posto, o a Pianosa o a San Pietro Vernotico, in Puglia, saltata prima che si cominciasse a parlarne. Qualcuno propose di costruire una centrale nucleare sulla Murgia, in Puglia, pompando l’acqua di raffreddamento dal mare. L’ENEL intervenne con un terzo del capitale nella costruzione del reattore “veloce” francese Superphenix, “raffreddato” a sodio metallico. L’Italia partecipava con il 25 % al capitale dell’impianto francese di arricchimento dell’uranio per diffusione gassosa Eurodif, in cambio del diritto di ottenere uranio arricchito. Qualcun altro pensava alla costruzione di una nave a propulsione nucleare e forse magari ad una bomba atomica.

Nello stesso tempo si moltiplicavano manifestazioni, petizioni, proteste e anche critiche tecnico-economiche al vecchio programma energetico. In risposta a questo movimento la Commissione Industria della Camera, presieduta dall’on. Fortuna, avviò una indagine conoscitiva che durò dal novembre 1976 all’aprile 1977 e che, nel maggio 1977, produsse un documento destinato al governo e al CIPE.

La conclusione fu la decisione di costruire subito soltanto 12-13 centrali nucleari, invece di venti, e altre otto da avviare entro il 1985. Infine nel dicembre 1977 veniva approvato dal CIPE un secondo «programma energetico nazionale». Nel 1979 l’ENEA/Disp aveva pubblicato un documento denominato “Carta dei siti” che indicava le possibili zone in cui localizzare le centrali.

Arrivarono però eventi tempestosi; nel marzo 1979 ebbe luogo l’incidente al reattore americano di Three Mile Island; non morì nessuno (almeno per il momento) ma la favola della sicurezza delle centrali nucleari venne messa in discussione; il governo fu costretto a indire una indagine sulla sicurezza nucleare che espose i risultati in una grande conferenza a Venezia nel gennaio 1970. Apparve così che le norme internazionali sulla sicurezza nucleare erano più rigorose di quanto si pensasse e questo offrì sostegno agli oppositori delle centrali nucleari che nel frattempo si erano moltiplicati, non solo come associazioni ambientaliste, ma anche come popolazioni dei luoghi in cui era prevista la costruzione delle centrali.

Nel luglio 1981 il ministro dell’industria Pandolfi rese noto un terzo piano energetico nazionale. Gli obiettivi prevedevano che nel decennio degli anni ottanta entrasse a pieno in funzione la centrale di Caorso (850 megawatt), entrassero in funzione le due unità da 1000 megawatt ciascuna di Montalto di Castro, venissero costruite ed entrassero in funzione altre quattro unità da 1000 megawatt ciascuna.

Negli stessi anni l’Italia dovette ridurre dal 25 al 16,5 % la sua partecipazione all’impianto Eurodif e dovette svendere una parte dell’uranio arricchito per cui l’Italia si era già impegnata e di cui non aveva più bisogno in seguito al ridimensionamento delle prospettive iniziali.

Quanto alle zone in cui localizzare le altre dodici future centrali nucleari, previste come “unità standard”, di reattori ad acqua sotto pressione PWR Westinghouse, si legge nel PEN del 1981 che i siti possibili risultano:
— Piemonte: centrale nucleare con due unità standard in una delle due aree già individuate lungo il corso del Po;
— Lombardia: centrale nucleare con due unità standard in un sito da definire in una delle due aree già individuate nella Lombardia sud-orientale (sarebbero poi state Viadana e San Benedetto Po):
— Veneto: centrale nucleare con due unità standard in un sito da definire in una delle due aree già individuate nel Veneto sud-orientale;
— Toscana: centrale nucleare con due unità standard nell’Isola di Pianosa;
— Campania: centrale nucleare con una unità standard lungo l’ultimo tratto del fiume Garigliano;
— Puglia: centrale nucleare con due unità standard in una delle aree già individuate nel Salento (sarebbero state Avetrana e Carovigno);
— Sicilia: centrale nucleare con una unità standard in una delle due aree già individuate nel Ragusano.

Il programma ebbe breve vita; il primo atto della commedia del nucleare in Italia si chiuse praticamente dopo la catastrofe al reattore nucleare di Chernobyl (aprile 1986) a cui fece seguito il referendum del novembre 1987 che fermava le costruzioni e chiedeva l’uscita dell’Italia dal reattore Superphenix.

A parte la chiusura delle vecchie centrali di Latina, di Trino Vercellese e del Garigliano, alla fine dell’avventura nucleare si aveva:
Caorso: centrale avviata nel 1981, fermata nel 1986; il combustibile irraggiato è depositato in una piscina;
Montalto di Castro: centrale ordinata nel 1973; avvio dei lavori nel 1988; sospesa la costruzione nel 1988; trasformata in una centrale termoelettrica a metano/olio combustibile
Quanto al reattore Superphenix non ci fu bisogno del referendum per uscirne. La produzione di elettricità era iniziata nel 1985; il reattore aveva incontrato vari incidenti nel 1990; e la centrale fu chiusa nel 1997, con la perdita netta dei soldi ENEL, cioè dei cittadini italiani, in tale impresa.

Quanto alle scorie radioattive che si stavano formando, i vari PEN citati consideravano il problema della loro sistemazione qualcosa da decidere in futuro. Oggi le scorie sono ancora in gran parte dove erano allora, con l’aggiunta dei materiali radioattivi provenienti dal graduale smantellamento delle vecchie centrali. Risultava insomma confermato quello che in tanti avevano detto fin dal 1975: l’energia nucleare non è economica, non è sicura e non è pulita

La passione per il nucleare è rimasta dormiente per tanti anni. “Finalmente” si è risvegliata “grazie” alla scoperta dell’effetto inquinante dell’anidride carbonica emessa dalle centrali termoelettriche a combustibili fossili e responsabile dei mutamenti climatici, e “grazie” all’aumento del prezzo del petrolio. Si arriva così alla svolta storica a cui facevo cenno all’inizio, con le stesse illusorie parole di allora: gruppo di centrali nucleari, promessa di grandi quantità di energia, promessa di basso costo dell’elettricità, rispetto dell’ambiente.

E’ il secondo atto della commedia del nucleare italiano. Di centrali cosiddette “di nuova generazione”, cioè con maggiore sicurezza e minore inquinamento, ce ne sono varie disponibili in commercio: peraltro non se ne acquista una come si sceglierebbe una automobile. Immagino che il governo pensi alle centrali nucleari cosiddette “di terza generazione” (EPR3) della potenza di circa 1600 megawatt. Ne esistono due, una finlandese ad Olkiluoto, a metà del suo cammino costruttivo, una in Francia a Flamanville, nel nord della Francia (in costruzione da qui al 2012 e oltre), con la partecipazione finanziaria del 12,5 % dell’Enel.

Si tratta di centrali ad acqua leggera funzionanti con acqua sotto pressione a ciclo uranio-plutonio, alimentate con uranio arricchito a circa il 5 % di uranio-235. Il calore che si libera dalla fissione dell’uranio-235 viene trasferito ad una massa di acqua sotto pressione a circa 150 atmosfere e circa 300 gradi che circola in un circuito “primario” di tubazioni, e viene poi trasferito ad altra acqua (circuito “secondario”) che si trasforma a sua volta in vapore e fa girare le turbine del generatore di elettricità.

Un flusso di acqua di raffreddamento (circa 70 metri cubi al secondo, quasi un fiume, di acqua marina che ritorna, scaldata, nel mare, da cui si deve produrre anche acqua distillata per dissalazione per l’alimentazione delle caldaie) trasforma di nuovo il vapore in uscita dalle turbine in acqua liquida che torna nella caldaia del circuito secondario. In queste centrali l’acqua del circuito primario del reattore, radioattiva, non viene a contatto con l’acqua del circuito secondario. Secondo quanto è noto, il reattore utilizzerà circa 30 tonnellate all’anno di uranio arricchito; il combustibile irraggiato estratto ogni anno conterrà plutonio (circa 300 kg all’anno) e altri elementi di attivazione radioattivi e i prodotti di fissione, circa 1000 kg all’anno, fra cui cesio, stronzio e altri, tutti radioattivi. La produzione di elettricità dovrebbe essere circa 10 milioni di megawattore all’anno (circa 10.000 GWh all’anno; la produzione italiana di elettricità è di circa 350.000 GWh/anno).

I reattori di nuova generazione scoppiano come quello di Chernobyl ? Molto probabilmente no perché sono circondati da un doppio involucro di protezione di cemento armato e sono dotati di speciali accorgimenti di raccolta del fluido del reattore, nel caso si verificasse una frattura nella zona contenente la radioattività.

Non voglio discutere la promessa di elettricità a costi competitivi: chiunque ha pratica di analisi dei costi di produzione di una merce, nel nostro caso l’elettricità, sa bene come si possano avere risultati diversissimi a seconda di come si calcolano i costi di impianto, la politica di ammortamento degli investimenti, i costi della materia prima; nel caso delle centrali il costo del minerale di uranio, dell’arricchimento, dell’energia utilizzata nella varie fasi, i costi dello smantellamento degli impianti, i fattori di utilizzazione, e questo per l’elettricità di origine nucleare rispetto a quella ottenuta da altre fonti, fossili o rinnovabili che siano. Con opportuni artifizi contabili il “costo” di una merce ottenuta con un processo può risultare inferiore o superiore al costo della stessa merce ottenuta con un altro processo.

Qui voglio considerare invece se la localizzazione, la costruzione e il funzionamento delle eventuali future centrali nucleari avverrà o no “nel rispetto dell’ambiente”. Sono circolate notizie su possibili “siti” in cui le centrali potrebbero essere costruite, con nomi presto smentiti, anzi con la precisazione che le relative notizie vere saranno coperte dal segreto di Stato ai sensi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 aprile 208, entrato in vigore il 1 maggio.

La scelta di una località adatta per “ospitare” una centrale nucleare presuppone alcune conoscenze: prima di tutto occorre sapere quante centrali e di quale tipo si prevede la costruzione. Già le poche cose dette sulle centrali “di nuova generazione” indicano che il reattore, il circuito delle turbine, gli impianti di presa e di circolazione dell’acqua di raffreddamento, sono grosse strutture, del volume di circa un milione di metri cubi, che contengono una massa di cemento, acciaio e materiali vari di circa un milione di tonnellate, su una superficie di una ventina di ettari.

La centrale deve essere installata in una zona dove è disponibile molta acqua di raffreddamento (dato lo stato e la portata dei nostri fiumi, l’unica soluzione è data dall’uso dell’acqua di mare), su suolo geologicamente stabile e senza rischi di terremoti: i due reattori in costruzione, quello finlandese e quello francese, sono collocati in due promontori di rocce granitiche in riva al mare. Una eventuale centrale dovrebbe essere vicino ad un grande porto perché una parte dei macchinari deve essere importato via mare; il contenitore del reattore finlandese è stato costruito in Giappone.

Qui comincia il lavoro degli analisti del territorio; si tratta di percorrere le coste italiane e vedere se si trova una zona adatta per una o per “il gruppo” di centrali annunciate. Ci sono naturalmente molti altri fattori da considerare partendo dalla vecchia (1979) “carta dei siti” ritenuti idonei alla localizzazione delle centrali nucleari allora previste, che erano più piccole e con minori vincoli di localizzazione. Già allora, comunque, le norme internazionali indicavano la necessità di avere, intorno alle centrali nucleari, una zona di rispetto del raggio di circa 15 chilometri nella quale non dovevano trovarsi città o paesi, strade di grande comunicazione e ferrovie, impianti industriali, depositi di esplosivi, installazioni militari.

Anche se la, o le, localizzazioni delle nuove centrali saranno coperte dal segreto di Stato, ci sarà pure un giorno in cui i cittadini di una qualche zona d’Italia vedranno arrivare sonde e geologi e ruspe e recinzioni e gli amministratori locali dovranno fare i conti con autorizzazioni e espropri. Sarà quello il tempo in cui gli abitanti delle zone interessate vorranno interrogarsi su quello che sta succedendo, sulla propria sicurezza futura, sul destino delle acque sotterranee e delle spiagge e coste. Non sarà il segreto o il controllo militare a impedire ai cittadini di informarsi, di leggere le carte geologiche e la frequenza dei terremoti, le norme internazionali di sicurezza delle centrali.

.Un’ultima osservazione voglio fare sulla promessa compatibilità ambientale dell’energia nucleare, soprattutto in relazione alla sistemazione delle scorie nucleari, a cominciare dal “combustibile irraggiato”, le barre di uranio estratte dai reattori dopo uno o due anni di funzionamento e contenenti uranio-238, una parte residua di uranio-235, elementi transuranici e prodotti di fissione. Si tratta di materiali diversissimi chimicamente, con differenti tempi di dimezzamento (il tempo durante il quale perdono metà della radioattività originale), che vanno posti in depositi che vanno tenuti sotto controllo per mesi, o per anni e decenni o per migliaia di anni. La loro pericolosità per la vita varia a seconda della composizione chimica e della radioattività che a sua volta varia continuamente nel tempo. Il combustibile irraggiato deve restare per anni in adatte “piscine” nelle quali perde una parte della radioattività generando calore, per essere poi “ritrattate” per separare le varie componenti, le vere e proprie scorie, o sepolte per tempi lunghissimi

Dove mettere le scorie radioattive esistenti, note e inventariate e quelle che continuamente si stanno formando ? La risposta ragionevole è: nessuno lo sa. Nelle miniere di sale abbandonate ? in terreni argillosi ? in fondo al mare ? nello spazio interplanetario, lanciate da speciali missili ? Pochi problemi tecnico-scientifici hanno avuto risposte fantasiose e illusorie come quello dello smaltimento delle scorie nucleari.

Con le scorie radioattive dovremo convivere per tutta la vita e anzi la loro quantità tenderà a crescere e assumerà, col passare del tempo, anche nuovi caratteri. Possiamo seppellire le scorie radioattive in qualche deposito per il quale possiamo chiedere alle generazioni future una sorveglianza affidabile ? La risposta è “no”. Il grande fisico, pur fautore dell’energia nucleare, Alvin Weinberg, scrisse: “Noi nucleari proponiamo un patto col diavolo; possiamo fornire energia a condizione che le società future assicurino una stabilità politica e delle istituzioni quali mai si sono avute finora”. E, guardandosi intorno, di tali società non esistono certo oggi tracce nel mondo.

In quale maniera sarà possibile avvertire coloro che vivranno fra centinaia e migliaia di anni, accanto ad un deposito di scorie nucleari, che devono continuare a vigilare attentamente perché il materiale depositato non sia esposto a infiltrazioni di acqua, non venga a contatto con forme viventi ? Il plutonio-239 perde metà della propria radioattività ogni 24.000 anni e quindi è ancora radioattivo dopo 200.000 anni. Se si pensa ad una sepoltura che sia sicura e protetta anche solo fra diecimila anni — un periodo nel quale possono nascere e scomparire interi imperi — c’è da chiedersi in quale lingua e in quale modo si può mettere un avviso, all’ingresso dei depositi di scorie: “Attenzione: non avvicinatevi”, in quale lingua dovremmo scrivere il messaggio ? con quali segni ? e chi tramanderà la leggibilità di tale avvertimento ?

L’americano Sebeok, uno studioso della comunicazione, ha suggerito che occorrerebbe organizzare una “casta sacerdotale atomica”, di durata eterna, in grado e col compito di tramandarsi nel corso delle 300 generazioni che si susseguirebbero nei diecimila anni, la lingua e il significato di quel cartello apposto sul cimitero delle scorie radioattive e dei residui delle centrali e degli impianti contenenti materiali radioattivi. E poi su quale supporto l’eventuale messaggio custodito dai sacerdoti atomici può essere tramandato a tutti gli abitanti del pianeta per 300 generazioni ? Qualsiasi successo di qualsiasi tecnologia di sepoltura dei materiali radioattivi sembra impossibile e questo conferma la necessità di fermare la diffusione delle centrali e delle attività nucleari, anche considerando lo stretto legame fra nucleare commerciale e militare.

Vorrei concludere con una modesta considerazione ispirata agli eventi del primo atto dell’avventura nucleare e che affido a coloro che propongono — e che si opporranno — al secondo atto di tale avventura, appena iniziata. “Se” i soldi spesi negli anni 1973-1986 per il nucleare — per la propaganda, per impianti che non sarebbero mai entrati in funzione, per disastri territoriali, per arginare i conflitti popolari — fossero stati spesi per il potenziamento delle fonti rinnovabili, già mature nei primi anni settanta, per il risparmio energetico, la ristrutturazione produttiva, una nuova urbanistica attenta alla difesa del suolo, saremmo oggi il paese più industrializzato e scientificamente avanzato d’Europa. Abbastanza curiosamente questa direzione era nota e chiaramente indicata anche in Italia già in quegli anni settanta del Novecento. Quante delusioni, quanto tempo e quanti soldi buttati al vento !

h4{color:#FFFFFF;}. Giorgio Nebbia

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Rinnovabili • Giornata mondiale della terra

Giornata mondiale della terra: cos’è e quando si festeggia?

Giornata della Terra: l'evento che ogni anno mobilita un miliardo di persone per la salvaguardia del Pianeta Terra. - Earth Day

Giornata (mondiale) della Terra

Giornata mondiale della terra
Giornata Mondiale della Terra

La Giornata Mondiale della Terra è una manifestazione internazionale per la sostenibilità ambientale e la salvaguardia del nostro pianeta.

Conosciuta nel mondo come Earth Day, la Giornata della Terra di aprile, è levento green che riesce a coinvolgere il maggior numero di persone in tutto il pianeta. Si calcola infatti che ogni anno, nel periodo dell’equinozio di primavera, si mobilitino circa un miliardo di persone.

Storia della Giornata Mondiale della Terra

L’Istituzione della Giornata mondiale della Terra si deve a John McConnell, un attivista per la pace che si era interessato anche all’ecologia: credeva che gli esseri umani abbiano l’obbligo di occuparsi della terra e condividere le risorse in maniera equa. Nell’ottobre del 1969, durante la Conferenza dell’UNESCO a San Francisco, McConnell propose una giornata per celebrare la vita e la bellezza della Terra e per promuovere la pace. Per lui la celebrazione della vita sulla Terra significava anche mettere in guardia tutti gli uomini sulla necessità di preservare e rinnovare gli equilibri ecologici minacciati, dai quali dipende tutta la vita sul pianeta.

La proposta ottenne un forte sostegno e fu seguita dal festeggiamento del “Giorno della Terra” della città di San Francisco: la prima celebrazione della Giornata della Terra fu il 21 marzo 1970. La proclamazione della Giorno della Terra ufficializzava, con un elenco di principi e responsabilità precise, un impegno a prendersi cura del Pianeta. Questo documento venne firmato da 36 leader mondiali, tra cui il Segretario generale delle Nazioni Unite U Thant, Margaret Mead, John Gardner e altri (L’ultima firma di Mikhail Gorbachev è stata aggiunta nel 2000).

Un mese dopo, il 22 aprile 1970, la definitivaGiornata della Terra – Earth Day” veniva costituita dal senatore degli Stati Uniti Gaylord Nelson, come evento di carattere prettamente ecologista. Questa Giornata della Terra era però pensata come una manifestazione prettamente statunitense, fu Denis Hayes (il primo coordinatore dell’Earth Day) a rendere la manifestazione una realtà internazionale: dopo aver “contagiato” le città americane, Hayes fondò l’Earth Day Network arrivando a coinvolgere più di 180 nazioni.

giornata mondiale della terra 2023
Villaggio per la Terra 2023 a Roma

La proclamazione della Giornata della Terra si inseriva in un contesto storico dove si era appena presa coscienza dei rischi dello sviluppo industriale legato al petrolio: nel 1969 a Santa Barbara, California, una fuoriuscita di greggio aveva ucciso decine di migliaia di uccelli, delfini e leoni marini. L’opinione pubblica ne fu scossa e gli attivisti iniziarono a ritenere necessaria una regolamentazione ambientale per prevenire questi disastri.

earth day giornata terra
Nel 2020 si è celebrato il 50° anniversario della Giornata Mondiale della Terra – Earth Day

Giornata Mondiale della Terra: le prime celebrazioni

Le prime celebrazioni del Giorno della Terra si svolsero in duemila college e università , circa diecimila scuole primarie e secondarie e centinaia di comunità negli Stati Uniti. Anche se l’evento ebbe una portata nazionale si dovette aspettare il 1990 per vedere un altro Earth Day significativo.

Nel 1990 la Giornata della Terra mobilitò 200 milioni di persone in 141 paesi ponendo l’attenzione sulle questioni ambientali nel palcoscenico mondiale. Le attività del giorno della Terra nel 1990 diedero un impulso enorme alla cultura del riciclo in tutto il mondo e contribuirono ad aprire la strada per il Summit della Terra organizzato dalle Nazioni Unite nel 1992 a Rio de Janeiro.

Per trasformare la Giornata della Terra in un evento annuale, piuttosto che uno che si verificava ogni 10 anni, Nelson e Bruce Anderson, organizzatori principali dell’ Earth Day New Hampshire nel 1990, hanno costituito Earth Day USA. Questo comitato ha coordinato le successive celebrazioni del Giorno della Terra fino al 1995, incluso il lancio di EarthDay.org. Dopo il 25 °anniversario del 1995, l’organizzazione passò all’attuale Earth Day Network.

Nel 2000 la Giornata mondiale della Terra combinò lo spirito originale dei primi Earth Day con l’internazionalismo dell’evento del ’90. Il 2000 fu il primo anno in cui venne usato Internet come strumento principale di organizzazione: questo si rivelò prezioso a livello nazionale e internazionale. Kelly Evans direttore esecutivo, arruolò più di 5.000 gruppi ambientali al di fuori degli Stati Uniti, raggiungendo centinaia di milioni di persone con un record di 183 paesi. Leonardo DiCaprio fu l’ospite ufficiale dell’evento, e in circa 400.000 parteciparono all’evento principale non ostante la pioggia fredda di quel giorno.

Alcuni scatti dal Villaggio per la Terra 2018 (Earth Day – Giornata della Terra a Roma)

La Giornata Mondiale della Terra Oggi: Una Festa Globale

Grazie al crescente interesse per la manifestazione, oggi la Giornata mondiale della Terra è diventata la Settimana mondiale della Terra: nei giorni vicini al 22 aprile, numerose comunità festeggiano per un’intera settimana con attività incentrate sulle tematiche ambientali più attuali. Gli eventi vengono utilizzati per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche della sostenibilità, e dagli attivisti, per fare analisi degli scenari odierni e proporre soluzioni concrete. Nel 2017, durante la Settimana della Terra e in aperto contrasto con le nuove “politiche negazioniste” di Trump,  si è svolta in decine di città, la Marcia per la Scienza, seguita dalla mobilitazione popolare del clima (29 aprile 2017).

Nell’ambito dell’Earth Day Network, “Earth Day Italia” è considerato uno dei migliori comitati organizzativi, tanto che nel 2015 l’organizzazione italiana è divenuta sede europea del network internazionale. L’edizione del 2016 ha rappresentato un momento di straordinaria importanza per Earth Day Italia, grazie al succedersi di eventi importanti fra cui l’eccezionale visita a sorpresa di Papa Francesco e il collegamento in live streaming con il Ministro Galletti da New York, in occasione della storica firma del primo accordo universale sul cambiamento climatico (COP21).

Villaggio per la Terra – Roma 2017

Ogni anno a Roma, nella bella cornice di Villa Borghese, prende vita il Villaggio per la Terra: una settimana di eventi per tutte le età, che culminano con una serie di imperdibili concerti.

Nel 2017 tra la Terrazza del Pincio e il Galoppatoio di Villa Borghese, Earth Day Italia ha organizzato 5 giorni in cui si sono alternati eventi sportivi, concerti, esposizioni, mostre, convegni, spettacoli, laboratori, attività didattiche, giochi per bambini e ottimo cibo.

Tra i tanti eventi che hanno caratterizzato il Villaggio per la Terra 2017, il principale è stato il Concerto per la Terra. La serata gratuita, che ha preso il nome di “Over the Wall, Mecenati della Bellezza”, è stata presentata da Fabrizio Frizzi ed ha visto la partecipazione degli Zero Assoluto, Noemi, Sergio Sylvestre, Soul System, Ron e La Scelta.

Nel Galoppatoio di Villa Borghese il Villaggio dello Sport ha offerto a tanti la possibilità di praticare decine di discipline sportive differenti, di sperimentare simulatori sportivi virtuali, di assistere alle dimostrazioni di grandi campioni e di lanciarsi in gare, tornei e contest sempre divertenti e all’insegna della sostenibilità. In questo contesto il Coni, il Comitato Paralimpico e decine tra federazioni, associazioni e società sportive, club e campioni hanno offerto un importante contributo in difesa dei valori più autentici dello sport e dell’ambiente.

A caratterizzare maggiormente le attività per i giovani studenti romani è stato il premio “Io Ci Tengo” (#IoCiTengo). Nato per portare l’attenzione delle scolaresche sulle tematiche ambientali, il premio ha cercato di catalizzare progetti, lavori artistici e reportage che raccontassero in maniera innovativa e rivoluzionaria come trasformare il deserto di cemento delle nostre città in una foresta. Fu proprio Papa Francesco, con una partecipazione a sorpresa durante l’edizione 2016, a lanciare il messaggio “Voi trasformate deserti in foreste”. Le scuole hanno partecipato in tanti modi: foto, disegni, articoli, storie e video; con fantasia e immaginazione hanno conquistato l’attestato di Testimone della Terra 2017, mentre i vincitori sono stati nominati Ambasciatrici della Terra 2017.

Inoltre, durante il Villaggio per la Terra, sono state dedicate delle intere giornate sia alla mobilità sostenibile che ai libri, riconoscendo alla mobilità green e alla cultura ruoli fondamentali nel cambiamento verso una cultura della sostenibilità.

Villaggio per la Terra – Roma 2018

La Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite è stata celebrata anche nel 2018 con una grande partecipazione che ha portato a Villa Borghese oltre 150.000 persone. Questa 48ª edizione ha visto un Earth Day ricchissimo di iniziative ed venti. Cinque giornate (dal 20 al 25 aprile) dedicate alla tutela del Pianeta con un focus sui 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite con altrettante piazze multimediali dedicate agli obiettivi che hanno ospitato talk, laboratori e mostre.

Le attività per i giovani erano inquadrate dal Villaggio per lo Sport, dal Villaggio per Bambini e dal Villaggio per ragazzi.

Il Villaggio per lo Sport ha offerto tantissimi giochi gratuiti e assistiti, ma anche dimostrazioni e tornei. Il Villaggio per Bambini ha ospitato molte attività didattiche che hanno divertito i piccoli, dal grande Parco della Biodiversità dei Forestali, alla Pompieropoli dei Vigili del Fuoco, dagli esperimenti su vulcani e terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica, al Planetario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Il Villaggio dei Ragazzi, dedicato ai più grandicelli e alla scuola è stato protagonista del Festival dell’Educazione alla Sostenibilità e degli Stati Generali dell’Ambiente dei Giovani. A completare i programma per gli adolescenti tanti workshop, iniziative e la staffetta planetaria per la pace #RUN4UNITY.

Durante tutte e cinque i giorni i bambini si sono potuti cimentare con l’Orienteering, il canottaggio simulato, pallavolo, cavalcata sui pony, scherma, ping pong, e-bike, pallamano, tennis, calcio, tiro a segno con la fionda, tiro con l’arco e una alta parete da arrampicata.

Giornata della Terra 2019, proteggiamo la nostre specie

Protect our species – Proteggi le nostre specie”. Questo il tema della Giornata della Terra 2019. Oggi gli scienziati parlano senza troppe remore di una sesta estinzione di massa, di un “annichilimento biologico” della fauna selvatica. E a differenza delle precedenti cinque estinzioni di massa, causate da catastrofi e disastri naturali, questo sarebbe il primo evento provocato dall’uomo. La distruzione e lo sfruttamento degli habitat unitamente agli effetti del cambiamento climatico stanno, infatti, guidando la perdita di metà della popolazione mondiale di animali selvatici.

Tutti gli esseri viventi hanno un valore intrinseco e ognuno gioca un ruolo unico nella complessa rete della vita – scrive Eart Day Network – Dobbiamo lavorare insieme per proteggere le specie minacciate e in via di estinzione: api,  barriere coralline, elefanti, giraffe, insetti, balene e altro ancora. La buona notizia è che il tasso di scomparsa può ancora essere rallentato e molte delle nostre specie in declino possono recuperare ma solo a patto di lavorare assieme per costruire un movimento globale di consumatori, elettori, educatori, leader religiosi e scienziati che pretendano un’azione immediata”.

L’appuntamento 2020 con la Giornata Mondiale della Terra diventa una maratona online

Nel 2020 la manifestazione ha celebrato il suo 50esimo anniversario in corrispondenza delle prime chiusure nazionali per arginare la pandemia di COVID-19. Ma la crisi del coronavirus non ha intaccato lo spirito della manifestazione che, in risposta ai lockdown e alle cancellazioni degli eventi in pubblico, si è trasformata in una gigantesca maratona virtuale. Una staffetta digitale che, per 24 ore, ha attraversato il globo raccogliendo azioni grandi e piccole, testimonianze e impegni a favore del Pianeta. “Il coronavirus può costringerci a mantenere le distanze, non ci costringerà a mantenere bassa la voce”, hanno spiegato gli organizzatori dell’Earth Day 2020. “L’unica cosa che cambierà il mondo è chiedere tutti assieme un nuovo modo di procedere. Potremmo essere separati, ma grazie al potere dei media digitali, siamo anche più connessi di prima”. Tema dell’edizione, l’azione per il clima. La pandemia virale ha sottolineato ancora una volta l’importanza di continuare a impegnarsi per contrastare i cambiamenti climatici. D’altra parte il riscaldamento globale è stato segnalato tra le concause della diffusione del Sars-Cov2, assieme all’intenso sfruttamento ambientale e alla distruzione della biodiversità e degli habitat naturali. Gli scienziati hanno avvertito che abbiamo poco più di un decennio per dimezzare le emissioni ed evitare gli impatti più devastanti su fornitura alimentare, sicurezza nazionale, salute globale, condizioni meteo e altro ancora. Tra le azioni da mettere in campo, la Giornata ha promosso la partecipazione all’Earth Challenge 2020, progetto dedicato alla creazione della più grande comunità di Citizen Science (Scienza dei cittadini). Grazie ad un app, disponibile in 11 lingue, è possibile divenire delle sentinelle ambientali, raccogliendo dati che saranno integrati in un’unica piattaforma su qualità dell’aria, l’inquinamento da plastica, qualità idrica, sicurezza alimentare e impatto sul clima locale.

Nel 2021 la maratona per la Giornata Mondiale della Terra era online con una lunga diretta multimediale.

Nel 2021 la Giornata Mondiale della Terra (Earth Day) è stata una maratona multimediale con 13 ore di diretta televisiva. La diretta televisiva è iniziata alle 7:30 del 22 aprile per proseguire fino alle 20:30: dagli studi televisivi di Via Asiago RaiPlay si è collegata con tanti programmi RAI durante tutta la giornata.

In diretta e on demand anche sulla piattaforma www.onepeopleoneplanet.it , numerosi sono stati i contributi, dalla galassia di partner, associazioni, istituzioni, testimonial, esponenti del mondo della scienza, della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport.

Nel 2022 la Giornata mondiale della Terra sarà una maratona caratterizzata dal Concerto per la Terra di Earth Day Italia, con la direzione artistica del Maestro Giovanni Allevi 

villaggio per la terraAllevi, compositore di fama internazionale, è stato nominato Ambassador dello Earth Day European Network durante la COP26 di Glasgow. Il concerto sarà uno spettacolo che il Maestro vuole dedicare alle nuove generazioni in vista della prossima Conferenza sul Clima dell’ONU. L’evento vuole mettere in collegamento tanti artisti provenienti da tante parti del mondo: un’unione artistica in grado di superare ogni confine e diversità, la “Voce della Terra”.

Come ogni anno Rinnovabili.it sarà media partner e trasmetterà parte della diretta sul sito e sui canali social. Segui la diretta visitando il sito OnePeopleOnePlanet

Segui gli hashtag ufficiali #OnePeopleOnePlanet #EarthDay2022 #OPOP22 #IoCiTengo

Earth Day Italia 2023: una staffetta di voci per il Pianeta

In occasione della Giornata Mondiale della Terra 2023, torna con la sua quarta edizione la Maratona Multimediale #OnePeopleOnePlanet (#OPOP) di Earth Day Italia. Una staffetta live che dalla Nuvola di Fuksas porterà in diretta su Rai Play dalle 8 di mattina talk show, collegamenti internazionali, testimonianze artistiche, scientifiche e istituzionali. Per culminare alle 21.00 nell’atteso Concerto per La Terra, con grandi cantanti del calibro di Leo Gassmann, Ermal Meta e Tommaso Paradiso.

Ma prima di arrivare alla maratona del 22 aprile, il Galoppatoio di Villa Borghese aprirà le porte il Villaggio per la Terra: 17 piazze multimediali guidate da giovani universitari di diversi atenei che dal 21 al 25 aprile approfondiranno 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Nel palco principale allestito sulla Terrazza del Pincio, invece, si daranno il cambio quotidianamente Talk Show e performance di street artist di fama internazionale che realizzeranno delle opere sul tema ambientale.

 “Le celebrazioni italiane della Giornata della Terra  – spiega Pierluigi Sassi, Presidente di Earth Day Italia – hanno caratteristiche uniche perché nascono da una storia unica. Storia d’incontro e di dialogo con centinaia di organizzazioni, che negli anni, insieme al Movimento dei Focolari, abbiamo imparato ad accogliere e valorizzare. Crediamo che il nostro vero lavoro sia proprio questo: creare ponti tra persone, tra organizzazioni, tra Paesi, che hanno davvero tanto da dire e da dare ma che a volte solo nel nostro evento trovano l’occasione giusta per iniziare a lavorare insieme”.

Giornata Mondiale della Terra 2024, Pianeta vs Plastica

“Pianeta contro Plastica”, questo il tema che contraddistingue la 54ma edizione della manifestazione. La Giornata Mondiale della Terra 2024 non poteva che affrontare uno dei problemi più sentiti a livello globale quando si parla di tutela amabientale. Riflettori puntati dunque sull’inquinamento dei rifiuti plastici, con l’obiettivo di sollecitare un’azione che riduca l’usa e getta, metta al bando il fast-fashion e investa in tecnologie e materiali alternativi ai polimeri di origine fossile. Chiedendo un riduzione del 60% della produzione di plastica entro il 2024.

In Italia il conto alla rovescia verso l’Earth Day 2024 sarà scandito quest’anno da due eventi:

  • il Villaggio per la Terra a Villa Borghese e sulla suggestiva Terrazza del Pincioa Roma: 600 eventi gratuiti e aperti a tutti, tra laboratori ludici e didattici, lezioni, incontri e dibattiti sui temi della sostenibilità ambientale, sociale e dell’innovazione, presentazioni di libri, proiezioni, giochi, dimostrazioni e pratiche sportive, spettacoli, esibizioni musicali e artistiche, e altri eventi culturali.
  • il Festival dell’Innovability presso la Casa del Cinema a Roma, pensato per celebrare anche la Giornata mondiale della Creatività e dell’Innovazione che le Nazioni Unite.

Entrambi si apriranno il 18 aprile per proseguire fino a domenica 21 per culminare il 22 aprile nella ormai consueta #OnePeopleOnePlanet, la maratona multimediale di 16 ore, dall’auditorium della Nuvola di Fuksas.

Giornata mondiale della terra 2021

Giornata mondiale della terra 2020

Giornata mondiale della terra 2019

Visita il sito di Earth Day Italia

Visita il sito del Villaggio per la Terra 2018

Visita la pagina dedicata al Villaggio per la Terra 2017

Visita la pagina dedicata alla Marcia per la Scienza 2017

Visita il sito di Earth Day Network

Leggi il nostro articolo sul Earth Day 2017

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.