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Barcellona, “mission impossible” prima di Copenhagen

E' la fase finale dei colloqui prima della conferenza nella capitale danese il prossimo mese. Nella città spagnola i rappresentanti provenienti da quasi 180 paesi sperano di definire le caratteristiche di un piano per fornire decine di miliardi di dollari l'anno per combattere il cambiamento climatico.

Cinque giorni da oggi: una “mission impossible”, quella di concordare le condizioni per un accordo comune e condiviso sulla lotta al riscaldamento climatico dal 2012 in poi.
Parliamo di missione impossibile, perché l’atmosfera di sfiducia in merito ad un accordo sta contagiando un po’ tutti , dalle parole del delegato Usa al clima Todd, addirittura alle dichiarazione di qualche giorno fa’ di Yvo dei Boers. Infatti nonostante le numerose riunioni, summit e conferenze, i passi verso una piattaforma concordata e condivisa sono stati assai pochi e comunque del tutto insufficienti. A tal punto da far ritenere da più parti che oramai Copenhagen possa essere solo una tappa, dove si potrebbe prendere qualche misura tampone e proseguire un dialogo che potrebbe vedere una sua conclusione a metà o addirittura alla fine del 2010.
Sono ben 192 le nazioni che dovrebbero trovare un accordo alla Conferenza di Copenaghen dal 7-18 dicembre, ma quello che è stato definito uno dei trattati più complessi nella storia difficilmente potrà concludersi con una soluzione dopo ben due anni di negoziati.
Ma l’anno prossimo cosa cambierà?
Questo sembrano chiedersi gli ambientalisti: “E’ fondamentale che continuiamo a coltivare grandi ambizioni – ha detto Kim Carstensen, lo stratega globale sul clima per il World Wildlife Fund, preoccupato del fatto che il pessimismo sta diventando contagioso portando al fallimento di Copenaghen.
D’altronde sono ancora troppo profonde divisioni tra i paesi industriali e quelli via di rapido sviluppo sugli impegni per ridurre le emissioni di gas serra.
Anche Angela Merkel, cancelliere tedesco, ha dichiarato venerdì a margine di un europeo Vertice a Bruxelles: “E’ realistico affermare che a Copenaghen non saremo in grado di concludere un trattato, ma è importante stabilire un quadro politico che sarà la base del Trattato”.

h4{color:#D3612B;}. Barcellona, il summit delle speranze

Ma la convention che si apre oggi, visto il pessimismo che serpeggia ormai un po’ tra tutti, ha qualche speranza di riuscire?
Ad esempio, delle 180 pagine del documento preliminare da discutere a Barcellona, 30 sono dedicate ad uno spinoso problema su cui c’è molto disaccordo: le modalità e la quantità del finanziamento ai paesi poveri per attrezzarli ad adattarsi ai cambiamenti climatici e ad indirizzarsi verso uno sviluppo eco-compatibile. Anche se l’Unione Europea su questo tema ha iniziato ipotizzando per i prossimi tre anni, 100 milioni l’anno, entro il 2020, gli altri attori mondiali, ma addirittura i suoi stessi Paesi membri, non hanno ancora dato il loro assenso
Intanto gli ambientalisti hanno criticato il documento della Comunità europea in quanto troppo vago e con finanziamenti inadeguati; in effetti l’atto programmatico evita di stabilire quanto l’Europa debba contribuire al fondo del clima e che ha invitato tutti i paesi, tranne i più poveri, a contribuire dichiarando che avrebbe pagato la sua “quota equa” se gli altri avessero fatto altrettanto.
Così, utile o no, l’ultimo round di negoziati Onu sul clima oggi a Barcellona apre il summit con divisioni forse insanabili tra i paesi partecipanti. La sessione di questa settimana sarebbe l’ultima possibilità per i negoziatori per concordare un testo prima del vertice di Copenaghen di dicembre.
I funzionari delle Nazioni Unite, ormai tanto consapevolmente realistici da non credere alla possibilità di mettere d’accordo tutti su di un nuovo trattato giuridicamente vincolante, sperano ancora di concordare gli elementi principali di un trattato che l’anno prossimo possa soppiantare il protocollo di Kyoto.
I principali settori in cui le divisioni restano importanti includono:

* Gli standard cui i paesi sviluppati devono adeguarsi per ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra entro date e con tabelle di marcia prestabilite.

* Quanti soldi le nazioni più ricche dovrebbero stanziare per aiutare quelle più povere a ridurre le proprie emissioni e adattarsi agli impatti del clima.

* In che misura e in quanto tempo i paesi in via di sviluppo (Cina, India, Brasile, etc…) saranno in grado di limitare l’aumento delle loro emissioni di gas a effetto serra

h4{color:#D3612B;}. Ban Ki Moon e il fallimento del’Onu

Siamo al fallimento delle trattative che si protraggono ormai da due anni, dai G20 alle riunione dell’Unfccc, a partire da quella di Parigi dell’Oced a settembre (Clima ed Economia), l’incontro Onu a settembre a New York dei capi di stato e di governo (contro il Climat Change), al G20 di Pittsburg-Usa (dove si è discusso anche del problema Clima-Energia), la conferenza Unfccc di Bangkok a novembre, per citare solo quelle ufficiali e di maggior peso specifico come partecipazione. Molte altre sono state le occasioni di incontro nel frattempo, ma senza risultati. E tuta questa situazione ci mostra un Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ormai sfiduciato e deluso dalle aspettative, al punto tale di aver, nella settimana scorsa, ammesso che l’unico accordo possibile a Copenhagen potrà essere preliminare e giuridicamente non vincolante. Secondo Ban ki Moon se ci si potesse mettere d’accordo su alcuni elementi politici, potrebbe essere il segno almeno di un’inversione di tendenza sul cambiamento climatico. Anche se c’è per chi, come i danesi e gli inglesi, una qualsiasi risoluzione dovrebbe contenere i numeri sugli obiettivi della mitigazione e adattamento dei fondi, e i cui ministri hanno avvertito che non firmeranno un accordo che dovesse essere troppo riduttivo.
“Penso che non dovremmo sottoscrivere un accordo – Ed Miliband, segretario al Clima del governo britannico, ha detto la scorsa settimana – che si dovesse rivelare insufficiente”.

h4{color:#D3612B;}. Barcellona: alcune posizioni

“La Cina ha recentemente deliberato più veloce rispetto ai paesi occidentali e ha dimostrato maggiore disponibilità di loro per il trasferimento delle tecnologie verdi ad altri paesi in via di sviluppo – ha detto Lot S. Felizco, membro della delegazione delle Filippine per il cambiamento climatico, al “China Daily” – Possiamo vedere l’impegno della Cina e le azioni sul trasferimento di tecnologie ai paesi in via di sviluppo, ma non abbiamo visto l’azione da grandi economie industrializzate – poi rivolto alle nazioni industrializzate – Se loro non riescono a mantenere le loro promesse, significa che non prendono sul serio trattati delle Nazioni Unite. Essi perderanno la fiducia tra i paesi in via di sviluppo, il che è pericoloso”.

La Danimarca, con il suo primo ministro Rasmussen Lars Loekke, ha dichiarato alla BBC: “Senza la presenza dei capi di Stato e dei governi non possiamo chiudere un accordo che possa entrare in vigore immediatamente e possono essere attuate immediatamente … E’ una chiamata in causa al presidente Obama. Ma non solo a lui. Non si tratta solo di una questione circa la posizione americana. Sento forte la volontà di molti leader, e ho parlato con molti di essi nelle ultime due settimane, che ciò che dobbiamo fare ora è di portare i colloqui bilaterali in un unica sala riunioni”.

Intanto montano le proteste degli ambientalisti. Il via più eclatante lo hanno dato come al solito quelli di Greenpeace, appendendo uno striscione di 600 metri quadrati sulla Sagrada Familia, con un messaggio in inglese che sollecita i leader mondiali a decidere di salvare il clima, ricordando loro che c’è comunque ancora tempo, contrariamente a quanto sia la convinzione generale.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.