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BEAR Architecten e KOW-X, sperimentazioni progettuali sostenibili

Riprendendo il discorso già avviato nell’articolo dello scorso 26 novembre “L’eccellenza dell’housing olandese” torniamo a parlare delle della sostenibilità ambientale applicata all’housing attraverso le sperimentazioni progettuali condotte dal gruppo olandese dei BEAR Architecten.
Dal 2008 il gruppo BEAR (Bureau for Ecology, Architecture and Renovation) diventa parte integrante dei KOW Architecture, costituendone l’unità operativa denominata KOW-X, specificatamente dedicata all’area dell’architettura sostenibile e coordinata da Tjerk Reijenga, già fondatore dei BEAR.
Questo passaggio strategico e organizzativo risulta importante, in quanto permette di evidenziare il percorso evolutivo che si sta ormai compiendo, a livello internazionale, anche nel campo della progettazione sostenibile dell’architettura diffusa, riconducendone, di fatto, gli approcci metodologici e procedurali nell’ambito di una visione integrata del costruire e in un’ottica transdisciplinare dei processi di modificazione dell’habitat umano.
Il nucleo KOW-X/BEAR, per quanto riguarda lo specifico settore dell’housing sostenibile, pone quindi l’attenzione sugli effetti indotti dalle innovazioni tecniche nella quotidianità dell’abitare e sulla con-sapevolezza tecnologica che tali innovazioni comportano nella costruzione dello spazio abitativo. In altre parole, KOW-X/BEAR propongono una riflessione sulle relazioni di processo esistenti tra lo spazio, le energie del sito e le configurazioni architettoniche possibili, nella ricerca di una mediazione tra la cultura tradizionale del costruire e la nuova concezione sostenibile dell’abitare che la sensibilità contemporanea ci impone.
L’esito del progetto risulta quindi da un percorso complesso in cui si recupera il senso dell’architettare le trasformazioni dell’habitat, in una logica svincolata dal ruolo rigorosamente demiurgico del progettista, così da indirizzare i processi tradizionali del costruire verso una dimensione tettonica nuova e ambientalmente responsabile.
Come tende a precisare Tjerk Reijenga, l’iter formativo e sperimentale del progetto è incentrato sempre di più sul principio di progettazione ambientalmente ed energeticamente consapevole, partendo dalla visione del sistema costruttivo come interfaccia complessa di connessione con le risorse disponibili nel contesto.
Nel lavoro dei KOW-X/BEAR il processo costruttivo passa così attraverso una continua interpretazione e re-interpretazione di ciò che può delinearsi come luogo di interfaccia tra forze e componenti che agi-scono nel sito di intervento. Nelle loro proposte, lo spazio di interfaccia, si configura mediante lo studio dei flussi energetico-ambientali per configurare involucri edilizi o urbani come membrane osmotiche che tendono a relazionare le spazialità abitative interne con le dinamiche esterne del sito.

È quello che avviene in due loro recenti proposte, sviluppate in occasione di alcuni concorsi progettuali, sicuramente esemplificative di questo approccio multidisciplinare: la new town ecologica MOMA, nello Changsha, in Cina e l’insediamento residenziale di Tynaarlo a Groningen in Olanda.
In una fase come quella odierna, caratterizzata dall’incessante incalzare di proposte che tendono a ipotizzare scenari abitativi futuribili sempre più incentrati sull’innovazione tecnologica estrema, i KOW-X/BEAR ritengono che il vero problema progettuale sia da rintracciarsi in una progressiva operazione di mediazione e di ricollegamento tra la cultura locale del costruire e le spinte tecnologiche esogene. Sembra paradossale ma questa esigenza di mediazione tra le forze in gioco può apparire anche in una realtà come quella cinese, rappresentativa di una singolare alleanza tra la natura e il fare umano tradizionale.
Le proposte di costruzione di una new town nello Changsha, esplorano la possibilità di ripensare anche gli insediamenti urbani ad alta densità su presupposti ambientali. Flussi di verde, acqua, aria, irraggiamento solare, rifiuti, si intrecciano secondo nuove forme di contaminazione tra artefatti e natura, delineando un vero e proprio nuovo paesaggio insediativo, dove le scelte costruttive e formali sono dettate dalla logica dell’interazione continua tra i processi antropici e biologici.
Nel progetto per Tynaarlo che è suddiviso in tre fasce funzionali (rispettivamente distretti del giardino, del bosco e dell’acqua), la qualità complessiva dell’insediamento a bassa densità è data dalle relazioni dirette tra elementi naturali e costruttivi: il linguaggio finale è il risultato di un continuum inscindibile tra natura e architettura che, nel rapporto tra materiali e percezione degli spazi, restituisce anche alcuni aspetti dell’abitare tipicamente orientali.

All’interno di un iter che non esula dai tradizionali canoni del costruire, la progettualità dei KOW-X/BEAR è quindi fondamentalmente protesa a contribuire alla formazione di una nuova cultura dell’architettura diffusa. In questo loro percorso, il tema dell’innovazione tecnologica e, in particolare, il più generale fenomeno di innovazione tecnico-culturale sulle esigenze reali dell’abitare, diventano i problemi centrale del processo costruttivo.
Nella dimensione costruttiva del progetto, memori della tradizione moderna olandese ma attenti anche al più recente sperimentalismo tecnologico, manifestatosi soprattutto nell’housing dei Paesi Bassi, i KOW-X/BEAR, ad esempio, hanno orientato i progetti residenziali “De Groene Kreek” a Zoetermeer e “Oranjerie” a Leiden, entrambi in Olanda, procedendo verso una ricostruzione sistematica dei legami elementari con la cultura abitativa della quotidianità, e perseguendo modelli di progressiva integrazione del nuovo nella pratica del costruire.
I sistemi di involucro, pensati per abbattere i costi di esercizio e i consumi energetici, fino ad arrivare allo stato di Zero Energy house, delineano un’immagine che si pone a metà tra edifici urbani e rurali. Le stesse modalità di utilizzo dello spazio residenziale si pongono a definire un nuovo modello abitativo, intermedio, nei suoi ritmi e nelle sue regole, tra città e campagna.

Si tratta quindi di un impiego soft della tecnologia che non tende a infrangere il legame con la storia ma, attraverso uno sperimentalismo leggero, indaga ciò che le innovazioni tecnologiche possono aggiungere all’habitat tradizionale e ciò che dell’abitare contemporaneo rivela una impellente necessità di innovazione tecnologica. L’enfasi posta sul tema dell’involucro nel progetto di Eco-housing Roomburg a Leiden (NL) restituisce, per esempio, un’ottica di lavoro che tende a rintracciare nello “strato epidermico” delle costruzioni il luogo dove delineare configurazioni del cambiamento ragionevoli per il progetto. Superfici dove, predisponendo elementi di supporto e indicando specie vegetali e floreali appropriate, il progetto pensa non solo le prestazioni termo-acustiche degli involucri perimetrali, ma lascia agli utenti un margine di intervento e di personalizzazione che finiranno con il caratterizzare e differenziare l’aspetto stesso degli edifici.
Ed è proprio su questa ragionevolezza delle scelte di progetto che la filosofia dei KOW-X/BEAR assume una centralità fondamentale nel costruire, costituendosi come “spazio di ricerca” per forme di bilanciamento tra energie e risorse disponibili per la trasformazione dell’habitat.
È questo, forse, il tema centrale delle esperienze condotte fino a oggi dal gruppo olandese: una ricerca continua per comprendere e indirizzare l’innovazione tecnologica, delineando scenari che tendono non a rivoluzionare le pratiche dell’abitare diffuso, ma a tracciare alternative flessibili per le emergenze ambientali, climatiche ed energetiche attuali e future.

di Filippo Angelucci – Università degli Studi G. d’Annunzio Chieti-Pescara

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.