Rinnovabili • Rinnovabili - Inform - Act - Share Background

Dal 28/09/07 al 04/10/07

h4. PC e mp3 a metanolo

_La Toshiba Corporation annuncia il lancio, entro il 2008, di alcuni dispositivi d’avanguardia tecnologica a base di celle a combustibile al metanolo incorporate_

05/09/07 – Giappone – Pile a combustibile per la tecnologia portatile? Perchè no, devono aver pensato gli ingegneri della Toshiba, che hanno da poco presentato personal computer, palmari e lettori mp3 high tech proprio basati su dispositivi del genere. La Toshiba ha annunciato che i nuovi dispositivi infatti, ancora come prototipi nella maggior parte dei casi, saranno ideati e progettati per funzionare con pile a metanolo (DMFC) al 100%, ricaricabile sulla parte laterale o posteriore, perfettamente integrate nel design dell’oggetto in questione. Gli ingegneri della nota azienda hanno stimato che l’autonomia dei dispositivi così alimentati sarà di dieci ore, e che i “fumi” prodotti dal carburante durante il suo funzionamento evaporeranno naturalmente dopo essere stati filtrati da un componente interno al pacchetto tecnologico. La Toshiba prevede il loro lancio nel mercato mondiale a partire dal 2008. Non ci resta altro che sperare che questa tecnologia, apparentemente così semplice e non inquinante, si possa applicare anche a dispositivi di dimensioni maggiori, per esempio i veicoli che affollano le nostre strade.(Fonte Engadget)

h4. ONIL, la stufa ad alto rendimento

_Anche i diretti discendenti dei Maya sono oggi sensibilizzati alla salvaguardia dell’ambiente: dalla tradizione alle nuove stufe super-efficienti per diminuire inquinamento e deforestazione_

03/09/07 – Mexico City – In aperta contraddizione con le proprie tradizioni, derivate dagli antichissimi popoli dei Maya del Messico, una società statunitense di aiuti internazionali ha introdotto, attraverso un completo programma di recupero, stufe efficienti denominate ONIL, per eliminare in primis il grave problema dell’intossicazione da fumo dovuto alle cattive modalità di cucinare tipiche di questi popoli indigeni. Le stufe ONIL convertono in energia non solo il legno utilizzato come combustibile, ma anche i prodotti della combustione stessa, come il vapore dell’olio utilizzato come comburente alternativo, ed il fumo di scarto emesso. Una bella conquista per una drastica diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra e per la riduzione dell’inquinamento da fonte “domestica”. Le emissioni di fumi si riducono infatti del 99%, mentre il consumo di combustibile scende del 60-70%. La camera di combustione della stufa ONIL, il cui prezzo commerciale oscilla tra gli 83 ed i 125 dollari, è altamente isolata, per questo la sua efficienza di combustione aumenta di molto rispetto alle stufe tradizionali (parallelamente alla temperatura di esercizio, che viene mantenuta altissima e costante) e permette la riduzione dei consumi di legna, contribuendo a minimizzare l’effetto anche sulla dilagante deforestazione che ha colpito molte aree dei Paesi in via di sviluppo. Gli aiuti internazionali a sostegno di questa iniziativa, che coinvolge Messico e Guatemala, si concretizzano nella distribuzione di ben 41.000 stufe come prima azione, che in un secondo momento arriveranno ad oltre un milione di pezzi. L’iniziativa è sostenuta inoltre da aziende a marchio diffuso a livello mondiale, come Shell e McDonald, il cui impegno si spera non si riduca ad una mera campagna pubblicitaria per migliorare l’immagine di compagnie i cui valori per la salvaguardia dell’ambiente restano ancora dubbi. (Fonte Helpsintl, Onilstove)

h4. Kelp: l’alga anti-CO2

_Direttamente dalla tradizione orientale arriva l’alga kombu, che tra i suoi effetti benefici estrae dall’aria l’anidride carbonica, come fosse una pianta anti-fumo_

03/09/07 – U.S.A. – In Oriente, soprattutto in Giappone, dove la dieta è basata in prevalenza su vegetali di ogni tipo, è molto diffusa una specie di alga che si trova soprattutto nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Atlantico. Viene chiamata Kombu (Fonte Wikipedia), ed è molto apprezzata per insaporire i cibi oppure consumata come una semplice verdura, ed è molto frequente ritrovarla nella dieta vegana. Questo elemento essenziale della cucina orientale è da poco oggetto di affascinanti ricerche da parte del Professor Andrea Ottesen, botanico ed ecologo molecolare all’Università del Maryland, College Park, che grazie ai suoi studi ha scoperto, e per questo ha vinto il primo premio alla quinta gara annuale di Science and Engineering Visualization, questo particolare abitante del “sottobosco oceanico”, nei suoi molteplici impieghi, elimina del tutto la concentrazione di CO2 dall’aria che respiriamo. La previsione per il futuro è che questa pianta marina non venga impiegata solamente per usi comuni e domestici come finora abbiamo visto (in shampoo o in prodotti agricoli), ma a scopi energetici e per la salvaguardia della salute del Pianeta. Iniziative di ricerca scientifica del tipo organizzato dall’università del Maryland sono fondamentali per scoprire fino a che punto la natura può contribuire ad aiutare la scienza per il bene comune. (Fonte Science&Technology, Treehugger)

h4. Concept car ibrida elettro-solare

_La nuova frontiera del fotovoltaico per i veicoli privati è rappresentata dalla nuova Astrolab elettro-solare: emissioni zero, consumi zero, energia solare al 100%_

29/09/07 – Los Angeles – Nel campo dell’avanguardia tecnologica, asservita alla mobilità sostenibile del futuro, eccelle senza dubbio il nuovo veicolo Astrolab, prototipo presentato al WIRED NextFest – Experience the Future – di Los Angeles. Questo curioso veicolo sfida le potenziaità delle celle fotovoltaiche, che qui ricoprono la carrozzeria per ben 3,6 mq ed hanno una particolare conformazione a piramide, per aumentare le prestazioni della captazione della radiazione solare. Il risultato è un rendimento tra i più alti mai raggiunti, grazie anche alla possibilità di immagazzinare l’energia in batterie di cui il veicolo è equipaggiato, per un funzionamento continuo anche di notte. Questo piccolo veicolo ibrido elettro-solare ha però autonomia limitata, ma si rende efficace soprattutto per brevi spostamenti, durante i quali può raggiungere la velocità di 120 km orari. Astrolab è già commercializzato, e sebbene il suo costo di produzione e di diffusione nel mercato non sia affatto limitato, i suoi ridotti consumi e l’abbattimento totale di emissioni fanno di questo veicolo metropolitano un gioiello tecnologico d’avanguardia ambientalmente sostenibile. (Fonte TorinoScienza, Venturi.fr)

h4. Guscio d’uovo cattura CO2

_D’ora in poi una dieta a base di uova potrebbe significare l’abbassamento del costo di produzione dell’idrogeno, e aria più pulita!_

28/09/07 – Los Angeles – Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Ohio, coordinato e supportato in fase tecnica da L.S. Fan, Professore di Ingegneria Chimica e Biomolecolare, è riuscito a mettere a punto un sistema per catturare l’anidride carbonica, attraverso una reazione che produce idrogeno, utilizzando i gusci delle uova. Il guscio dell’uovo infatti è composto da carbonato di calcio, che può essere trasformato in ossido di calcio con una semplice reazione termica, ossido che sarebbe in grado di assorbire i gas come la CO2. La reazione studiata a lungo ed applicata dagli scienziati provoca la rimozione di una specie di “collagene” del quale è costituita la parte interna del guscio dell’uovo, la quale è una proteina molto ricercata e applicata a livello industriale per trattare i cibi e i medicinali. Grazie al metodo applicato dal Professor Fan, che approfondisce e affina tecniche già applicate, il carbonato di calcio termicamente trasformato sarebbe in grado di “fissare” il 78% di anidride carbonica in più rispetto ai metodi precedenti. Ma la vera notizia è che questo processo può portare la produzione di idrogeno puro ad essere eseguita a costi commerciali, supportata dallo smaltimento di materiale organico finalizzato al riciclo, ottenendo nel contempo il sequestro del gas ad effetto serra più diffuso.(Fonte Treehugger)

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.