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Edilizia in legno: le nuove prospettive nel convegno di Rinnovabili.it

Si è tenuto nell’ambito di Zeroemission Rome 2010, il convegno promosso da Rinnovabili.it e dedicato a fare il punto sugli “Edifici in legno per il clima mediterraneo”. Al centro del dibattito le buone pratiche e le testimonianze delle aziende virtuose in un mercato che, anche nel nostro Paese, cresce a un buon ritmo e riesce ad offrire ottimi standard qualitativi

Si è tenuto nella cornice di Zeroemission Rome 2010, il convegno *_“Edifici in legno per il clima mediterraneo”_* organizzato da Rinnovabili.it per affrontare dal punto di vista della ricerca, del mondo progettuale e del comparto industriale le potenzialità energetiche e tecnologiche di questo materiale applicato alle nostre latitudini. Un tema importante per il nostro quotidiano, quello delle costruzioni in legno, che negli ultimi anni sta dimostrato uno sviluppo crescente in Italia a cominciare dalle zone più settentrionali, apripista in tal senso di una nuova scelta progettuale. Nonostante il trend di crescita, la realtà vuole che questo tipo di edilizia sia ancora un prodotto di nicchia, come ha sottolineato – nel suo discorso di apertura – il chairman dell’evento, l’architetto *Gaetano Fasano* del Dipartimento Efficienza Energetica Edifici Pubblici Enea e voce del Comitato scientifico di Rinnovabili.it. In un paese dove le lobby del cemento, del laterizio e dell’acciaio dominano ancora il parco del costruito e del “costruendo”, ha riflettuto critico Fasano, gli edifici in legno occupano una piccola fetta del mercato pari al circa il 5% del totale. Eppure il settore è tecnologicamente pronto e ha creato ormai da tempo uno scenario in cui la casa in legno ha acquisito un nuovo valore. La possibilità di avere kit di edifici prefabbricati e modulari, con avanzate tecnologie energetiche integrate, già oggi sta costituendo il traino per un’ulteriore diffusione nel nostro sistema-paese e diventa punto di forza dell’architettura sostenibile. Non solo piccole villette monofamiliari come l’immaginario comune potrebbe pensare. In paesi come Giappone o Inghilterra oggi si costruisce anche su 7-8 piani, in maniera sicura e rispondente alle più severe norme in termini di risparmio energetico.
Materiale naturale ed ecocompatibile per eccellenza, il legno possiede caratteristiche intrinseche tali da renderlo una scelta vantaggiosa per il territorio italiano, a seconda delle sue declinazioni dai climi più rigidi del nord Italia a quelli più caldi del Mezzogiorno. Lo conferma l’esperienza di *Andrea Trentin,* responsabile vendite della Wolf Haus, società che da 40 anni ha scelto di puntare su questo materiale per realizzare moduli abitativi prefabbricati.

La Wolf Haus è stata una di quelle aziende presenti nella fase del dopo terremoto aquilano all’interno del progetto C.A.S.E. – acronimo di _Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili_ attraverso la fornitura di ventuno condomini con struttura portante in legno e contenenti 512 abitazioni. Consegnati e istallati in tempi record, gli edifici sono sismicamente isolati e progettati con i più avanzati criteri di sostenibilità. Il risultato è, infatti, un prodotto in grado di ridurre sino al 90% dei costi di riscaldamento, tale da meritare la classificazione CasaClima A e da rendere L’Aquila la città con il più alto numero di case con tale livello di certificazione. Il fattore isolamento del legno è ciò su cui ha messo l’accento Trentin: con una parete di 28 cm si può contare su un abbattimento termico pari a 0,18 U – lo stesso che si avrebbe con una parete in pietra di oltre 90 cm di spessore – e dati riguardanti l’insonorizzazione di gran lunga più alti rispetto alla norma vigente a livello nazionale. Altro dato importante su cui l’edilizia in legno può contare è quello relativo ad un prolungato sfasamento termico, o come definito da Trentin “il fuso orario della casa”, vale a dire la capacità di una parete a far sentire più tardi, nel tempo, gli effetti termici che si hanno all’esterno.

Fa un discorso più ampio *Herta Peer* per la quale la scelta di fondare quella che è oggi _Casa Salute_ è nata da un’esigenza tutta personale circa venti anni fa: dare alla propria famiglia un luogo sano ed in sintonia con la natura dove vivere. Ed è proprio dalla ricerca di un elemento in grado di coniugare benessere fisico a risparmio energetico e tutela ambientale, che nasce la “casa biologica” della Peer. Una scommessa spiega, la socia fondatrice di Casa Salute, realizzatasi in stretta collaborazione con il centro di ricerca Thoma di Goldegg e di cui oggi sono tangibili i frutti. Alla base vi è un sapiente recupero di elementi tradizionali, come l’impiego del legno massiccio o il ricorso a specifiche fasi di taglio che rispettino lo stato vegetativo adatto e la giusta fase lunare, in cui si integrano le moderne tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili. Una scelta attenta, in particolar modo, alla salute di chi abita la casa, ricaduta sulle fibre di legno non solo perché elemento eco-compatibile e rispondente alle necessità di traspirazione e isolamento, ma perché in grado di proteggere anche dall’inquinamento elettromagnetico, nella linea sviluppata dalla società sui concetti ingegneristici della _Holz100,_.

Ma alla base di una vera architettura sostenibile deve esserci un modello di uso e consumo più consapevole; nel caso dell’architettura in legno ciò si traduce in una maggiore attenzione alla fonte, come ha sottolineato *Davide Canducci* della Canducci Holz Service Srl, Agenzia generale del gruppo austriaco MM Kaufmann. A questo serve la certificazione PEFC, un programma di riconoscimento degli schemi di certificazione forestale nazionali basato sull’implementazione della gestione forestale sostenibile a livello nazionale e regionale e che rende possibile al legname impiegato di assumere la definizione di “materia prima rinnovabile”.
Per Davide Canducci edilizia in legno vuol dire innanzitutto creare un prodotto che sia ancor più “ecologico” del materiale naturale. Nella scelta di quello che viene definito legno ingegnerizzato, ossia lavorato in maniera tale da superare i limiti del legno massiccio, si ritrovano le caratteristiche che fanno di questo settore l’elemento cardine di un nuovo progettare: ecologico perché richiede un minor consumo di energia primaria nella sua lavorazione, performante, resistente al fuoco, dotato di ottimo rapporto resistenza/peso e soprattutto economico perché, spiega Canducci, le strutture hanno un costo del 10-20% in meno rispetto quelle tradizionali.

Come accennato, una delle caratteristiche che rende l’architettura in legno vincente è la resistenza nei confronti del rischio sismico, risultato del perfetto connubio di leggerezza e elasticità. A darne prova è il progetto _SOFIE – Sistema Costruttivo Fiemme_ – condotto dall’Istituto IVALSA del Consiglio Nazionale delle Ricerche, i cui risultati raggiunti finora sono stati riportati – per l’occasione – dal professore *Ario Ceccotti.* Volto a definire le prestazioni e le potenzialità di un sistema per la costruzione di edifici a più piani, il progetto trae la sua forza dalla realizzazione di struttura portante di legno trentino, di qualità certificata e caratterizzato da elevate prestazioni meccaniche e basso consumo energetico, ottimi livelli di sicurezza al fuoco e al sisma, comfort acustico e durabilità nel tempo. Nel 2007 il prototipo di palazzo, sviluppato dai ricercatori è stato sottoposto ad una prova particolare a Miki, in Giappone il più importante centro di sperimentazione antisismico del mondo. Il test consisteva nel riprodurre le scosse telluriche (magnitudo 7,2) che nel 1995 avevano sconvolto la nipponica Kobe ,costando la vita a 6 mila persone. E il risultato fu sorprendente: la palazzina alta ben 23 metri, 100 metri2 di pianta, resisté a ben 10 terremoti riprodotti sulla piastra vibrante, 7 dei quali avevano una potenza distruttiva. Un risultato di cui Ceccotti è fiero, non solo perché quello che si raggiunse nel 2007 fu un primato internazionale ma perché è la prova concreta che il legno in edilizia rappresenti una più che valida alternativa ai metodi costruttivi tradizionali, in acciaio o cemento armato.
La casa di legno di Ivalsa non ha deluso neanche durante i test antifuoco. Messa alla prova l’anno successivo con oltre un’ora di incendio la struttura ha lasciato intatte le sue proprietà meccaniche ed inalterata la sua struttura, ribaltando dunque il pregiudizio storico che il legno resista al fuoco meno del cemento.

Non manca l’interesse dei progettisti, come ha assicurato *Massimo Gallione,* Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Noi architetti ci siamo e vogliamo fare la nostra parte”, ha affermato Gallione confermando anche la disponibilità a collaborare in modo propositivo con Governo ed Enti locali per intervenire su quelli che sono i criticismi del settore edilizio nazionale e l’inadeguatezza architettonica, urbanistica e strutturale soprattutto di quella parte del patrimonio edilizio postbellico.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.