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Georgia, il paradiso energetico dal cuore della foresta

Ricerca, innovazione e buone pratiche sono gli ingredienti per una formula di successo: quella che ha saputo realizzare la Georgia nel campo della produzione e della trasformazione della biomassa. Con un mercato che cresce a un ritmo sempre più serrato attraendo investitori da tutto il mondo

(Rinnovabili.it) – Una distesa verde sconfinata e imponente. E’ nascosto in dieci milioni di ettari di foreste l’immenso patrimonio energetico della Georgia. Il cuore di una risorsa pulita che lo Stato americano sfrutta ogni anno in maniera sempre più massiccia e che coinvolge non solo aziende e investitori ma soprattutto moltissimi Istituti di ricerca nazionali. Tutto con un unico obiettivo: fare della biomassa georgiana il motore di sviluppo energetico della nazione, capace di attrarre l’interesse degli investitori di tutto il mondo. Gli ingredienti di una formula che, fino a oggi, ha dimostrato di essere di successo sono molti. Il primo di tutti sembra però essere soprattutto la grande cura e l’attenzione nei confronti della natura che, in questo Stato, regala generosamente ogni anno 425.000 tonnellate di biomassa. Una ricchezza che fa sperare di poter raggiungere in tempi brevi l’ambizioso obiettivo di 3 milioni di tonnellate in 12 mesi.
Un modello virtuoso in cui ogni parte ha un ruolo attivo e determinante per migliorare tecniche di coltivazione, tecnologie di produzione e capacità di resa, con un indotto occupazionale che è riuscito a non trascinare verso il basso i suoi lavoratori nel periodo più nero della crisi finanziaria. Cifre e dati relativi agli investimenti nella produzione, trasformazione e commercializzazione della biomassa proveniente dalle foreste non lasciano, infatti, alcun dubbio sulla capacità di crescita di tutto il settore. Se attualmente esistono progetti per una capacità, solo grazie alla biomassa, di circa 700 MW in tutto il Paese, impressionante sembra essere soprattutto la proiezione degli investimenti futuri per tutti i progetti bioenergetici. Il totale degli investimenti a livello nazionale dovrebbe passare dagli attuali due miliardi di dollari a circa cinque miliardi nei prossimi anni.

*Il Miscanthus gigante e le alleanze aziendali* Le grandi distese di alberi sono un patrimonio naturale ed energetico nazionale importantissimo per tutta la Georgia. Per averne un’idea basta considerare questa è la nazione degli Stati Uniti con la percentuale più ampia di foreste. Ma in questi anni è stata particolarmente interessante in questo stato la ricerca applicata alla coltivazione e allo sfruttamento di una particolare piantagione utilizzata per produrre etanolo: il _Miscanthus_ gigante. Una pianta spontanea che si trova con facilità ai bordi delle strade ma che è stata studiata e selezionata con l’ausilio della Mississippi State University per diventare la nuova frontiera nella produzione interna di bioetanolo, ottenuto mediante un processo di fermentazione della biomassa proveniente da questi arbusti. A comprendere le grandi potenzialità di questa specie arborea è stato Phillip Jennings, presidente della _SunBelt Biofuels,_ che ha brevettato una particolare variante di questa pianta il _Freedom Giant Miscanthus,_ che consente di realizzare grandi rese crescendo fino ad un’altezza di oltre quattro metri e mezzo. Il Miscanthus gigante, rispetto alla varietà normale che cresce spontaneamente, offre altri vantaggi notevoli: oltre a non dover essere ripiantato e ad aver bisogno solo raramente di una concimazione, cresce anche su terreni poveri, senza necessità di essere irrigato con regolarità. Una volta arrivato a maturità (circa 3 anni dopo averlo piantato) il Miscanthus gigante arriva a produrre circa 25 tonnellate di biomassa per acro. La particolarità della varietà brevettata da Jennings sta nel fatto che questa pianta non produce semi e può essere riprodotta semplicemente dividendo i rizomi delle sue radici, arrivando a produrre da un unico arbusto fino a mille esemplari.
L’azienda di Jennings, che in precedenza produceva tappeti erbosi per campi da golf molto resistenti e sofisticati, con lo sviluppo di questa nuova coltura, rappresenta un tipico esempio di ricerca tecnologica applicata che ha permesso di allargare i confini di “collaborazione” anche ad altre aziende. SunBelt Biofuels, infatti, è riuscita a stringere un’alleanza molto importante in Georgia con un’altra azienda di trasformazione, la _Range Fuels_ che, a sua volta, utilizza un particolare processo termochimico in due step per trasformare la biomassa in biodiesel. Grazie alla piccola grande rivoluzione brevettata da Jennings la Range Fuels, che trasforma circa 2000 tonnellate di materia prima ogni giorno, è passata dalla coltivazione di 81.000 ettari di foresta a soli 14.000 ettari dedicati al nuovo Miscanthus gigante. In questo modo si supera il problema di divorare lo spazio a disposizione delle colture tradizionali ad uso alimentare ma si dà, comunque, ai contadini la possibilità di guadagnare. Un vantaggio che non si ferma al solo lato economico, dal momento che la variante gigante consente anche di assorbire in misura maggiore le emissioni di anidride carbonica.

*Ricerca, sviluppo e innovazione* Ciò che più stupisce guardando al mercato della biomassa della Georgia, infatti, è la ricerca scientifica e tecnologia dei numerosi laboratori e Istituti di ricerca pubblici e privati della nazione. Centri che operano a tutti i livelli della filiera produttiva: dall’aiuto nella realizzazione di una nuova azienda fino alla ricerca di nuovi materiali e nuovi processi da utilizzare per aumentare la resa delle piante. Tra i più importanti Istituti di ricerca, che gode dei finanziamenti statali, c’è il _Georgia Center of Innovation for Energy_ che può contare su investimenti pari a più di 2 miliardi di dollari in progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il suo compito principale è aiutare a diffondere la cultura, la conoscenza e il know-how per la produzione su scala nazionale di energia da fonti rinnovabili. Un continuo lavoro di ricerca e sviluppo di nuove soluzioni che si allarga a tutti i campi e che comprende anche i biocarburanti, con un aiuto importante, ad esempio, che il Centro riesce a dare alle imprese che vogliono partire con la produzione e la commercializzazione di questi prodotti. All’interno del Georgia Center of Innovation for Energy, infatti, sono compresi diversi rami, ognuno dedicato a un aspetto particolare. Nel campo dell’ _Agribusiness,_ solo per citarne uno, la ricerca applicata lavora ad esempio sulla tipologia di sementi da utilizzare, la qualità più adatta di terreno per la coltivazione, e su particolari sistemi computerizzati da utilizzare nelle coltivazioni.
Per le aziende che vogliono investire in Georgia esiste una vera e propria rete di contatti, incentivi e aiuti messi a disposizione dallo Stato e da tutti i centri di innovazione pubblici e privati. Per semplificare l’avvio di un’azienda che vuole produrre ad esempio cippato, pellet o biodiesel un altro Istituto, il _TCSG – Technical College System of Georgia,_ mette a disposizione “Quick Start”, un programma che consente in tutti i settori delle rinnovabili di istruire il personale che verrà impiegato e istallare una sorta di box fuori dall’azienda per fornire informazioni e risposte a quesiti importanti in fase di start up dell’impresa. Chi vuole investire nel settore della biomassa, in Georgia può avere accesso anche ad un altro Istituto, l’ _Herty Advanced Development Center,_ un centro privato – no profit- per lo sviluppo di materiali tecnologicamente evoluti. Rivolgendosi ai ricercatori di questo Istituto è possibile fare analizzare la propria azienda e studiare con loro le migliori metodologie per impiantare materiali cellulosici ad alta resa, facendo crescere così, in poco tempo, il rendimento delle materie prime in fase di produzione.

*Il business tocca anche il rock* C’è chi ha approfittato al volo delle grandi opportunità offerte da questo Paese, grazie alla notevole disponibilità di materie prime e agli incentivi statali concessi per agevolare lo sviluppo del mercato. Cresce sempre di più l’interesse non solo degli investitori esteri ma anche, in qualche caso, di personaggi del mondo dello spettacolo che a ville e gioielli preferiscono foreste per i loro investimenti. Chuck Leavell ha scelto questa forma di investimento “green” per mettere a frutto i risparmi accumulati durante una carriera trentennale come pianista di gruppi come i Rolling Stones, George Harrison, Eric Clapton, The Allman Brothers Band e molti altri. Complice la passione per la natura e l’amore per la “sua” foresta ha fatto di _Charlane Plantation_ – la proprietà della famiglia della moglie che si estende per 2000 acri – una vera opportunità di business verde. La sua produzione di biomassa viene venduta oggi ad alcune aziende locali che producono pellets e biocarburanti ma Leavell ha avuto soprattutto il merito di diffondere la cultura dell’uso delle fonti rinnovabili anche presso un pubblico “di non addetti ai lavori”. E’ stato lui a fondare un portale dal nome evocativo “Mother Nature Network”:http://www.mnn.com/ che ha avuto un grandissimo successo e che è diventato in poco tempo un vero e proprio “faro” per chi vuole migliorare il mondo e rispettare l’ambiente anche restando comodamente seduto sulla poltrona di casa. (di Marzia Longo)

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.