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Il cemento in canapa e calce

Un promettente materiale per l’edilizia sostenibile? Il cemento ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo di canapa e un legante a base di calce idraulica. Ottimo capacità di isolamento, durevolezza ma anche riciclabilità ed ecocompatibilità

Il cemento di canapa e calce è un materiale biocomposito ottenuto dalla combinazione della parte legnosa dello stelo di canapa, conosciuta anche come canapulo, ed un legante a base di calce idrauilca con l’aggiunta di acqua. La canapa fa da materiale riempitivo leggero, detto anche aggregato, mentre la calce da legante e conservante. Il canapulo è solitamente un sottoprodotto della lavorazione della fibra di canapa ed essendo naturalmente ricco di silice, aiuta l’indurimento della calce; il biocomposito si trasforma così in un materiale rigido e leggero con ottime caratteristiche di isolamento e durevolezza (HLCPA, 2006). Il mix si consolida in poche ore, mentre con il passare del tempo e per via del processo di pietrificazione, acquisisce una consistenza simile alla pietra (Michka, 1994).

Il biocomposito di canapa e calce puó essere impiegato nella costruzione di muratura massiccia alla stregua di un conglomerato cementizio, sia indipendentemente che come riempimento in una struttura di legno a travi e pilastri. Puó inoltre essere utilizzato in forma di mattoni e come intonaco isolante (Woolley, 2006). La miscela viene solitamente gettata all’interno di pannelli in legno che fanno da temporaneo contenimento e successivamente pressata in modo da assicurare una posa omogenea. Recentemente, al fine di rendere l’operazione piú veloce ed efficiente dal punto di vista economico, alcuni costruttori hanno iniziato a spruzzare il mix utilizzando apposite attrezzature.
Per comprendere in pieno le sue potenzialità devono esserne chiarite le proprietà. Calce e canapa sono state già utilizzate dall’umanità da diversi secoli ma solo recentemente stanno dimostrando risultati estremamente interessanti una volta combinati tra loro nel biocomposito. Da una decina di anni, la ricerca scientifica viene condotta in maniera costante per meglio capire il loro comportamento e determinare linee guida e buone pratiche perché possano essere diffuse all’interno dell’industria edile.

h3{color:#7A8541;}. *Isolamento termico ed inerzia termica*

La performance termica di un edificio è una questione piuttosto complicata da valutare. Nonostante il calore si propaghi in tre diversi modi (conduzione, convezione ed irraggiamento), i regolamenti edilizi si concentrano sulla perdita di calore da conduttività. Il _valore-U_, un parametro imposto dai regolamenti, misura il flusso di calore che passa attraverso 1m2 di muro, pavimento o tetto per ogni differenza di 1°C di temperatura nei i due lati opposti (Lime Technology, 2006). Con più il valore-U è alto, con più è scarsa la performance di isolamento.

Secondo i risultati del test condotto da BRE (2002) ad Haverhill, il valore-U dell’edificio costruito con il biocomposito era più alto di quello misurato nell’edificio standard. Nonostante ciò, la temperatura media interna nella struttura a canapa e calce è rimasta di 2°C più alta rispetto a quella riscontrata nell’edificio standard, pur avendo lo stesso consumo di combustibile durante il periodo. È stato quindi concluso che il _valore-U_ non è il metodo più appropriato per valutare la performance termica del cemento di canapa e calce _(Wolley, 2006)._

Nonstante ciò, in base ai livelli misurati, i _valori-U_ del biocomposito sono inferiori alla soglia attuale prevista dai regolamenti edilizi Britannici e Francesi. Con un muro spesso 300mm, il valore-U misurato è di 0,3 W/m2K, di 0,22 W/m2K per 400mm e di 0,18 W/m2K per 500mm _(Lime Technology, 2006)._

Un secondo rapporto redatto da BRE (2003) che consiste in un ispezione termografica, ha rilevato che la temperatura esterna dell’edificio di canapa e calce era di circa 5°C inferiore a quella dell’edificio standard. Il biocomposito elimina quindi ogni forma di ponte termico isolando completamente la struttura portante in legno. Inoltre la costruzione si è dimostrata essere a tenuta d’aria, evitando così ogni perdita di calore dall’interno.

L’inerzia termica è la capacità di un materiale di conservare energia calorifica e di rilasciarla su un periodo più lungo di tempo. Périer (2001) riconosce in questa proprietà la capacità del cemento di canapa e calce di controllare le differenze di temperatura e quindi di aiutare a rendere l’edificio più confortevole. Quando il biocomposito viene esposto al sole si scalda in modo molto limitato, e quando la temperatura esterna scende è in grado di rilasciare il calore bilanciando la differenza di temperatura tra ambiente interno ed esterno. Questa proprietà viene anche confermata dal test BRE ad Haverhill (2001).

Ulteriore ricerca è attualmente in corso per dimostrare una volta per tutte i vantaggi termici del biocomposito di canapa e calce rispetto ai materiali da costruzione standard. Il concetto è confermato da Wolley quando afferma che non è possibile dare una valutazione conclusiva sulla questione fino a che la ricerca lo dimostri definitivamente.

h3{color:#7A8541;}. *Respirabilità ed edifici salubri*

Il biocomposito di canapa e calce combina la permeabilità al vapore della calce all’igroscopicità della canapa, vale a dire la capacità del canapulo di assorbire elevate quantità di vapore acqueo. I muri ed i pavimenti di un edificio a canapa e calce possono ‘respirare’ assorbendo l’umidità e successivamente rilasciandola attraverso l’evaporazione. Questa caratteristica evita lo sviluppo di umidità ed il relativo deterioramento all’interno del materiale, e favorisce la riduzione del livello di umidità all’interno dell’edificio. L’effetto complessivo è un ambiente più salubre e naturale, che necessità oltretutto di un minore condizionamento dell’aria.

h3{color:#7A8541;}. *Sequestro del carbonio*

La canapa assorbe diossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera durante la sua crescita. Secondo Pervais (2003), 325Kg di CO2 vengono catturati in una tonnellata di canapa secca. La costruzione a base di canapa e calce è quindi una modalità efficace per contrastare il riscaldamento globale. Lime Technology (2006) affema che vengono sequestrati 110Kg di CO2/m3 nell’edificio quando il biocomposito viene spruzzato, che diventano 165 Kg di CO2/m3 quando viene gettato e pressato all’interno dei pannelli temporanei di contenimento.

Le stime citate già tengono conto della CO2 emessa durante la preparazione della calce. Per questo motivo si può affermare che la costruzione a base di canapa e calce è potenzialmente ad emissioni negative di carbonio. Un’ulteriore dimostrazione viene fornita da Woolley e Bevan (2007) quando dichiarano che 31Kg di CO2 per m2 vengono conservati in un muro di biocomposito dello spessore di 300mm, che diventano 53Kg/m2 con uno spessore di 500mm. Ulteriori risparmi di emissioni di CO2 sono una conseguenza diretta della performance termica della costruzione a canapa e calce che riduce il fabbisogno di riscaldamento dell’edificio (Rhydwen, 2006).

h3{color:#7A8541;}. *Isolamento acustico*

Secondo i risultati dei test acustici condotti da BRE durante il progetto ad Haverhill (BRE, 2002), gli edifici di canapa e calce hanno avuto una performace inferiore rispetto a quelli costruiti con metodi tradizionali, ma nonostante ciò hanno soddisfatto i requisiti di resistenza acustica. Périer (2001) afferma che il biocomposito di canapa e calce è altamente fono assorbente, sopratutto quando la sua superficie viene lasciata grezza senza intonaco. Ulteriore ricerca è al momento in corso per massimizzarne il potenziale affinché possa essere utilizzato in applicazioni come isolante acustico.

h3{color:#7A8541;}. *Resistenza all’incendio*

Il cemento di canapa e calce è ignifugo senza l’aggiunta di sostanze tossiche ritardanti di fiamma. Périer (2001) afferma che secondo i testi condotti dal ‘Centre Scientifique et Technique du Batiment’, il biocomposito è stato classificato come ‘resistente alla fiamma’ senza rilascio di fumi tossici o D-infiammabili, soddisfacendo la categoria francese M1. Viene anche affermato che la miscela abbia resistito un test di quattro ore a temperature superiori a 1800°C.

h3{color:#7A8541;}. *Protezione dalle infestazioni*

La canapa non è appetibile a topi e ratti, i quali non sono nemmeno attratti dalla calce che è stata anche utilizzata per centinaia di anni per mantenere livelli di igiene (Wolley, 2006). L’uso della calce nel corso della storia dimostra come sia adatta per preservare le fibre naturali e proteggerle da ogni forma di infestazione.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.