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Ma in Italia sarà possibile una mobilità sostenibile?

La finanziaria non prevede incentivi per il settore auto, scelta che fa temere un mancato rinnovo del parco auto con veicoli meno inquinanti. Per le nuove frontiere della mobilità privata e pubblica qualche esperimento delle amministrazioni locali. Non ci sono motivi per sperare in un futuro positivo, almeno a breve, per la mobilità sostenibile nel nostro paese.

La situazione è nota. In Italia manca ancora una produzione (e un’importazione) di vetture di serie a propulsione ibrida, elettrica, o a idrogeno. Ma se anche esistesse, i veicoli non sarebbero utilizzabili, perché sono praticamente inesistenti le reti distributive di idrogeno o di energia elettrica, e tutta da completare anche quella del gas metano. Allo stesso modo non c’è, in genere, grande cultura né di organizzazione dei sistemi globali di mobilità sostenibile urbana, né di integrazione dei mezzi di trasporto privati e pubblici, tanto meno del car sharing, se non a livello di rare sperimentazioni locali (da uno studio di Frost & Sullivan in Italia ci sono 15.000 abbonati con solo 530 veicoli, utilizzati maggiormente a Milano, Roma e Venezia). Tutto ciò senza coordinamento locale, né efficaci incentivi, budget o programmi da parte dell’amministrazione statale .
E per di più il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha dichiarato chiaramente al Senato che “Il governo ha ritenuto che anche in Italia sia giunto il momento di tornare alla normalità del mercato dell’auto, non rinnovando gli incentivi e intensificando invece il sostegno alla ricerca e all’innovazione”. Quindi nel 2010 nessun incentivo di alcun tipo per migliorare il parco circolante automobilistico.
Ovviamente organizzazioni di settore e centri studi si danno un gran da fare a valutare quanto questo mancato e inatteso prolungamento degli incentivi si tradurrà in vecchie vetture non eliminate dalla circolazione e nuovi modelli con propulsori meno inquinanti non venduti.

h4{color:#D3612B;}. Qualche dato del settore in Italia

Ad esempio per il “Centro Studi Promotor”: “Si tratta di una situazione fortemente negativa, non solo per il settore automobilistico, ma anche perché è molto avvertita l’esigenza di sostituire con soluzioni ecologiche o comunque con modelli nuovi e quindi radicalmente meno inquinanti, il parco circolante di veicoli commerciali adibito al rifornimento dei centri storici che, com’è noto, sono particolarmente esposti al pericolo di inquinamento. Senza incentivi il processo di rinnovamento del parco si interromperà con conseguenze fortemente negative. Una primavera nera con la previsione di una riduzione delle vendite complessive del 20% nel 2010”.
Anche l’ANFIA (l’Associazione degli operatori italiani del settore automobilistico) è ancora più preoccupata: “Considerando l’assenza di interventi questo porterà al massimo a un mercato di 1,7/1,8 milioni a fine anno, dai 2,158 milioni del 2009, cioè un 25% in meno”.
All’UNRAE (l’unione dei costruttori stranieri) avvertono che “Il livello basso degli ordini è l’indicatore delle pessime condizioni in cui il mercato italiano dell’auto si accinge ad affrontare i prossimi mesi. I 145.000 contratti con cui si è chiuso febbraio, cifra che rispetto all’analogo mese del 2009 registra una flessione di quasi il 35%, è la punta dell’iceberg di uno scenario molto negativo, all’interno del quale si evidenziano anche le forti difficoltà in cui si muove la domanda di vetture con motorizzazione a basso impatto: gpl, metano, ibrida”.
Addirittura l’ANIAS (Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici di Confindustria) constata che si è verificato un crollo del 27% dell’immatricolazione dei veicoli nuovi (per veicoli commerciali è stato addirittura del 43,7%), con una riduzione del parco circolante del 2,7%. Un grave stop dopo quindici anni di crescita ininterrotta.

h4{color:#D3612B;}. Il rapporto di Legambiente

E, legate allo svecchiamento del parco circolante, ci sono anche le problematiche del taglio delle emissioni di gas serra. Infatti secondo il rapporto Ambiente Italia 2010 di Legambiente l’inquinamento derivato dal trasporto sta aumentando. Il parco circolante è di quasi 38 milioni di veicoli su 60 milioni di abitanti (quasi 6 auto ogni 10 abitanti), con un +91% dal 1980). L’uso del proprio autoveicolo costituisce l’82% della mobilità, i consumi per i trasporti sono aumentati del 24% e il trasporto merci su gomma vale il 71,9%, mentre il resto va diviso fra treni, navi, aerei. I pendolari sono 14 milioni, di questi quelli che quotidianamente utilizzano il treno sono solo 2.640.000. L’Italia è inoltre il terzo paese d’Europa per emissioni di CO2 soprattutto per i trasporti su gomma, con ben 550 milioni di tonnellate: un incremento del 5% annuo.
Insomma la situazione che riporta Legambiente è tutt’altro che allegra. E la strada per arrivare ad un’organizzazione della mobilità che sia effettivamente sostenibile è ancora lunga.
Anche se da questo punto di vista è da tempo che l’Unione Europea ha messo a punto il cosiddetto “Piano d’azione Ue per la Mobilità Sostenibile”:http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/09/424&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=en dove non vengono presi in considerazione solo gli aspetti ecologico o della mobilità, ma anche quello fondamentale della salute dei cittadini.
E proprio in merito al ruolo che comuni e provincie hanno in questo piano vanno registrate le richieste di Nicola Valluzzi, rappresentate dell’UPI (Unione Provincie Italiane) nella sua audizione alla recente commissione Trasporti della Camera dei Deputati.
”Abbiamo apprezzato il fatto che l’Unione Europea abbia affermato nel Piano il ruolo fondamentale svolto dalle autorità locali, Regioni, Province e Comuni. Ma senza la previsione di risorse specifiche, c’è il rischio di produrre l’ennesimo libro delle buone intenzioni. “Come Province non possiamo che sottolineare la necessità di promuovere, all’interno di questo Piano, la definizione di piani urbani e provinciali della mobilità che tengano conto sia della pianificazione delle infrastrutture che della programmazione del trasporto pubblico. Solo attraverso il coordinamento di queste azioni, infatti, si potranno avere risultati decisivi sul piano della mobilità sostenibile”. “Chiediamo poi che si preveda l’istituzione di Osservatori territoriali, attraverso cui mettere a sistema tutte le informazioni sulla mobilità urbana ed extraurbana. Una mole di dati che oggi non trova un momento di sintesi, e che quindi non permette un’organizzazione sistematica standardizzata delle informazioni e la loro messa in rete. Attraverso l’Osservatorio, invece, sarebbe possibile mettere a punto e scambiarsi buone pratiche ed indicazioni operative da seguire, permettendo così alle amministrazioni di intervenire con azioni mirate, e di utilizzare in maniera più razionale le risorse a disposizione”.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.