Rinnovabili • Rinnovabili - Inform - Act - Share Background

Riciclo delle macerie: è partita la sfida

Si sono conclusi i lavori dell’incontro a cui hanno partecipato il Comune di L’Aquila, la Regione Abruzzo, la Provincia di L’Aquila, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana, la Commissione Ambiente alla Camera e Legambiente. Sono emerse proposte concrete e determinazione politica per individuare una via sostenibile alla ricostruzione

Il 6 aprile 2009 non si dimentica. La tragedia del terremoto ha segnato il paese e cittadini abruzzesi in prima persona e a quasi 8 mesi dal dramma la fase emergenza non si è ancora conclusa completamente. Dal dolore e dalle macerie riparte ora la fase più complessa, quella della ricostruzione, sfida delicata che chiama a sé tutte le voci e i protagonisti del territorio e che pone una questione non marginale: riuscire a fare dell’apparente dicotomia rovine e riedificazione un percorso unico nel segno della sostenibilità, sotto il profilo ambientale, sociale ed energetico.
Questo il tema affrontato ieri nel seminario “L’Aquila rinasce dalle macerie” organizzato dal quotidiano Rinnovabili.it e il Comune di L’Aquila e aperto da Consigliere Comunale Antonello Bernardi.
Focalizzato sulla possibilità di rinvenire nelle macerie, principale ostacolo alla fase ricostruttiva, opportunità e risorse sostenibili, l’incontro è nato con l’obiettivo di tracciare un percorso scientifico e concreto affinché questa ultima affinché materiali, tecnologie e fonti energetiche più vicine alle esigenze future dell’umanità divengano l’asse portante di un nuovo sviluppo.

Punto di partenza l’impressionante numero di detriti: 4,5 milioni di tonnellate per un volume di 3 milioni di metri cubi che richiederanno un forte impegno economico sia per il trasporto in discarica che per il loro parziale smaltimento e un’urgenza nell’individuare soluzioni che possano garantire un approccio sostenibile al complesso processo di ricostruzione. In questo contesto, ha spiegato *Mauro Spagnolo*, Direttore di Rinnovabili.it, “il riciclo come alternativa alla discarica dei detriti edilizi, attualmente presenti sul territorio aquilano, presenta evidenti potenzialità non solo ambientali, ma anche di ordine sociale e di ordine pubblico”. Il riciclo delle macerie, infatti, può avere interessanti ricadute sia perché riduce il fabbisogno di materie prime, sia perché il bilancio energetico risulta particolarmente conveniente rispetto a quello di estrazione da cava, così come quello riferito alle emissioni evitate nell’ambito del metodo di LCA, Life Cycle. “A L’Aquila, attualmente, si trova un immenso giacimento di materiali edili a cielo aperto, giacimento che si trova esattamente nel luogo dove avverrà un imponente processo di ricostruzione. Tali concomitanze, unitamente alla maturità tecnologica del settore, ci porta ad affermare, senza timori, che siamo in presenza del potenziale _mercato dell’usato edile_ più grande d’Europa”.

Le tecnologie per farlo esistono e possono dare risultati importanti. Lo ha dimostrato l’esperienza portata da *Moreno Marionni* del Centro Ambiente, società integralmente controllata dalla Valle Umbra Servizi, dopo il terremoto umbro del 1997. “Dal 1998, a pochi mesi da sisma, la Centro Ambiente S.p.A. ha iniziato a gestire un sistema di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani, che comprende un impianto di selezione, trattamento e compostaggio rifiuti e una discarica controllata per rifiuti non pericolosi”. D’intesa con la Regione Umbria, è stata realizzata una “Piattaforma di cernita, selezione, trattamento e recupero dei rifiuti inerti provenienti dalle zone terremotate”, con l’obiettivo di fornire un servizio certo ai Comuni terremotati ed eseguendo con correttezza e sicurezza le operazioni di trattamento e recupero e tutte le iniziative per il “riutilizzo” del materiale. I risultati ottenuti riciclo degli inerti sono stati finora visibili nelle infrastrutture viarie – corpo stradale e pavimentazione – ad integrazione dei materiali di cava.

L’aspetto sottolineato da entrambi è tuttavia quello un gap tutto italiano in merito alla pratica del recupero dei rifiuti da attività di costruzione e demolizione se confrontato alla realtà Europea. Al terzo posto per produzione di rifiuti edili nell’Unione attualmente recuperiamo solo il 5% del totale che si aggira invece sui 40 milioni di tonnellate annuali. Ad ostacolare soprattutto i buchi normativi ancora esistenti e la mancanza di un mercato che assorba questi prodotti, ma soprattutto l’assenza di politiche di sostegno che penalizzino il conferimento in discarica, mentre nel contempo si rende necessaria una politica di formazione e informazione verso i progettisti, le stazioni appaltanti e le imprese utilizzatrici dei materiali.

In tal senso Spagnolo ha presentato in anteprima dal palco abruzzese il “Decalogo di Rinnovabili.it”:http://www.rinnovabili.it/decalogo-proposte, 10 eco-proposte da un sistema di incentivazione ad hoc alla realizzazione di una rete e-commerce ricordando come questa sia “un’opportunità che tutti gli attori della ricostruzione dovrebbero assolutamente cogliere, e in fretta”.

Si tratta di aspetti fondamentali per consentire che un’attività creata per sopperire ad un’emergenza si trasformi, una volta superata, in una opportunità concreta che contribuisce allo sviluppo sostenibile di un territorio, perché come ha sottolineato *Mario Crosta*, Direttore Generale della Banca Etica, “la ricostruzione non può procedere solo all’insegna della convenienza economica, la sostenibilità ambientale dovrà avere un ruolo centrale, per garantire una qualità di vita duratura agli abitanti e perché mai più vogliamo assistere a un carico così devastante di morte a seguito di eventi, seppur eccezionali, della natura”.
Al rapporto sostenibilità-economia è strettamente legato quello energetico affrontato nel sotto il profilo delle fonti rinnovabili da *Gerardo Montanino*, Direttore operativo del Gestore dei Servizi Elettrici. “In questa delicata fase di ricostruzione, è necessario stimolare le amministrazioni pubbliche e gli imprenditori affinché investano in tecnologie legate all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, sfruttando anche le incentivazioni erogate dal GSE”. Il territorio nello specifico contribuisce attualmente con il 2,7%, pari a 1570 GWh, alla produzione lorda rinnovabile nazionale, a fronte di un consumo annuo di energia elettrica di 6.904 GWh (2,1% del totale nazionale) dimostrandosi dunque ricettivo alle fonti alternative.
“Nella Regione Abruzzo – ha continuato Montanino – il GSE sta erogando incentivi in conto energia a 1.030 impianti fotovoltaici per un totale di 12,4 MW, a fronte di un totale nazionale di 56,285 impianti per circa 700 MW istallati, e ulteriori 4,5 MW sono previsti nei prossimi mesi solo sulle nuove case in costruzione”.

La strada tracciata dai relatori è divenuta quindi il terreno di confronto tra le istituzioni e le associazioni invitate, a cui hanno preso parte nel dettaglio Massimo Cialente, Sindaco di L’Aquila, Daniela Stati, Assessore all’ambiente Regione Abruzzo, Stefania Pezzopane, Presidente Provincia di L’Aquila, l’On. Salvatore Margiotta, Vicepresidente Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Legambiente, Maria Teresa Letta, Presidente della Croce Rossa Italiana in Abruzzo, Franco Gabrielli, Prefetto di L’Aquila.

Ad unire idealmente i presenti l’idea di una partecipazione attiva della cittadinanza aquilana alla fase di ricostruzione perché, ha affermato *Cialente*, “non possiamo tenerci il dolore e lasciare che siano altri a cogliere ‘l’opportunità di ricostruzione’”. Per il sindaco è questo il momento per gettare le basi di un nuovo modo di pensare alla città, verso una maggiore digitalizzazione e un profilo ‘low energy’ che divenga anche cultura cittadina.
Alla popolazione un ruolo importante nel processo di rinascita e per questo ribadisce il Prefetto *Gabrielli* essa deve essere informata e partecipe. “Uno dei deficit ancora oggi è che sembra si parli di ricostruzione come qualcosa che non interessa a questa città, ma debba essere delegato alle amministrazioni”.

“Il rifiuto di chi è?” E’ la domanda rilanciata da *Pezzopane* sul problema macerie nella cui risposta risiede parte delle proposte del Presidente Provincia di L’Aquila per la fase di ricostruzione: creare un consorzio per la gestione delle macerie che sia pubblico, trasparente e aperto ai cittadini. Occorre inoltre per Pezzopane ripensare ad una ricostruzione che non faccia di L’Aquila una città sola, ma la inserisca in rete con altre realtà sul piano del lavoro, della cultura, degli interscambi, come ad esempio il rapporto con Roma. Insomma come ha detto testualmente il presidente: “L’Aquila rinasce dalle teste e non dalle macerie”.
Altra decisone da prendere in fretta, cosa in città occorra demolire e cosa possa essere messo in sicurezza in tempi brevi; un’azione sui cui esiste una certe urgenza dal momento che le macerie oltre a costituire un impedimento fisico alle fasi dei lavori posso determinare un effetto boomerang come importante sono un effettivo fonte di inquinamento ambientale e sociale se si prende in considerazione il rischio, da più voci allertato, dell’infiltrazione criminale. Proprio per tenere d’occhio la situazione da questo particolare profilo la Provincia dell’Aquila con Legambiente ha attivato l’Osservatorio “Ricostruire pulito” dando il proprio contributo al monitoraggio degli appalti e delle infiltrazioni malavitose e nello stesso tempo all’individuazione di buone pratiche eco-sostenibili per far ripartire il territorio puntando su rinnovabili, ed efficienza energetica.
“Il risparmio è il concetto chiave per una ricostruzione rapida e sostenibile del territorio colpito dal sisma del 6 aprile – ha affermato *Cogliati Dezza* – “A partire dal suolo sottratto alla nuova cavazione e alla speculazione edilizia, criterio questo che deve caratterizzare l’intera filiera del trattamento delle macerie, che vanno immediatamente rimosse per consentire la rinascita dei centri storici”.
L’on. *Margiotta* ha affermato che nella suddivisione dei compiti anche il Parlamento dovrà fare la sua parte, assicurando che la questione, sotto gli aspetti normativi sia presentata in Commissione Ambiente. Per quella che egli definisce la sfida del sistema Paese, ha sottolineato la necessità realizzare una sintesi tra la questione ambientale e quella della riedificazione. “Non possiamo scegliere tra ‘buono’ o ‘sostenibile’: avremo centrato l’obiettivo solo se il processo ricostruttivo sarà entrambi, declinando tutte le voci della sostenibilità”.

About Author / La Redazione
Precedente
SONDAGGIO

Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

leggi anche Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

leggi anche Da CATL la prima batteria con degrado zero dopo 5 anni

La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.