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Wwf-Allianz: il G8 fallisce sul clima

Pubblicato il rapporto realizzato da Ecofys sulle politiche degli otto in tema di clima ed emissioni: prime della classe Germania, Regno Unito e Francia, grazie al raggiungimento dei rispettivi obiettivi nazionali per il Protocollo di Kyoto. L’Italia è per il terzo anno ancorata al quarto posto, collocandosi a un livello intermedio insieme al Giappone, mentre rimangono in fondo alla classifica la Russia, gli USA e il Canada

Ancora brutte pagelle per gli otto “grandi” del pianeta che tra una settimana si ritroveranno assieme al tavolo abruzzese per il tanto atteso appuntamento. A dare i voti in materia di strategie climatiche nazionali è per il terzo hanno il WWF e Allianz attraverso il rapporto “G8 Climate Scorecards”:http://assets.panda.org/downloads/g8_scorecards_report.pdf, realizzato da Ecofys e reso pubblico oggi a livello mondiale. Sotto la lente dunque ancora una volta Germania, Regno Unito, Usa, Francia, Italia, Giappone, Russia e Canada insieme ai cinque principali Paesi emergenti per scandagliare ambiti come l’andamento delle emissioni di gas serra dal 1990, la distanza dagli obiettivi nazionali del Protocollo di Kyoto, la quota di energie rinnovabili e l’efficienza delle politiche climatiche.
Buone nuove? Non esattamente. Il rapporto nel complesso registra alcuni passi avanti rispetto al 2008, sintomi di uno sforzo che tuttavia resta ancora al di sotto degli obiettivi principe presi in considerazione dal Wwf e sostenuti dalla comunità scientifica internazionale, ovvero: per i Paesi industrializzati la riduzione di almeno il 40% delle emissioni entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 (di cui il 30-35% realizzate su territorio nazionale) e la riduzione del 95% delle emissioni entro il 2050; per i Paesi in via di sviluppo, la deviazione dall’aumento delle emissioni di almeno il 30% entro il 2020, sempre rispetto al 1990.

h4{color:#D3612B;}. Le Pagelle 2009

*Germania:* si è merita la pagella migliore, nonostante la performance globale sia ancora lontana dal livello buono, in quanto l’unica ad aver aumentato significativamente la propria quota di energie rinnovabili, soprattutto a fronte di paesi come Canada, Francia, Giappone e USA in cui questa quota è rimasta invariata o è addirittura diminuita.

*Regno Unito:* al secondo posto per performance, ha già raggiunto il proprio obiettivo di Kyoto grazie alla transizione dal carbone al gas negli anni ’90 e ha approvato un’innovativa politica climatica nazionale.

*Francia:* terzo paese nella classifica per emissioni relativamente basse, malgrado il fatto che tale obiettivo sia stato raggiunto soprattutto con l’utilizzo di energia nucleare, che il WWF non considera però una soluzione sostenibile.

*Giappone:* subito dopo l’Italia che si trova al quarto posto, il paese asiatico si trova decisamente nella fascia della “cattiva performance”; ha ottenuto buoni risultati nell’efficienza dei trasporti, ma ha emissioni assolute ancora troppo alte che dimostrano un peggioramento rispetto al 2008.

*Stati Uniti:* grazie alla nuova amministrazione stanno sperimentando la migliore politica climatica degli ultimi tre decenni, il che fa guadagnare alla nazione una posizione in classifica rispetto al penultimo posto dell’anno scorso; tuttavia resta il Paese con la maggiore quantità di emissioni complessive e su base pro capite.

*Russia:* al settimo posto ha diminuito le proprie emissioni solo grazie alla crisi economica che ha colpito il Paese dal 1990 al 1999, tanto che da allora sono tornate a crescere.

*Canada:* in assoluto la peggiore performance in materia di politiche climatiche come dimostrano le emissioni di gas serra che sono addirittura in costante aumento.

Per ciò che attiene i *Paesi emergenti*, Scorecards evidenzia come tutte e cinque le nazioni considerate stiano dandosi da fare per rallentare le emissioni in futuro: il Sud Africa si è dato un obiettivo di riduzione del 30% entro il 2050, il Messico del 50% entro la stessa data, mentre Cina, India e Brasile stanno sviluppando sempre di più energie rinnovabili ed efficienza energetica.

h4{color:#D3612B;}. La situazione italiana

Posizionata al quarto posto per il terzo anno consecutivo l’ *Italia* resta ancora lontana dagli obiettivi oscillando tra misure incoraggianti, come la promozione dell’efficienza energetica negli edifici e nell’industria e il conto energia per le rinnovabili, e misure che il WWF considera negative, come il via a nuove centrali a carbone e i finanziamenti al nucleare. Nel complesso i tassi di emissione risultano medio-bassi, a paragone della media dei paesi industrializzati, a causa della struttura economica, ma i livelli di gas serra sono ancora molto al di sopra dell’obiettivo di Kyoto e l’approccio complessivo alle politiche sul clima risulta debole.
Ha dichiarato Stefano Leoni, presidente del WWF Italia: “Come dimostra la classifica che anche quest’anno abbiamo stilato insieme ad Allianz, sul clima l’Italia finora ha ‘vivacchiato’, promuovendo per esempio misure per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, ma ostacolando il pieno sviluppo di potenzialità strategiche per la sfida del clima. Il problema principale dell’Italia è che manca una strategia”.
“La recessione economica – continua Leoni – sembra possedere un effetto al ribasso sulla produzione delle emissioni, per la diminuzione della produzione. Ma il rischio è che, quando questa produzione, e le relative emissioni, ricominceranno a crescere, l’Italia si trovi drammaticamente indietro sul fronte della nuova economia pulita”.

Eppure l’Italia, come presidente del G8, può e deve dare il buono esempio sulle politiche climatiche come dimostra lo stesso studio Ecofys. Il rapporto, infatti, evidenzia come a fronte di un investimento di 4 miliardi di euro l’anno, ovvero appena lo 0,2% del PIL, la nostra nazione possa ridurre le proprie emissioni del 29% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, raggiungendo l’obiettivo del 30% (in presenza di un accordo globale a Copenhagen) previsto dalla UE nel Pacchetto clima ed energia.
La ricetta dettata dal Wwf ne illustra la strada: il settore industriale potrebbe risparmiare il 44% delle emissioni rispetto ai livelli del 2005 migliorando l’efficienza energetica e la produzione combinata di calore ed elettricità, e riducendo al tempo stesso il tasso di clinker (materiale base) nella produzione del cemento. Interventi di efficienza nel settore dei trasporti apporterebbe invece un risparmio del 36%, favorendo le ferrovie e il trasporto pubblico. Ottimizzando l’isolamento termico e la progettazione degli edifici e impiegando le biomasse per il riscaldamento si avrebbe un risparmio del 35%, mentre un meno 33% si acquisterebbe dall’agricoltura sfruttando il biogas e migliorando il regime alimentare dei bovini.
E ancora meno 46% nel settore della fornitura energetica migliorando le efficienze presso gli utenti finali, aumentando l’uso delle energie rinnovabili e adottando soluzioni di cattura e stoccaggio CO2 per ogni impianto a combustibile fossile.
Il risparmio più grande si otterrebbe infine dal settore dei rifiuti incrementando strumenti quali riciclo e compostaggio.

h4{color:#D3612B;}. Esortazioni e Raccomandazioni

James Leape, direttore del WWF internazionale, assieme a Joachim Faber, membro del Board di Allianz SE, ha quindi esortato le nazioni ad agire adesso e a sostenere la definizione di un valido accordo a Copenhagen, perché “mentre ci potrebbe essere una soluzione ‘su cauzione’ per il sistema finanziario, nessuna quantità di denaro potrà salvare il pianeta una volta che i cambiamenti climatici avranno superato la soglia critica. E’ quindi cruciale riuscire a limitare l’innalzamento della temperatura globale a meno di 2°C rispetto ai livelli pre-industriali”.
In tal senso – come spiega Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia – l’associazione ambientalista chiede ai leader del G8 di impegnarsi da subito a trasformare le proprie economie seguendo un percorso di basso consumo di carbone e pubblicare entro dicembre uno “zero carbon action plan” con ambiziosi obiettivi di medio e lungo termine, al fine di ridurre le emissioni di almeno l’80% rispetto ai livelli del 1990.
Altro punto fondamentale dare immediata disponibilità a fondi per misure urgenti di adattamento da destinare, in base alle necessità, ai Paesi meno sviluppati. Un impegno che andrebbe assunto già da quest’anno con lo stanziamento di 2 miliardi per i Programmi Nazionali di Azione sull’Adattamento (NAPAs) che sono già stati completati nell’ambito della UNFCCC.

Delle raccomandazioni sono rivolte ancora al MEF, il Forum delle Maggiori Economie, al quale è richiesto in primis di progettare il ‘Nationally Appropriate Mitigation Actions’ (NAMAs) Pilota e assicurare il loro immediato finanziamento. Inoltre i leader del MEF dovrebbero rafforzare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie pulite mobilitando risorse nell’ambito dei Technology Action Programs (TAPs) ed identificare le caratteristiche di un’architettura finanziaria efficace per il clima come parte indispensabile dell’accordo di Copenhagen, sottolineando a tutti i Paesi in via di sviluppo che i loro impegni riceveranno un appoggio.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.