29 Marzo 2024
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Finisce il vertice sul clima COP28: decisa la “transizione via dai...

La plenaria approva il patto di Dubai la mattina del 13 dicembre. È la prima volta nella storia che la decisione finale di una COP cita l’abbandono delle fonti fossili, la principale causa del riscaldamento globale antropico. Il compromesso però è molto lontano dall’idea di una eliminazione graduale (phase out) chiesta inizialmente da oltre 100 paesi (su 200). E il testo finale prevede molte scappatoie per l’industria oil&gas – che non sarà obbligata a tagliare la produzione, grazie a CDR e CCS – e per i paesi che non vorranno rinunciare alle fossili: basterà puntare tutto sul gas. La presidenza di turno: “risultato storico”. Ma il segretario generale dell’ONU ribatte: “il phase out è inevitabile, speriamo non arrivi troppo tardi”

Allineare il sistema alimentare globale con gli 1,5 gradi è possibile

La FAO presenta la sua roadmap per trasformare strutturalmente il modo in cui coltiviamo e alleviamo e non sforare l'obiettivo di 1,5 gradi

La COP28 cancella l’uscita dalle fonti fossili: delude l’ultimo testo

Quella che è andata in scena a Dubai, in queste 2 settimane, è l’eliminazione graduale del phase out dal testo negoziale. L’ultima bozza preparata dalla presidenza e fatta circolare nel pomeriggio dell’11 dicembre non parla più di phase out e usa formule estremamente deboli per chiedere azioni contro la crisi climatica. L’analisi punto per punto

Puntare sulle fonti fossili unabated alla COP28 farà scoppiare una “bomba”...

A Dubai il dossier del phase out delle fonti fossili è il più controverso. L’industria oil&gas e i petrostati spingono perché sia limitato solo alle fossili “unabated”: si darebbe luce verde a tutti i progetti che usano la cattura e stoccaggio della CO2. Ma le performance traballanti di questa tecnologia ci possono condannare a sforare 1,5 gradi di almeno 86 miliardi di tonnellate di gas serra

Sforeremo 1,5°C tra 7 anni: aumento emissioni gas serra globali da...

Ai ritmi attuali, servono tagli drastici ai gas serra antropici “anche solo per rispettare l’obiettivo dei 2 gradi” stabilito con l’Accordo di Parigi. Mentre c’è una probabilità del 50% che supereremo in modo stabile e continuativo la soglia di 1,5 gradi già nel 2030, prima di quanto previsto dall’ultimo rapporto dell’IPCC. Tutti i numeri sulle emissioni globali nel rapporto di Global Carbon Project

Scommettere su cattura e stoccaggio della CO2 ci fa pagare la...

Uno studio della Smith School of Enterprise and the Environment, basata presso l’università di Oxford, calcola la curva di costo della tecnologia CCS e la confronta con quella delle principali tecnologie abilitanti le energie rinnovabili. Lo scenario net zero in cui l’uso della CCS è residuale, solo per settori hard to abate, costa 1.000 mld $ l’anno in meno di quello in cui la CCS è usata in modo capillare

Emissioni storiche: il colonialismo rende i grandi inquinatori ancora più grandi

Carbon Brief ricalcola le responsabilità dei paesi nell’innesco e nell’aggravamento della crisi climatica aggiungendo al conto della madrepatria anche i gas serra generati dal rispettivo impero coloniale. E togliendo questi volumi dal computo dei paesi che sono stati colonizzati. La Gran Bretagna raddoppia, l’Olanda triplica, la Francia aumenta del 50%. Anche l’Italia raddoppia la sua quota di gas serra storici

ETS europeo, da appena 30 grandi inquinatori il 50% delle emissioni...

Carbon Market Watch ricostruisce la mappa delle 30 compagnie che detengono gli impianti più inquinanti tra quelli coperti dal mercato del carbonio UE. Mentre quelli del settore energetico in generale pagano per inquinare, cemento e acciaio generano enormi volumi di gas serra senza aprire il portafoglio. Grazie ai permessi gratuiti

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