Le bioplastiche non evitano l’inquinamento del mare

Non esistono soluzioni rapide al problema del marine litter: secondo gli esperti ONU le bioplastiche potrebbero addirittura esacerbarlo

Le bioplastiche non evitano l’inquinamento del mare

 

(Rinnovabili.it) – Le bioplastiche non sono una «soluzione rapida» al problema dei rifiuti marini, ma rischiano perfino di esacerbarlo. Lo afferma il programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), entrando a piedi uniti nel dibattito con il rapporto Biodegradable Plastics & Marine Litter, destinato a far discutere. Un sacchetto di plastica monouso che rechi l’etichetta “biodegradabile”, dicono gli esperti ONU, per essere completamente recuperato può esigere condizioni che comunemente si verificano solo nei compostatori industriali (come la temperatura di 50 °C). Inoltre, alcuni polimeri biodegradabili in ambiente terrestre impiegano molto più tempo in ambiente marino. La cosa peggiore, secondo il rapporto, è che il consumatore potrebbe essere indotto a disperdere questo materiale nell’ambiente, convinto dell’assenza di impatti.

«Recenti stime dell’UNEP hanno dimostrato che fino a 20 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani di tutto il mondo ogni anno – ha dichiarato Achim Steiner, direttore esecutivo del programma ONU – Una volta in mare, la plastica non scompare, ma si decompone in microparticelle. Questo rapporto mostra che non esistono soluzioni rapide al problema, ma serve un approccio più responsabile alla gestione del fine vita dei manufatti in plastica per ridurre il loro impatto su oceani ed ecosistemi».

 

Le bioplastiche non evitano l’inquinamento del mare 2In merito alle plastiche oxobiodegradabili, esenti dal rispetto della normativa europea, l’UNEP afferma che non vi è «alcuna evidenza convincente che si mineralizzino completamente nell’ambiente, tranne che in condizioni di compostaggio industriali». Queste plastiche contengono un additivo per migliorare la degradazione, ma secondo il programma ambientale delle Nazioni Unite il destino delle micro plastiche che si creano non è chiaro: il processo di decomposizione può richiedere dai 2 ai 5 anni in ambiente marino, portando ad «effetti indesiderati».

Dobbiamo aspettarci, dunque, che «i polimeri oxobiodegradabili andranno a sommarsi alla quantità di micro plastiche già presente negli oceani, fino a quando prove schiaccianti e indipendenti non suggeriranno il contrario».

Entro il 2017, la Commissione europea deve valutare l’impatto ambientale dei sacchetti di plastica ottenuti a partire da queste macromolecole, fissando contemporaneamente standard comunitari per il compostaggio dei sacchetti in bioplastica. Secondo la European Bioplastics, associazione che raduna le industrie produttrici di questi materiali, «le materie plastiche biodegradabili contribuiranno a risolvere il problema della micro-plastica nell’ambiente».

Articolo precedenteIRENA: il target dei 2°C? Possibile solo con efficienza e rinnovabili
Articolo successivoEco musei, in Olanda quello a forma di catena montuosa

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!