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Il rapporto “Ambiente e tabacco” secondo ENEA

Si è svolto stamane a Roma il convegno Enea che ha riportato alla luce il delicato rapporto tra ambiente e inquinamento da tabacco sottolineando anche il ruolo critico dei mozziconi di sigaretta

(Rinnovabili.it) – Si è svolta stamane la giornata di studio organizzata dall’Enea per affrontare il delicato rapporto tra “Tabacco e Ambiente”. Dal confronto tra ricercatori, società scientifiche, industrie e esperti e grazie alla partecipazione dell’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia è stato possibile riportare all’attenzione le tematiche che l’Ente aveva già affrontato nel 2010 quando venne sottolineata la tossicità delle sigarette quando diventano rifiuto. Nel Gennaio 2010″ – ha affermato Davide Ruggeri titolare di Ekosmoke – “l’Enea presentò una ricerca approfondita sull’impatto ambientale dei mozziconi di sigaretta capaci di liberare nell’ambiente oltre 4.000 sostanze chimiche nocive, tra cui benzene, gas tossici ed addirittura elementi radioattivi come il Polonio 210. Tale ricerca, coordinata dal Dott. Carmine Lombardi, si concludeva con l’auspicio che quanto prima venissero installati nelle nostre città degli appositi contenitori all’interno dei quali i fumatori potessero conferire i mozziconi. Allo stesso tempo” – continua -” la Eko-Technology ha sperimentato già da tempo un impianto di smaltimento di rifiuti capace, tramite un processo di pirolisi, non solo di smaltire i gas tossici prodotti durante la combustione degli stessi, ma di recuperare energia dallo stesso gas di pirolisi ottenuto. Perché, oltre ai rifiuti organici, non inserire in questo processo di pirogassificazione, anche i mozziconi di sigaretta?” L’inquinamento da cicche di sigaretta non colpisce solo il suolo, ma anche l’aria causando l’incremento delle polveri sottili e l’acqua di mari e fiumi danneggiando fauna e flora. Inquinamento quindi, e morte di uccelli e pesci che scambiando le cicche per cibo se ne cibano intossicandosi. I mozziconi di sigarette sono inoltre un problema quando abbandonati sul suolo pubblico, tematica affrontata dal Presidente dell’AMA Piergiorgio Benvenuti, che ha fatto quanto la città di Roma stia facendo per combattere tale criticità evidenziando gli elevati costi delle operazioni di smaltimento.

Durante l’incontro sono inoltre stati presentati i due casi di Cremona e Lecce, comuni che si sono impegnati nella lotta all’abbandono delle cicche sigarette con programmi di sensibilizzazione e divieti severi che hanno permesso di multare i meno attenti. Attraverso il programma di lotta alla “Cicca di sigaretta selvaggia” Lecce ha obbligato gli esercenti a dotarsi di un posacenere esterno ai locali pubblici per permettere a clienti e passanti di gettare le sigarette negli appositi contenitori. Oltre al danno in termini di inquinanti emessi il residuo di sigaretta appare infatti come uno dei rifiuti più complessi da smaltire vista la composizione eterogenea e il largo impiego di sostanze chimiche, che oltre a compromettere la salute umana e inquinare l’aria rappresentano un ostacolo al decoro pubblico.

Interessante anche il caso di Cremona che in occasione dell’edizione 2011 della Settimana europea della Riduzione dei Rifiuti ha organizzato il convegno per sottolineare il ruolo dei mozziconi di sigaretta come elemento chiave dell’inquinamento urbano presentando anche il Progetto Raccoglimozziconi che aveva come obiettivo l’adozione di sistemi alternativi per la raccolta delle cicche in mancanza di posacenere. Solo a Cremona, si fece notare in quell’occasione, si stimano circa 115 milioni di mozziconi abbandonati ogni anno.

Ma oltre a recuperare e trattare correttamente il rifiuto quello che appare fondamentale è il recupero energetico della cicca di sigaretta. Esperienze in merito sono state presentate da  ENEA e Eko-technology che sfruttando la pirogassificazione stanno sperimentando tecniche a basso impatto ambientale per produrre energia dai rifiuti di sigaretta.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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