Il vero eroe dell’economia circolare? È la formica

Per la prima volta uno studio quantifica il contributo delle formiche alla rimozione dei rifiuti organici nelle foreste pluviali e alla ridistribuzione dei nutrienti

formica

 

(Rinnovabili.it) – Anche le formiche, nel loro piccolo, spazzano. Sono arrivati a questa comica conclusione i ricercatori britannici dell’Università di Liverpool, dopo una lunga ricerca sulla rimozione dei rifiuti nella foresta pluviale del Borneo malese. Secondo lo studio, oltre metà dei residui organici presenti nell’area viene rimossa dalla vasta famiglia dell’insetto imenottero, mentre il resto viene gestito dal rimanente (e vasto) regno animale: mammiferi, uccelli e altri vertebrati e invertebrati. Tra le categorie di rifiuti trattate dalle formiche rientrano corpi di animali morti, semi e frutta.

 

“La movimentazione, il consumo e il riciclo di materiale organico morto negli ecosistemi – spiega Kate Parr, dell’Università di Liverpool – sono importanti perché facilitano la redistribuzione dei nutrienti e la decomposizione. Le formiche, che raccolgono rifiuti e li portano nei loro formicai, di riflesso creano degli hotspot di sostanze nutrienti per le piante e i microbi, arricchendo il terreno.”

 

Lo studio ha dimostrato che, in assenza delle formiche, non c’è nessun altro animale che può compensare il loro ruolo. Insomma, se questi insetti non ci fossero, il materiale organico morto si decomporrebbe molto più lentamente lì dove si trova creando un terreno meno eterogeneo.

 

Questo lavoro – aggiunge Hannah Griffiths, autrice della ricerca – è importante perché le foreste pluviali tropicali sono gli ecosistemi più minacciati del pianeta e stanno perdendo specie animali a una velocità allarmante. Comprendere esattamente che ruolo i diversi animali giocano nell’ecosistema è funzionale al mettere assieme i pezzi di un puzzle estremamente complesso. Più pezzi abbiamo sul tavolo, meglio vediamo il quadro nel suo intero. Questo ci permette di predire le conseguenze della perdita di una specie e creare misure per mitigare l’impatto negativo dell’uomo sugli ecosistemi”.

 

Lo studio dell’Università di Liverpool è stato portato avanti con il Museo di Storia Naturale di Londra.

 

 

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