Impatto fitofarmaci: bilancio preoccupante ma si può migliorare

In Francia negli ultimi due anni un gruppo di oltre cinquanta esperti ha studiato gli impatti dei fitofarmaci sugli ecosistemi. Il bilancio è preoccupante, ma hanno individuato anche delle soluzioni.

Pesticidi nel cibo
via depositphotos.com

(Rinnovabili.it) – Uno studio francese ha denunciato un pericoloso scenario rispetto agli impatti dei fitofarmaci sulla biodiversità e sui servizi eco-ambientali. Il documento è arrivato in una congiuntura particolare. In questo momento Macron sta preparando la «pianificazione ecologica», mentre a livello europeo aumentano le pressioni per inasprire il regolamento sulle sostanze chimiche pericolose. La perizia è frutto del lavoro dell’Istituto nazionale della ricerca agronomica (Inrae) e dell’Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare (Ifremer).

Il lavoro era stato commissionato nel 2020 dai ministeri dell’Agricoltura, della Ricerca e della Transizione Ecologica francesi, a completamento di una perizia dell’Ifremer sugli impatti dei fitofarmaci sulla salute, presentata nel 2021. Quest’autunno ci sarà un ulteriore aggiornamento sulle possibilità di regolazione naturale dei bioaggressori.

Lo studio ha richiesto due anni e ha esaminato oltre 4000 fonti di letteratura scientifica. L’approccio ha tenuto dentro diverse discipline, dalla ecotossicologia alla chimica ambientale e la biologia. Sono stati tuttavia fondamentali anche gli apporti di sociologici, economici e di diritto.

Al centro dell’indagine, la biodiversità in ogni sua dimensione. Da quella strutturale a quella funzionale, dai sistemi agricoli ai giardini agli spazi verdi, fino alle profondità dell’oceano.

Tra gli impatti dei fitofarmaci c’è la contaminazione ambientale

Lo studio rivela un livello di contaminazione diffuso, «che raggiungerà tutti gli ambienti, implicando una diversità di sostanze attive, di prodotti di trasformazione di queste, di additivi e di ecoformulati utilizzati nelle formulazioni commerciali», spiega Wilfried Sanchez, direttore scientifico aggiunto dell’Ifremer.

La contaminazione naturalmente colpisce in maniera maggiore le aree agricole più vicine ai luoghi di utilizzo di queste sostanze, ma si diffonde a macchia d’olio raggiungendo anche gli oceani. In alcune zone costiere è stato infatti possibile trovare sostanze come il glifosato, con concentrazioni dell’ordine del microgrammo per litro. «Cioè 100 o 1000 volte più di altre molecole», sottolinea Sanchez.

L’altro dato preoccupante è che alcune sostanze ormai bandite da decenni, come il DDT, siano ancora presenti, anche a centinaia e a migliaia di chilometri dai luoghi di utilizzo, nei fondali, nei sedimenti e negli organismi marini.

Tra gli impatti dei fitofarmaci il «declino di alcune popolazioni»

L’impatto dei prodotti fitosanitari sulla biodiversità resta complesso da misurare perché interagisce con altre sostanze. I residui di farmaci e altre sostanze inquinanti aggravano situazioni ecosistemiche già corrotte da cambiamenti climatici, sfruttamento delle risorse e distruzione degli habitat naturali. Stéphane Pesc, ricercatore in ecotossicologia degli ambienti acquatici all’Inrae, è sicuro di poter «affermare, in modo robusto, che i prodotti fitosanitari sono una delle cause del declino di alcune popolazioni».

Primi della lista gli invertebrati terrestri come insetti impollinatori, coleotteri predatori di alcuni parassiti come le coccinelle, ma anche uccelli e anfibi. «Per gli invertebrati terrestri e gli uccelli, l’ultimo rapporto dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) segnala un rischio di estinzione a breve termine del 9-15% delle specie censite in Europa. I nostri lavori dimostrano che alcuni prodotti fitosanitari attualmente presenti nell’ambiente contribuiscono fortemente a questo rischio», ha commentato Pesc. Vivere lungo corsi d’acqua non tutela gli invertebrati; se si trovano in prossimità di coltura il rischio di essere colpiti è molto elevato e lo studio afferma che potrebbero perdere fino al 40% del proprio serbatoio di specie.

Gli impatti indiretti 

Lo studio effettua anche una distinzione tra impatti diretti e indiretti: «Gli uccelli che si nutrono di semi saranno direttamente contaminati dagli inquinanti. Coloro che si nutrono di insetti saranno colpiti dalla rarefazione della risorsa alimentare a causa del declino delle popolazioni di insetti», spiegano i ricercatori.

Tra gli effetti registrati ci sono la perdita di orientamento, l’alterazione delle capacità di volo, deficienze immunitarie o cambiamenti di comportamento. Si tratta tuttavia di effetti relativi alla singola specie, ma va tenuto conto anche del ruolo ecologico delle varie specie all’interno degli ecosistemi. Esistono ad esempio alcuni microrganismi che aiutano a degradare i rifiuti. Alcune piante sono l’habitat di determinati viventi, e fanno da cuscinetto per gli inquinanti.

I fitosanitari hanno però impatti anche sui servizi ecosistemici, i benefici cioè che il genere umano trae dalla natura. Sul tema esiste poca letteratura scientifica ma sappiamo alcune cose. Se la produzione di piante beneficia di fitofarmaci, l’impollinazione e la lotta ai parassiti al contrario ne ricavano effetti negativi.

Come limitare gli impatti dei fitofarmaci sull’ambiente?

Lo studio elenca diverse leve sulle quali fare pressione per giungere a ridurre gli effetti di questi pesticidi sull’ambiente. Serve innanzitutto limitarne le quantità d’utilizzo e tener conto di fattori naturali come vento o pioggia nei momenti di trattamento. Gli esperti tuttavia suggeriscono anche di agire sulle sostanze attraverso una sorta di biocontrollo, guardando al comportamento degli organismi viventi. Un ulteriore rimedio suggerito è infine quello di coprire il suolo per intercettare queste sostanze e non farle penetrare. In questo modo si abbasserebbe del 10% la concentrazione. Si tratta di soluzioni parziali, nessuna delle quali da sola può essere sufficiente, ma questa combinazione di leve può limitarli», ha spiegato Laure Mamy, ricercatrice in scienze del suolo all’Inrae.

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