Le “carbo-ambizioni” del governo Cameron

Il Dipartimento dell’Energia ha recentemente lanciato un piano pluriennale di finanziamenti per fare del Regno Unito un paese leader nello sviluppo della tecnologia CCS

Nella strategia ambientale del governo Cameron il sistema di cattura e sequestro di anidride carbonica (CCS – Carbon Capture and Storage) è stato identificato come un elemento sostanziale della transizione verso un’economia low carbon. I prossimi anni sono considerati di cruciale importanza per determinare se la tecnologia CCS sia economicamente robusta e replicabile su vasta scala, sopratutto nelle centrali elettriche alimentate da combustibili fossili. Il Dipartimento per l’Energia (DECC) ha recentemente annunciato un programma di finanziamenti e supporto alla ricerca, con l’obiettivo di fare del Regno Unito un paese leader nello sviluppo e commercializzazione degli impianti di cattura e stoccaggio da qui al 2020. La “CCS Roadmap” è stata accolta in maniera favorevole da organizzazioni imprenditoriali ed una parte consistente del mondo ambientalista, anche se non sono mancate le voci di dissenso, sia in merito alle credenziali ecologiche del CCS che delle concrete potenzialità di sviluppo nei prossimi anni.

Prima di entrare nel merito del programma promosso dal governo inglese, è utile un breve excursus tecnico sul funzionamento degli impianti di cattura e stoccaggio. Come suggerisce il nome stesso, il sistema raccoglie l’anidride carbonica in uscita da centrali elettriche ed impianti industriali, fino al 90% secondo le stime dell’inglese Carbon Capture and Storage Association. La cattura può avvenire prima o dopo la combustione. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, l’associazione mette a disposizione brevi video guide di facile consultazione. Il gas raccolto e compresso viene trasportato in siti di stoccaggio, quali depositi di idrocarburi in disuso o formazioni porose sotterranee contenenti acqua salata (acquiferi). L’anidride carbonica può anche essere iniettata in giacimenti di idrocarburi attivi ma in fase calante per aumentarne la quantità estratta (EHR – Enhanced Hydrocarbon Recovery). Si tratta di un tecnica diffusa soprattutto in ambito statunitense.

Come riportato da Rinnovabili.it, il governo di sua Maestà ha recentemente lanciato un programma pluriennale per il finanziamento di progetti pilota CCS nelle centrali che producono energia elettrica da gas e carbone, mettendo a disposizione un miliardo di sterline da investire tra il 2016 e il 2020. Si tratta del secondo tentativo del Dipartimento dell’Energia di indirizzare risorse verso lo sviluppo domestico di questa tecnologia dopo l’esito fallimentare di un primo programma, conclusosi lo scorso autunno con l’abbandono dell’ultimo progetto rimasto in gara. Imparando dagli errori commessi, il governo ha deciso di rendere più flessibili i termini di accesso ai sussidi e di fornire agli operatori garanzie di medio-lungo periodo che rendano l’investimento attraente. Gli impianti muniti di sistema di cattura potranno infatti contare su agevolazioni tariffarie (i “Contracts of difference” sui prezzi dell’elettricità che entreranno in vigore con l’imminente riforma del mercato) ed sull’introduzione del Carbon Floor Price (16 sterline ogni tonnellata da aprile 2013 con aumenti costanti negli anni). Il governo ha inoltre accantonato 125 milioni di sterline a favore della ricerca e stabilito un apposito istituto con base ad Edimburgo.

Nell’analisi costi-benefici, il DECC ha enumerato una serie di vantaggi competitivi che favorirebbero il Regno Unito nello sviluppo della tecnologia CCS: un reticolo di pozzi e siti di  stoccaggio disponibili nel mare nel Nord, l’esperienza pluridecennale accumulata nell’estrazione di gas e petrolio, l’esistenza di agglomerati industriali e centrali elettriche (i cosiddetti clusters) che permetterebbero sinergie nella realizzazione degli impianti. Le ricadute economiche si aggirano tra i 4,5 e i 10 miliardi di dollari al 2020 per un giro d’affari annuale che tocca oggi i quaranta miliardi di dollari.

Tramite finanziamenti mirati ed un efficace regime regolamentare, il governo intende fornire un supporto iniziale all’industria di settore, soprattutto nella realizzazione di siti dimostrativi. Si tratta di una collaborazione pubblico-privato comune ad altre iniziative di politica ambientale promosse dalla coalizione liberal-conservatore, quali per esempio la Green Bank, munita di fondi statali ma diretta ad attrarre investimenti privati, ed il Green Deal, per il rinnovo delle abitazione domestiche in chiave di efficienza e sostenibilità. La filosofia del governo Cameron richiama alcuni tratti di politica industriale: il settore pubblico contribuisce ad individuare le industrie ritenute più promettenti e favorisce le condizioni in cui gli operatori privati siano in grado di proliferare. Nel caso degli impianti di cattura e stoccaggio, l’obiettivo è di creare un mercato maturo ed indipendente già dal prossimo decennio.

Tuttavia alcuni punti interrogativi permangono sulle reali potenzialità dei sistemi CCS. L’Energy Resource Centre ha per esempio giudicato come eccessivamente rischiosa la strategia del DECC di fare affidamento su di una tecnologia che ha ancora bisogno di essere testata su vasta scala. Secondo le stime del Ministero, infatti, i sistemi di cattura e stoccaggio dovranno contribuire in maniera sostanziale al raggiungimento degli obiettivi nazionali vincolanti di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (del 50% al 2030 e dell’80% al 2050). Se la diffusione degli impianti non dovesse avvenire secondo i tempi e le modalità previste, la strategia ambientale nazionale dovrà subire delle modifiche tutt’altro che secondarie. Vari commentatori hanno invitato il governo ad elaborare comunque un piano di riserva da utilizzare in caso di necessità. La tecnologia CCS potrebbe infatti fallire nelle sue ambizioni di diventare competitiva con altre opzioni low carbon.

Friends of the Earth e Greenpeace hanno inoltre giudicato con disappunto la scelta del governo di esentare le centrali a gas dall’obbligo di sistemi di cattura e stoccaggio fino al 2045. Secondo le associazioni ambientaliste, i combustibili fossili continueranno ad occupare un ruolo di eccessiva preminenza nell’approvvigionamento energetico del paese, con il rischio di generare ulteriori aumenti in bolletta e limitare i tagli alle emissioni di gas inquinanti.

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