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La crescita infelice

La crescita infelice

 

Che nell’acquario di casa non possa crescere una balena è una affermazione che non ha bisogno di dimostrazioni. Che su un pianeta di cui conosciamo le dimensioni e i meccanismi che regolano la vita non possa crescere all’infinito una popolazione umana, che per giunta pretende di far crescere indefinitamente anche i consumi pro capite, ben lo sanno gli scienziati, ed è facile farlo capire a un bambino; eppure la maggior parte dei politici e degli economisti si rifiutano di ammettere questa banale verità, al punto di trascinare il mondo attraverso un presente complicato e verso un futuro drammatico.

 

Il capitalismo, avendo nascosto sotto l’asettica virtualità del capitale la realtà di un pianeta complesso e limitato, ha portato l’economia mondiale in una sfera ideale di numeri che possono moltiplicarsi e crescere all’infinito. Questa illusione ci ha accompagnato lungo almeno due secoli di progresso inimmaginabile, lungo i quali la popolazione mondiale è passata da poco meno di un miliardo ai quasi 7 miliardi e mezzo di oggi. Ciò ci ha convinti che l’unico possibile progresso fosse crescere, fare in modo che crescano sempre più velocemente i consumi di risorse da parte della specie umana e la sua occupazione di “spazio ambientale”, estromettendo la quasi totalità delle specie esistenti in ogni angolo del pianeta che si va a colonizzare.
L’unica preoccupazione è come sostituire le risorse che via via presentano delle criticità quantitative o ambientali: e così dal legno si è passati al carbone, affiancato presto dal petrolio e poi dal più pulito metano. Ora gli scisti bituminosi sembrano poter sostituire il fallimento economico del nucleare…e poi ci sarà il solare…e poi, e poi…chissà. La virtualità numerica del capitale misura solo quantità. Ma oggi gli scienziati lanciano l’allarme sulla distruzione dei meccanismi ecologici che garantiscono la vita sulla Terra; parliamo dei cosiddetti “global change”, i cambiamenti globali: la crisi climatica, la diffusione di materiali radioattivi e molecole tossiche prodotti dall’uomo, l’estinzione crescente di specie, ecc.

 

Sul nostro pianeta, ogni sistema organizzato inizialmente cresce nella capacità di catturare una quota sempre maggiore dell’energia disponibile, dopodiché cresce solo in complessità, in biodiversità, per aumentare il tempo di circolazione e gli effetti positivi dell’energia che riceve. La specie umana apparsa 3 milioni di anni fa è il prodotto di questo meccanismo che si chiama evoluzione, che ha garantito lo sviluppo della biosfera attraverso 3 miliardi di anni. Eppure oggi abbiamo intrapreso un cammino opposto e suicida: distruggere differenze biologiche e culturali attraverso la semplificazione degli ambienti antropizzati e la standardizzazione dei processi economici e produttivi. Dieci anni fa è entrato in crisi anche il sistema finanziario su cui si regge il capitalismo moderno. Inizialmente si è detto che fosse una crisi transitoria legata agli scompensi creati dalla speculazione immobiliare negli USA e che si sarebbe risolta in un paio di anni. In pochi dicevamo allora che la crisi contingente era solo la punta dell’iceberg di una crisi strutturale del sistema. Dopo 10 anni siamo ancora in piena crisi e la crescita balbettante produce crescenti differenze economiche e sociali, causa di tensioni e conflitti interni e internazionali, aggiungendo alle previsioni fosche sulle crisi ambientali, la lacerazione del tessuto sociale, rigurgiti di individualismo nazionalista, e, per dirla con Papa Francesco, una drammatica “guerra mondiale a pezzi”, combattuta dalle numerose parti in causa con una brutalità disumana che azzera millenni di conquiste di civiltà.

 

Questo è l’anno che oggi inizia; a poche ore dal suo inizio, si sono già spesi nel mondo circa 150.000 $ in videogiochi, 3 miliardi e mezzo di dollari in armamenti, sono state emesse 73,5 milioni di tonnellate di CO2, i deserti sono aumentati di 23.500 ettari, sono morte di fame 22.000 persone, sono morti 15.000 bambini con meno di 5 anni, sono state fumate 11 miliardi di sigarette e sono morte circa 10.000 persone per il fumo, sono stati spesi già circa 800 milioni di dollari per la droga…
Questa sarebbe la crescita felice?
Smettiamo di seguire gli sciacalli che soffiano sul fuoco dell’egoismo, perché nessuno e nessun popolo, di fronte ai cambiamenti globali, può salvarsi da solo. Costruiamo insieme un anno di pace per un futuro di benessere per tutti.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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