I rifiuti elettronici sono in crescita e non si fermeranno
(Rinnovabili.it) – È l’anno record per i rifiuti elettronici, che hanno raggiunto un peso complessivo di 45 milioni di tonnellate in tutto il mondo nel 2016, gettando alle ortiche quantità cospicue di metalli preziosi come l’oro e il rame. Sono ancora troppo pochi i televisori, cellulari o altri prodotti che finiscono – una volta raggiunto il fine vita – nella filiera del riciclo. Lo denuncia un nuovo studio, condotto congiuntamente dall’Università delle Nazioni Unite, l’International Telecommunication Union e l’International Solid Waste Association. Secondo la ricerca, l’aumento dei redditi e l’abbassamento dei prezzi dei dispositivi elettronici, dai pannelli solari ai frigoriferi, ha fatto crescere la quantità di rifiuti dell’8% rispetto all’ultima rilevazione, datata 2014. Allora, gli esperti delle Nazioni Unite stimavano 41 milioni di tonnellate di “elettrospazzatura”.
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Il trend non sembra destinato a migliorare: l’ONU stima che i rifiuti elettronici saliranno a 52,2 milioni di tonnellate nel 2021. La maggior parte viene, e continuerà ad arrivare, dalla Cina. Il dragone getta via 7,2 milioni di tonnellate di materiale elettronico, più degli Stati Uniti, che si classificano secondi. L’Australia e la Nuova Zelanda hanno invece generato la più alta quantità di e-waste per abitante, con 17,3 kg pro capite, ma solo il 6% è stato raccolto e riciclato. L’Europa, da questo punto di vista, pur non eccellendo, fa registrare i più alti tassi di raccolta, attestandosi al 35%.
Questa escalation nella produzione di rifiuti estende le sue radici nel consumismo delle società contemporanee: molte persone gettano anzitempo i loro dispositivi per acquistare gli ultimi modelli, o perché le riparazioni sono talvolta più costose rispetto alle sostituzioni.
pur facendo tanto nel mondo del raee, c’è ancora una scarsa conoscenza della questione, trovo difficile che il semplice cittadino sappia cosa butta quando lo fa. Una buona informazione sin dalle scuole porterebbe la piena coscienza di ciò nelle nuove generazioni. certo il mondo non lo fa, ma cominciamo noi paesi evoluti