Rinnovabili • Green Deal: i conflitti di interessi che legano la Commissione UE alle fossili

Conflitti di interessi all’ombra del Green Deal

L’Ong ricostruisce in un rapporto appena pubblicato tutti i legami, più o meno espliciti, tra l’industria fossile e due commissarie UE (Kyriakides per Salute e Sicurezza alimentare, Vălean per i Trasporti) e il rappresentante per la politica estera Borrell

Green Deal: i conflitti di interessi che legano la Commissione UE alle fossili
Photo Credit: European Commission Audiovisual Service

Global Witness mette in luce i legami di Bruxelles con l’industria fossile che indeboliscono il Green Deal

(Rinnovabili.it) – Josep  Borrell, Stella Kyriakides e Adina Vălean hanno in comune due cose. La prima è che sono esponenti di punta della Commissione von der Leyen. Borrell è l’Alto rappresentante per la politica estera europea, in pratica il ministro degli Esteri di Bruxelles. Kyriakides e Vălean sono rispettivamente commissarie alla Salute e alla Sicurezza alimentare, e ai Trasporti. La seconda caratteristica in comune è che hanno tutti e 3 stretti legami con l’industria fossile. Non una credenziale da sbandierare, per riuscire a trovare un posto nell’esecutivo incardinato sul Green Deal e sulla transizione energetica del continente.

Lo ha rivelato l’ong Global Witness dopo aver scavato nelle loro Declaration of interests, la dichiarazione con cui attestano che non esistono conflitti di interessi con gli incarichi che ricoprono. Ma Global Witness fa notare che queste dichiarazioni sono per lo meno avventate.

Secondo Global Witness, questi rapporti con l’industria fossile “sollevano seri interrogativi sulla capacità dell’attuale Commissione di affrontare la questione politica più urgente del nostro tempo”, la crisi climatica. E passa in rassegna frequentazioni, incarichi e sfera familiare dei tre funzionari europei.

Chi rema contro il Green Deal

Stella Kyriakides – La commissaria cipriota è legata all’industria fossile tramite il marito, che è direttore di Motor Oil Holdings Ltd e Petroventure Holdings Limited, due compagnie di Cipro che controllano il 40% di Motor Oil Hellas, azienda greca che si occupa di raffinazione e commercio di greggio. Lo fa tramite la Corinth Refinery, che sforna quasi 190mila barili di petrolio al giorno e circa la metà di altri prodotti derivati. Global Witness fa i conti e stima che queste operazioni, da sole, sono responsabili per 1/3 delle emissioni annuali di tutta la Grecia.

Adina Vălean – La commissaria romena ha dei legami più sfumati, meno lineari ma non meno significativi. Esperienze lavorative precedenti la collegano allo zar del petrolio romeno. Ma Vălean è più vicina ancra agli interessi delle compagnie del gas. Alla COP24 era la prima delegata UE, solo 6 mesi prima era conferenziera per il ritrovo annuale della Gas Industry Europe. Nel 2017 aveva organizzato eventi per il gruppo Gasnaturally, ripetuti anche nel 2019 e anche pochi giorni prima della sua audizione per conferma nel ruolo di commissaria nell’euroesecutivo del Green Deal. Tutte queste realtà industriali del gas ricevono fondi dal CEF, la Connecting Europe Facility europea creata – proprio da Vălean – per supportare l’industria fossile.

Josep Borrell – Il capo della diplomazia UE ha una carriera tutta nell’oil&gas, con dei profili di possibile incompatibilità con l’attuale incarico. Ha lavorato per 10 anni come ingegnere per Cepsa, la compagnia petrolifera statale spagnola. Poi a libro paga di Abengoa, un’azienda energetica spagnola. Affiliazione che ha tenuto nascosta per un po’ e che, quando è diventata pubblica, gli è costata la presidenza dell’European University Institute da cui si è dovuto dimettere nel 2012. Nel 2018 è stato addirittura multato dall’autorità spagnola di controllo per insider trading: aveva fatto vendere dei pacchetti azionari grazie a informazioni riservate di cui era in possesso in quanto membro del board di Abengoa. Il cui business è, tra le altre cose, promuovere le centrali termoelettriche a ciclo combinato, impianti a gas che vengono presentati come opzione plausibile per mantenere il gas come energia di transizione in Europa (e quindi continuare a ricevere sovvenzioni).

About Author / La Redazione

Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.