Per la Legge sul ripristino della natura, l’UE prepara un percorso a ostacoli

I paesi UE preparano una controproposta piena di scappatoie per non rispettare gli obiettivi vincolanti. Mentre a Strasburgo il PPE si ritira sull’Aventino e pretende che la Commissione ritiri la proposta

Legge sul ripristino della natura: il fronte del no gonfia i muscoli in UE
Foto di Marisa04 da Pixabay

Sia i Ventisette che l’Europarlamento frenano sulla Nature Restoration Law

(Rinnovabili.it) – La “pausa” nell’approvare leggi UE per clima e ambiente chiesta dal presidente francese Macron sta mietendo la sua prima vittima. La legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) – l’architrave della politica sulla biodiversità della Commissione Europea – viene strattonata sia dai Ventisette che da una parte dell’Europarlamento a suon di modifiche che la indeboliscono fino a snaturarla.

I Ventisette contro la Legge sul ripristino della natura

L’ultima spallata arriva dai paesi membri. E riguarda le torbiere. Ecosistemi che occupano uno spazio ridotto – solo il 3% della superficie terrestre – ma trattengono la stessa quantità di carbonio dell’intera vegetazione del Pianeta. Per questa ragione la Commissione proponeva di tutelarle in modo particolare, con obiettivi incrementali vincolanti per il loro ripristino.

La controproposta dei Ventisette compie due mosse: indebolisce gli obiettivi e introduce delle clausole che, di fatto, permettono ai paesi UE di non rispettarli. Come? Il primo passo è abbassare l’asticella dell’ambizione. Se la Commissione proponeva come target per il ripristino delle torbiere oggi utilizzate dall’agricoltura il 30% entro il 2030, per poi arrivare al 50% al 2040 e al 70% al 2050, la sforbiciata dei Ventisette abbassa di 10 e 20 punti gli ultimi due obiettivi.

La seconda mossa introduce delle condizioni alle quali gli stati possono non rispettare i target. “L’estensione della riumidificazione delle torbiere in uso agricolo può essere ridotta a meno di quanto richiesto… se tale riumidificazione può avere impatti negativi significativi su infrastrutture, edifici, adattamento al clima o altri interessi pubblici”, si legge nel documento preparato dai paesi UE e visto in anteprima da Reuters. In pratica si accorda una grande discrezionalità ai singoli paesi.

Anche l’Europarlamento fa lo sgambetto

E mentre contro la Legge sul ripristino della natura lancia strali il Copa-Cogeca, il potente sindacato degli agricoltori europei che si sta mobilitando ai livelli visti solo durante i negoziati per la nuova politica agricola comune, anche nelle stanze dell’Europarlamento qualcosa scricchiola. La scorsa settimana la capo negoziatrice dei Popolari, Christine Schneider, ha annunciato che il gruppo si ritira dai negoziati. E chiede addirittura alla Commissione di ritirare la proposta, oltre a usare anche la solita strategia per dilatare i tempi dell’approvazione a dismisura, cioè richiedere analisi di impatto e valutazioni costi-benefici.

“La legge è stata elaborata male e rappresenta un attacco all’agricoltura, alla silvicoltura e alla pesca europee. Se la Commissione è seriamente interessata al ripristino della natura, dovrebbe presentare al più presto una nuova proposta”, ha affermato Schneider.

Un’alzata di scudi da entrambi i co-legislatori UE che rivela tutte le fragilità dell’ultimatum lanciato dalla Commissione. Per voce del vice-presidente con delega al Clima, Frans Timmermans, l’esecutivo UE aveva provato a blindare la Legge sul ripristino della natura, che contiene anche importanti target per la riduzione dei pesticidi, legandola a doppio filo alla proposta – che dovrebbe essere presentata a giugno – per legalizzare le tecnologie di evoluzione assistita (TEA) o New breeding techniques (NBTs), fortemente voluta da molti paesi UE e dalle lobby agricole.

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