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Raee: Emilia-Romagna terza in Italia per quantitativi assoluti

Freda: "Promuovere il riciclo ed evitare canali paralleli di smaltimento"

EmiliaL’Emilia-Romagna è la terza regione in Italia per raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (i Raee). Rifiuti molto speciali che hanno un forte impatto ambientale: sono ciò che rimane degli elettrodomestici, piccoli e grandi, e degli oggetti tecnologici che utilizziamo tutti i giorni, come pc e telefoni cellulari, dopo che hanno smesso di funzionare. La loro raccolta e recupero ha da tempo assunto un ruolo fondamentale per quanto riguarda la tutela dell’ambiente: trattandosi di rifiuti spesso pericolosi, disperderli nell’ambiente o non trattarli opportunamente contribuirebbe a inquinare l’habitat e a porre a rischio la salute dei cittadini. Ma c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: rappresentano materie importanti e il loro recupero permette di riutilizzarle nei cicli produttivi.

 

 

“Fra gli obiettivi del Piano regionale di gestione dei rifiuti – ha dichiarato l’assessore regionale all’Ambiente e alla Riqualificazione urbana Sabrina Freda – c’è la prevenzione della produzione di Raee, promuovendone il reimpiego, il riciclo e le altre forme di recupero dei componenti degli apparecchi elettrici ed elettronici, evitando soprattutto i canali paralleli di smaltimento non controllati e poco attenti al rispetto dell’ambiente. Si dovrà ridurre la quantità di Raee da avviare a smaltimento: gli operatori direttamente coinvolti nel loro trattamento dovranno diminuire l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, preoccupandosi di affiancare alla distribuzione la possibilità del ritiro dei Raee, consentendo ai consumatori di separarli correttamente. Inoltre, da tempo la Regione si è attivata con progetti per il recupero di questo tipo di rifiuti come ‘Raee in carcere’, grazie al quale detenuti ed ex-detenuti lavorano allo smontaggio degli apparecchi provenienti dalle isole ecologiche per avviarli a successivo recupero e potenziare la rete di raccolta, promuovendo allo stesso tempo il loro inserimento socio-lavorativo”.
Il dossier sulla gestione presentato questa mattina dal Centro Coordinamento Raee per l’anno 2012evidenzia per la prima volta in cinque anni in Emilia-Romagna una contrazione dei volumi raccolti, in linea col dato medio italiano, condizionato anche dalla crisi (si comprano meno elettrodomestici) e dall’aumento dei prezzi delle materie prime che ha portato a una ricerca sempre più diffusa del riciclo di materiali speciali, in particolari metalli preziosi e leghe metalliche contenuti nei Raee, facendo sviluppare canali alternativi di smaltimento poco attenti agli impatti ambientali. In ogni caso la Regione si conferma la terza in Italia per quantitativi assoluti di Raee con quasi 23.194 tonnellate gestite dai Sistemi collettivi, e un valore medio pro-capite di 5,34 kg per abitante, significativamente più alto della media nazionale, pari a 4 kg per abitante. Per quanto riguarda i cinque raggruppamenti, il primato di raccolta spetta a tv e monitor (R3) con 7.246.531 kg, seguito dai grandi bianchi (R2) con 6.752.738 kg e dagli apparecchi refrigeranti con (R1) con 5.354.300 kg. Buoni risultati anche per i piccoli elettrodomestici (R4), che totalizzano 3.738.539 kg.
“Siamo particolarmente soddisfatti di presentare anche quest’anno il rapporto dettagliato sulla gestione dei Raee insieme alla Regione Emilia Romagna – ha sottolineato il direttore generale del Centro di Coordinamento Raee, Fabrizio Longoni – che, in collaborazione con le Province e i Comuni, sta raggiungendo risultati importanti nella raccolta e nel riciclo di questa particolare tipologia di rifiuti. Ringraziamo i cittadini e gli addetti ai lavori che hanno contribuito a mantenere alta la quota di raccolta, permettendo alla Regione di classificarsi al terzo posto in Italia per quantitativi assoluti. I dati registrati dimostrano inoltre una buona rete di raccolta che consente di servire il 100% della popolazione. Nonostante l’impegno di tutti, tuttavia, anche in Emilia Romagna, come nel resto d’Italia, si registra un decremento dei quantitativi gestiti. Tra le cause di questa flessione la crisi economica che sta investendo tutti i settori. Dobbiamo, tuttavia, superare questa difficoltà con l’aiuto di tutti i soggetti coinvolti anche alla luce della nuova Direttiva europea approvata nel 2012, che fissa, a partire dal 2016, degli obiettivi di raccolta molto più ambiziosi”.

 

La rete di raccolta regionale, efficiente e articolata, è costituita da sette luoghi di raggruppamento e soprattutto da 358 centri di raccolta che servono il 100% della popolazione residente. Queste strutture sono il frutto di un impegno che la Regione, in collaborazione con le Province ed i Comuni, sta portando avanti ormai da diverso tempo.
In particolare, la provincia di Bologna si colloca al secondo posto nel 2012 per quantitativi pro capite raccolti di Raee tra le Province della Regione con 5,99 kg/ab (5.846.847 kg totali), nonostante una flessione sulla raccolta rispetto al 2011 del 19,75%. I centri di raccolta totali risultano 61, a cui si aggiungono 4 luoghi di raggruppamento della distribuzione. I centri di conferimento ogni 100.000 abitanti si attestano quindi a 6,25 strutture. Tra i raggruppamenti, tv e monitor (R3) risultano i più raccolti con 2.031.617 kg, quasi il 35% sul totale. Seguono le apparecchiature refrigeranti (R1), con una percentuale del 27,56%, e i grandi bianchi (R2) con il 23,17%. Fra i Comuni più virtuosi da segnalare Marzabotto, con ben 151,02 kg pro capite raccolti.
Fra le altre province, al primo posto si colloca Modena, con 6 kg/ab di Raee raccolti (4.112.720 kg in totale) e, dopo Bologna, seguono Ravenna (5,47 kg/ab, 2.105.949 totali), Reggio Emilia (5,25 kg/ab, 2.714.406 kg totali), Piacenza (5,22 kg/ab, 1.485.970 totali), Ferrara (5,02 kg/ab, 1.773.297 totali),Rimini (4,86 kg/ab, 1.562.656 totali), Parma (4,77 kg/ab, 2.039.133 totali) e Forlì-Cesena (3,97 kg/ab, 1.552.685 totali).

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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