Rinnovabili • Rifiuti urbani: con 505 kg a testa, l’Italia si conferma nella media europea

L’Italia è lontana dagli obiettivi europei sui rifiuti

Conferiamo ancora troppi rifiuti in discarica: servono almeno 30 impianti su tutto il territorio nazionale per raggiungere gli obiettivi europei sui rifiuti

Rifiuti urbani: con 505 kg a testa, l’Italia si conferma nella media europea
Foto di imordaf da Pixabay

(Rinnovabili.it) – Da Bruxelles ci chiedono di non conferire in discarica più del 10% dei rifiuti ma per il nostro Paese questi obiettivi europei sono ancora troppo lontani. Il report di Utilitalia, la federazione delle imprese dei servizi pubblici idrici, energetici e ambientale presentato a Ecomondo, prospetta un quadro particolarmente negativo che conferma il trend delle precedenti edizioni e, in alcuni casi, lo peggiora. 

Se brilliamo per il riciclaggio di vetro, plastica e carta, abbiamo ancora un problema macroscopico nel trattamento dell’organico e degli scarti, per i quali mancano almeno trenta impianti per raggiungere gli obiettivi europei e fermare quello che è definito il “turismo della spazzatura”, che ogni anno sposta almeno 6 milioni di tonnellate di rifiuti dal Sud agli impianti del Nord. 

La federazione chiede interventi urgenti del governo: «Senza una decisa inversione di tendenza sarà impossibile raggiungere i target Ue che prevedono sul totale dei rifiuti raccolti, entro 15 anni, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota inferiore al 10%». 

Troppi rifiuti in discarica: obiettivi europei sempre più lontani

Se il nostro Paese svetta per quanto riguarda le classifiche UE sul riciclaggio di vetro, carta e plastica, gli obiettivi europei sui rifiuti restano una chimera a causa della gestione non virtuosa di organico e scarti, per i quali siamo molto in ritardo. 

Troppi scarti recuperabili finiscono in discarica, e mancano almeno 30 impianti per chiudere il ciclo dei rifiuti. Questo determina, tra le altre cose, che paghiamo una serie di multe che svuotano le casse dello Stato di 67 milioni l’anno, cui vanno sommati altri 75 milioni di extracosti pagati dai cittadini con la Tari. 

Le discariche sono troppe, e comunque non sufficienti alla domanda soprattutto al Centro e al Sud, dove molte sono in via di esaurimento. Questo impone il cosiddetto “turismo dei rifiuti”, lo spostamento cioè di ciò che non può essere smaltito verso le regioni del Nord, dove finisce nei termovalorizzatori: ogni anno ci sono più di 120 mila spedizioni di questo genere, tutte finanziate direttamente dalle tasche dei cittadini mediante la Tari. 

Un paese spaccato

Il documento mostra come ci sia una forte spaccatura nel nostro Paese, con le regioni settentrionali con un numero congruo di impianti, e un deficit di almeno 2,4 milioni di tonnellate rifiuti e materiali da smaltire al Centro. Al Sud il deficit arriva a 2 tonnellate, ma solo per la presenza di un numero maggiore di discariche. Solo in Sicilia, inoltre, ci sono 1,1 milioni di tonnellate in più. 

«Senza impianti di digestione anaerobica e termovalorizzatori – ha spiegato Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia – non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un’ ottica di economia circolare. I dati dimostrano che la raccolta differenziata per il riciclo e gli impianti non sono due elementi contrapposti, anzi: i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata, non a caso, sono proprio quelli in cui è presente il maggior numero di impianti. Quest’ anno evidenziamo finalmente un’ inversione di tendenza sul fronte della digestione anaerobica: alcuni nuovi impianti stanno per entrare in esercizio e per altri, grazie anche al Pnrr, ci sono buone prospettive di realizzazione. L’ auspicio è che nella prossima edizione dello studio potremo rendicontare una situazione diversa, in cui quel gap che in questi anni è sostanzialmente rimasto immutato cominci a ridursi ». 

Lo spettro dell’emergenza

Il mancato raggiungimento degli obiettivi europei non deriva solo dalla scarsità degli impianti e dall’ineguale distribuzione quanto dal fatto che il nostro ciclo dei rifiuti è ancora troppo legato all’utilizzo di discariche, che da sole assorbono 5,8 milioni di tonnellate di scarti urbani. Molte di queste sono in via di esaurimento. 

Lo spettro di un’emergenza sistemica sul piano nazionale è sempre più concreto e – denunciano da Utilitalia – potrebbe aggravare ulteriormente la spaccatura perché al Nord restano ancora 4 anni di vita residua, mentre per il Sud e la Sicilia gli anni sono appena due, in Sardegna uno solo. 

La soluzione, secondo la federazione, non può passare dall’aprirne di nuove senza realizzare innanzitutto impianti tecnologicamente avanzati. Senza questa innovazione sarà necessario continuare a conferire rifiuti negli impianti settentrionali, dove per altro l’obiettivo del 10% massimo in discarica è già molto vicino, nonostante manchino 12 anni. 

Con l’installazione di nuovi impianti invece – secondo Utilitalia – ci sarebbe l’ulteriore vantaggio della produzione di biometano attraverso il trattamento dei rifiuti organici e di elettricità attraverso i termovalorizzatori: esternalità che potrebbero risolvere la domanda energetica di almeno 2 milioni di cittadini, abbassando il fabbisogno nazionale del 5% all’anno e svincolando dunque l’Italia da ulteriori importazioni di gas. 

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.