Si respira un’aria diversa

  Dopo le roboanti dichiarazioni al nastro di partenza della COP21 in cui tutti i grandi della terra che sono intervenuti si sono autoassolti perché tutti hanno già fatto molto, restano i problemi sul tavolo e le emergenze irrisolte. Tra tanti primi della classe spicca il nostro premier che non ha saputo resistere alla tentazione […]

cop21

 

Dopo le roboanti dichiarazioni al nastro di partenza della COP21 in cui tutti i grandi della terra che sono intervenuti si sono autoassolti perché tutti hanno già fatto molto, restano i problemi sul tavolo e le emergenze irrisolte.

Tra tanti primi della classe spicca il nostro premier che non ha saputo resistere alla tentazione di fare annunci roboanti (4 mld entro il 2020 per combattere i cambiamenti climatici sarebbero già in legge di stabilità…. Apriamo caccia al tesoro?), dare dati sbagliati (cito testualmente dal comunicato stampa dell’ISPRA del 23 novembre 2015: “In Italia, nel 2013, le emissioni totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 16.1% rispetto all’anno base (1990)”), e essere reticente su le uniche due politiche concretamente portate avanti dal suo governo: boicottaggio delle rinnovabili (intervento retroattivo sugli incentivi, regole sul dispacciamento, nuovo decreto sulle rinnovabili non elettriche in discussione …..), che ha determinato il crollo delle nuove installazioni nel 2014 del 92% rispetto al 2011, e, ciliegiona sulla torta, rilancio delle trivellazioni! Sarebbero queste le “carte in regola” dell’Italia, per non parlare del peana a favore di Enel ed Eni, che sarebbero le nostre punte avanzate nella strategia per combattere i cambiamenti climatici.

 

In campo, al di là della retorica, abbiamo visto la difesa degli interessi delle vecchie lobby del fossile, più che la spinta a passi concreti ed immediati. Oltre al fatto che gli impegni di riduzione fin qui assunti dai governi, responsabili di circa il 90% delle emissioni globali, se rigorosamente attuati, sono solo sufficienti a ridurre di circa un grado il trend attuale di crescita delle emissioni di gas-serra con una traiettoria di aumento della temperatura globale che si attesta verso i 2.7°C, ben al di sopra della soglia critica dei 2°C. E ancor più rispetto al limite di 1.5°C richiesto da 106 paesi in via di sviluppo per garantire maggiore sicurezza alle loro comunità vulnerabili.

 

Ma è anche vero che si respira un’aria diversa.

C’è la sensazione che il clima sia al centro del problema, anche nella geopolitica mondiale, finalmente emerge che i signori della guerra sono anche i signori del petrolio e che lì bisogna intervenire per cominciare a risolvere quella che Papa Francesco ha chiamato la terza guerra mondiale a pezzi”.

Che c’è un profondo legame tra guerre e cambiamenti climatici e che i profughi ambientali sono la quota più rilevante delle attuali migrazioni.

Che la questione climatica non è più solo questione per addetti ai lavori o per le diplomazie dei grandi della terra, ma è una questione popolare che in milioni di persone hanno davanti agli occhi, come ben dimostra la straordinaria mobilitazione di domenica 29.

Che non si può fondare una seria politica di mitigazione dei cambiamenti climatici se non si eliminano i sussidi alle fossili (nel 2015 i sussidi alle fonti fossili, secondo il FMI, raggiungeranno l’astronomica cifra di 5.300 miliardi di dollari, ossia il 6.5% del PIL globale, considerando i sussidi diretti e indiretti come le esternalità ambientali e sanitarie; in Europa parliamo di 221 miliardi di dollari, con 68 miliardi di dollari per i soli sussidi diretti).

 

Parigi deve essere il luogo delle scelte forti ed ambiziose: porre fine all’età delle fonti fossili, a partire dal taglio ai sussidi entro il 2020, sostenere senza ambiguità la nuova era delle rinnovabili, risorse disponibili per  costruire comunità resilienti (il FMI stima che – grazie all’eliminazione dei sussidi diretti e indiretti – si renderebbero disponibili almeno 1.800 miliardi di dollari). Serve un accordo legalmente vincolante, che comprenda anche i trasporti aerei e marittimi, per contenere il riscaldamento del pianeta ben al di sotto dei 2°C, con piani di azione dei singoli paesi verificabili e controllati, da aggiornare ogni 5 anni.

Parigi non sarà la destinazione finale del viaggio. Ma deve essere il luogo dove si decide la giusta direzione di marcia e si mettono in cantiere le necessarie azioni per progredire verso la destinazione finale senza ambiguità.

 

E’ una corsa contro il tempo. I positivi cambiamenti già in corso vanno accelerati. Serve una forte volontà politica per un irreversibile cambio di rotta. Non vi sono barriere tecnologiche o economiche che possano ostacolare il raggiungimento del 100% di rinnovabili per tutti entro il 2050. In questi anni si è anche rafforzato il fronte di imprese, cittadini, governi che sono interessati ad una soluzione reale.  La sfida è aperta.

 

di Vittorio Cogliati Dezza,  Presidente nazionale Legambiente

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