USA sommersi dai rifiuti, torna di moda l’inceneritore

Il tasso di riciclaggio e compostaggio non cresce da anni. Ogni americano produce 2kg di rifiuti al giorno. Ecco perché torna in voga l’inceneritore

USA sommersi dai rifiuti, torna di moda l’inceneritore

 

(Rinnovabili.it) – Non è lontano dalle famose spiagge di West Palm Beach, e svetta in mezzo a un territorio desolato. Il primo inceneritore nella storia americana degli ultimi 20 anni verrà acceso in tempi brevi, per smaltire 3 mila tonnellate di rifiuti al giorno, trasformandoli in elettricità per migliaia di abitazioni. Sembrava uno spettro del passato, ma il waste-to-energy è tornato di moda negli Stati Uniti, che se n’erano liberati nella seconda metà degli anni ’90. Allora l’aumento delle percentuali di riciclaggio e la riduzione dei rifiuti avevano portato entusiasmo, e l’idea di una società a rifiuti zero ronzava in molte teste.

 

Due decenni più tardi, gli americani sono costretti ad ammettere che si è rivelata un’utopia. Non perché senza inceneritori non si possa vivere, tutt’altro, ma solo perché continuano a produrre 2kg di rifiuti al giorno ciascuno. Cifre che non hanno eguali in tutto il mondo, figlie di un sistema di consumo fuori dal tempo, che sta riempiendo le discariche a ritmo insostenibile. Dopo una crescita costante nel corso degli anni ’90 (dal 16% del 1990 al 31,4% del 2005), il tasso di riciclaggio e compostaggio oggi si è fermato. La raccolta porta a porta è stata sempre più considerata un lusso costoso da molti comuni miopi.

Così, in Florida aprirà il primo inceneritore del nuovo millennio (costo: 670 milioni di dollari). mentre altri progetti sono allo studio in Massachusetts, Nevada, Virginia e Wisconsin.

 

L’Environmental Protection Agency (EPA) ha acconsentito a classificare i nuovi impianti tra le fonti di energia rinnovabile, come il solare o l’eolico, ma le strutture sono una scommessa costosa e rischiosa, che di sostenibile non ha nulla in confronto alle altre clean energies.

I gruppi ambientalisti si oppongono, sostenendo che gli impianti waste-to-energy, anche se più puliti rispetto al passato, emettono ancora mercurio, piombo, diossine e una varietà di altre sostanze tossiche.

La preoccupazione è anche finanziaria: alcune città tra cui Detroit, Camden, New Jersey, e Harrisburg, sono finite sull’orlo dell’insolvenza dopo aver costruito inceneritori costosi progettati per generare entrate attraverso le tasse per la gestione dei rifiuti.

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5 Commenti

  1. clean energies…. waste-to-energy … Tradurre in italiano quello che è perfettamente traducibile no?

    Io insisto: perchè non comunicare in italiano con gli italiani? Io ho capito, ma resta il fatto che a poco serve pubblicare notizie rese talvolta poco comprensibili dall’uso di una terminologia inglese assolutamente evitabile.

    Vedi: http://paoblog.net/2012/06/29/societa-15/

  2. Beh,
    perche’ no?
    Si tratta comunque di poter apprendere termini nuovi, in un epoca in cui bastano due “click” (tasti premuti) per trovare una traduzione.

    Trovo particolarmente miope e scocciante aver paura di imparare, anche termini di una lingua straniera (inglese o mandarino che sia).

    Poi molto poco carino pubblicizzare il proprio blog.
    Ah, come lo traduci blog?

    Pessimo.

    • Egregio Alessandro, parto dal fondo ovvero il link è stato lasciato non per pubblicizzare il Blog, ma per spiegare il mio punto di vista senza prendermi troppo spazio in questa sede.

      Circa il termine Blog, come spiegavo per l’appunto nel post “Non sono contrario a priori all’utilizzo di termini stranieri che magari possono essere intraducibili in italiano e/o scomodi da utilizzare, tanto più in certi ambiti lavorativi” ragion per cui se Blog è un termine di uso ormai comune e che permette di identificare al meglio il tutto, mi adeguo.

      Per quanto riguarda i due click, c’è da tenere presente che ci sono molte persone che navigano sulla rete, ma non per questo sanno utilizzare al meglio alcuni servizi annessi, tipo la traduzione automatica che, in ogni caso, spesso restituisce traduzioni approssimative.

      Ad esempio “waste to energy” da un traduttore automatico è stato restituito come “spreco di energia” il che mi sembra fuorviante.

      Resta il fatto che la comunicazione non passa solo attraverso la Rete ovvero mi è capitato di inviare e/o stampare il testo di un articolo e sentirmi poi cheidere “cosa signfica questo o quello” e lo stesso vale per termini utilizzati sul cartaceo oppure in televisione.

      Se esiste il termine in italiano non si fa prima a scrivere in modo tale che tutti capiscano subito al meglio?

      A meno di voler avere un’informazione elitaria dove chi sa l’inglese si informa al meglio e gli altri…

      Già abbiamo una larga fetta di italiani che non capisce quello che legge in italiano, complichiamo le cose con termini ingelsi evitabili e siamo a posto.

      Lasciare il link a questo articolo del Corriere equivale a fargli pubblicità?
      http://www.corriere.it/cultura/11_novembre_28/di-stefano-italiani-non-capiscono-la-lingua_103bb0fa-19a8-11e1-8452-a4403a89a63b.shtml

      un estratto dall’articolo: “Non bisognerebbe mai dimenticare che la conoscenza della lingua madre è il fondamento per lo studio delle altre discipline scolastiche e delle altre lingue (inglese compreso), così come è alla base della capacità di orientarsi nella società e di farsi valere nel mondo del lavoro. Sembrano constatazione banali, ma non lo sono affatto in un contesto in cui l’insegnamento dell’italiano nelle scuole soccombe all’anglofilia diffusa…”

      A proposito degli italiani che non capiscono l’informazione scritta
      De Mauro: “Analfabetismo di ritorno, ecco perché gli italiani votano con la pancia”
      Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=Yk2g3njIqwc

      Scrive Beppe Severgnini, noto per la sua miopia nei confronti dell’inglese: “L’abuso della lingua inglese in campo economico/finanziario fa ridere tutti: meno gli interessati.”

      Scriveva Maurizio Caprino (Sole24Ore): “Pensate a un’iniziativa come lo scontone Eni, dichiaratamente (e giustamente) nazionalpopolare, tanto che ha avuto il volto di Rocco Papaleo. Vi aspettereste che il sito dell’Eni metta in bella evidenza l’elenco dei distributori che aderiscono all’iniziativa. E invece no: l’elenco c’è, ma per consultarlo dovete andare sul sito di Riparti con Eni e cliccare sul misterioso bottone “Station finder”. Il significato di questa frase sarà ben noto agli uomini del marketing Eni. Ma ai vecchi del paese di Papaleo?”

      Vedi anche: http://www.nokappa.it/inglese.php

  3. Waste to Energy (WTE) è produrre energia da rifiuti in tutto il mondo anglosassone. L’equivalente italiano è Termovalorizzatori, ma il termine sembra che non piaccia molto agli pseudoambientalisti nostrani …

    • Innanzitutto i “termovalorizzatori” NON ESISTONO…

      Infatti esistono soltanto gli INCENERITORI DI RIFIUTI. Recentemente la Commissione Europea ha diffidato l’Italia dal perseverare nell’utilizzo di questo NEOLOGISMO TRUFFALDINO avente la subdola finalità di CONDIZIONARE L’IMPATTO EMOTIVO dei cittadini che, per un motivo o per un altro, non sanno nulla su queste VERE E PROPRIE FABBRICHE DI MORTE. Infatti ora li chiamano TERMOUTILIZZATORI!

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