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Una passeggiata tra gli Alberi Solari di Singapore

Serre climatizzate carbon neutral più grandi del mondo e "Alberi giganti" per il Giardino botanico di Singapore, dove l'architettura, fusa con la natura e la tecnologia, produce sostenibilità ed energia

Osservando lo skyline di Singapore, in direzione di Marina South, la nostra vista viene immediatamente catturata da alcuni altissimi elementi che, anche a distanza, ricordano dei giganteschi alberi tropicali. Si tratta del cuore pulsante del progetto per i Gardens by the Bay, i giardini botanici di Marina South, che apriranno al pubblico nel giugno 2012.

Il progetto vincitore del concorso indetto nel 2006 per la realizzazione di uno dei più grandi esempi di sostenibilità architettonica, ingegneristica e botanica, è lo studio di progettazione Wilkinson Eyre, in collaborazione con i famosi paesaggisti della Grant Associates ed il team di ingegneri dell’Atelier 10.

I Garden by the Bay occuperanno una superficie totale di 101 ettari, con una superficie coperta pari a 16.500 mq, prevalentemente riservata a due gigantesche serre, pronte a divenire le strutture climatizzate più grandi del mondo che utilizzano un sistema a basso consumo energetico ed energie rinnovabili.

La sostenibilità è un fattore chiave per la progettazione dei Giardini by the Bay di Singapore: il messaggio che i committenti volevano trasmettere, è stato perfettamente atteso dal team dei vincitori, che hanno volutamente racchiuso in un unico macro sistema, le infinite sfaccettature climatiche e vegetali del nostro Pianeta, esprimendole attraverso l’applicazione delle più moderne tecnologie rinnovabili.

Le serre bioclimatiche “carbon neutral” più grandi del mondo

Come diventerebbe il nostro Pianeta se il surriscaldamento globale avesse la meglio, arrivando a modificare le diverse aree bioclimatiche? Percorrendo i sentieri interni alle due Grandi serre, potremo esplorare dal vivo, ma senza conseguenze, gli esiti di queste catastrofiste previsioni, osservando da vicino gli habitat più a rischio.

La struttura che permetterà tutto questo è abbastanza semplice nella complessità delle sue potenzialità. Permettere il massimo guadagno solare era il primo obiettivo, indispensabile alle specie vegetali che abitano l’interno della serra; di conseguenza la struttura che meglio si prestava a questo tipo di considerazioni era la più tradizionale, nonché più efficace: uno scheletro di archi in acciaio integrato ad una superficie totalmente vetrata ad alta efficienza.

Le implicazioni climatiche del prevedibile surriscaldamento interno dovuto all’intensità dei raggi solari, sono facilmente controllate grazie a due sistemi: l’impiego di vetri ad alta efficienza, in grado cioè di lasciar passare in grande quantità i raggi luminosi (65%), limitando invece il passaggio di calore solare al 35%; l’inserimento di vele triangolari interne alla struttura vetrata, come sistema di ombreggiamento interno, apribili a seconda delle necessità ointegrate ad un sistema automatizzato per garantire il massimo comfort interno.

Per regolare la temperatura interna in tutto il corso dell’anno, sarà quindi sufficiente aprire le finestre posizionate nella parte più alta della copertura vetrata, per favorire una naturale fuoriuscita dell’aria calda e rendere la struttura completamente carbon neutral.

Il Bosco degli Alberi Giganti: Supertree

Una sorta di bosco incantato, composto da diciotto alberi giganti alti tra i 25 ed i 50 metri, inseriti come contrasto nella realtà bassa dei giardini. Diciotto elementi che punteggiano il paesaggio, undici dei quali realizzati esclusivamente con materiali ecosostenibili e dotati dei più moderni sistemi di produzione di energia rinnovabile.

La struttura di questi Super Alberi è costituita semplicemente da un nucleo in calcestruzzo forato al suo interno per consentire il deflusso dell’aria proveniente dall’impianto geotermico ed una struttura esterna in acciaio, riempita con un totale di 162.900 piante di oltre 200 specie diverse provenienti da climi tropicali, senza trascurare l’aspetto estetico e cromatico risultante dalla composizione dei colori nel susseguirsi delle stagioni.

I Supertree risultano una perfetta fusione di natura, arte, ingegneria e tecnologia, essendo indispensabili per garantire alla struttura livelli energetici esclusivamente basati su fonti rinnovabili. Dove tradizionalmente troveremmo la chioma dell’albero, i Supertree ospitano pannelli fotovoltaici, collettori solari, condotti di ventilazione ed un serbatoio per la raccolta dell’acqua piovana, che attraverso il nucleo interno, defluisce fino al bacino di raccolta sotterraneo, che a sua volta reimmette l’acqua nel sistema di irrigazione interno.

Natura ed energia senza condizioni


A fornire energia all’impianto sarà la biomassa e precisamente gli scarti dei rifiuti del legname proveniente dal vicino National Parks Board, contenenti circa 3 milioni di alberi e che grazie alle quotidiane opere di manutenzione, potrà fornire all’impianto del Garden by the Bay, 5.000 tonnellate di ritagli di legno al mese. Anziché essere gettati, questa importantissima materia prima, viene ridotta in schegge e bruciata in una caldaia a biomassa a vapora, che fornisce energia al sistema di cogenerazione dell’intera area dei giardini.

I fumi prodotti dalla combustione saranno indirizzati ai sistema di produzione elettrica ed all’impianto di climatizzazione. Il calore prodotto infatti, consentirà una preventiva deumidificazione dell’aria esterna prima di essere raffreddata per il sistema di climatizzazione: questo procedimento è indispensabile per ridurre i consumi elettrici, in quanto occorre un quantitativo minore di energia per raffrescare l’aria secca rispetto all’aria umida. Nulla andrà sprecato, le ceneri avanzate dalla combustione serviranno come fertilizzante per le numerose specie vegetali.

L’acqua raccolta dai serbatoi posti sulla sommità dei supertree e alla base delle cascata vetrata delle serre climatiche, verrà raccolta nel bacino sotterraneo per essere poi trattata e immessa nella rete dell’irrigazione.

Progetto grandioso ed ambizioso, che ha dato prova delle potenzialità della tecnologia applicata alla natura, uno sguardo sul futuro, pulito, green ed innovativo.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.