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Green Cell: il Museo urbano che aiuta la città

Una doppia pelle traspirante, composta da celle di materiale differente, che isolano, producono energia, illuminano e trasformano l'ambiente interno ed esterno.

L’efficienza energetica del futuro applicata all’architettura, potrebbe essere così. L’orriginale proposta dello studio Giapponese Kengo Kuma Associates, per la nuova struttura Taipei City Museum of Art Competition, si presenta come una gigantesca collina dotata di tutti i servizi necessari al museo, utili per le vicine città e positivi per i cittadini. Questa proposta, aggiudicatasi il secondo posto al concorso indetto per il Museo, ha rotto completamente gli schemi dell’efficienza energetica applicata agli edifici. Nonostante la sua unicità futuristica, in parte irrealizzabile, questa proposta è ugualmente interessante, soprattutto per le possibilità che propone e che riesce a racchiudere al suo interno.

Lo stesso Kengo Kuma definisce questo progetto come “un approccio simbolico per trasformare il volto di Yingge e New Taipei City”, un nuovo tipo di sviluppo, che riesce a coniugare le nuove tecnologie con le regole della sostenibilità.

Non si tratta semplicemente della progettazione di un edificio, per quanto grande possa essere, con Green-Cell un intero brano di città viene trasformato e riqualificato, nella speranza di alzare la qualità della vita dei cittadini e soprattutto, diminuire il tasso d’inquinamento.

Secondo questo principio la lunga ed estesa copertura si apre sopra la città, creando nuovi spazi culturali, aree verdi, zone di sosta ed aree pedonali, il tutto ovviamente perfettamente inserito nel paesaggio circostante.

Essendo progettato secondo un’ottica sostenibile ed ecologica, l’edificio di Kengo Kuma si esprime anche a favore della mobilità sostenibile, cercando di ridurre al minimo l’utilizzo delle automobili, ridisegnando la rete esistente dei percorsi attorno al museo, potenziando i mezzi pubblici e introducendo percorsi pedonali e ciclabili.

Una doppia pelle attiva

L’originalità della proposta di Kengo Kuma sicuramente esce dagli schemi ai quali siamo abituati, nonostante ciò, entrando nel dettaglio del progetto, si scoprono delle caratteristiche molto interessanti nelle soluzioni adottate per abbattere i consumi energetici e migliorare l’efficienza energetica.

E’ questo il caso della maglia strutturale che compone l’edificio, un sistema a doppia pelle, disegnato come una rete d’acciaio “riempita” da numerose celle di materiale differente, ciascuna con la sua funzione ecologia: celle solari fotovoltaiche, celle “verdi” vegetali, cuscinetti ETFE, luci al LED e celle per la ventilazione.

In questo caso la tecnologia gioca un ruolo dominante: per creare un ambiente interno confortevole e ridurre al massimo i consumi energetici, una parte delle celle è formata dai “cuscinetti di ETFE” un innovativo sistema tecnologico di ultima generazione, autopulente, ultraleggero (pesa solo l’1% del vetro) ed estremamente efficace dal punto di vista energetico. L’ETFE – Etilene TetraFluoroEtilene – è un polimero, un materiale plastico contenente fluoro, che grazie alla sua conformazione ed al sistema di montaggio che viene utilizzato, crea una barriera protettiva tra interno ed esterno praticamente autonoma, che se combinata con varie tipologie di gas, è addirittura capace di modificare il suo stato a seconda dell’intensità dei raggi solari.

Alternate ai cuscinetti in ETFE, i progettisti hanno poi previsto di inserire celle vegetali, che combinate insieme in un unico strato, accentuano l’isolamento termico dell’edificio, regolando la temperatura esterna e trattenendo l’acqua piovana, un vero e proprio tetto verde a beneficio del museo e soprattutto, della limitrofo agglomerato di Yingge.

Anche l’illuminazione è a risparmio energetico, grazie all’utilizzo di lampade al LED sia per gli spazi interni che all’esterno, trasformando una parte delle “celle” che compongono la pelle esterna dell’edificio, in componenti luminose.

Efficienza energetica integrata

Concepito per non gravare sull’ambiente e sulla città di Taipei, il museo di Kuma inserisce nella struttura tutte le tipologie possibili di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili.

All’interno della maglia strutturale trovano posto le celle fotovoltaiche, alternate alle celle verdi, per garantire il massimo rendimento possibile all’impianto. Tra l’involucro interno e quello esterno, sono poi collocate una serie di micro pale eoliche, che sfruttano il flusso del ricircolo d’aria naturale per produrre elettricità. Inoltre sotto all’edificio è stato studiato un apposito impianto geotermico che associato all’impianto di condizionamento e climatizzazione, garantisce il massimo comfort interno dell’edificio.

Decisamente unico nella sua forma, il Taipei City Museum proposto da Kuma, estende la progettazione sostenibile del solo edificio, alla pianificazione dell’intera città, introducendo un modo differente di concepire lo spazio culturale, lo spazio urbano ed i servizi, dove la l’efficienza energetica è applicata a tutta la struttura per migliorare la qualità della vita dei cittadini e diminuire notevolmente le emissioni nocive nell’ambiente.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.