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Internet of Things: il futuro della tecnologia è Smart

Numerosi i progetti sperimentali avviati e dedicati a Smart City e Smart Home: energia, sicurezza e monitoraggio al primo posto. La tecnologia avanzata preoccupa per costi, manutenzione e l'affidabilità.

Sono stati presentati la scorsa settimana i risultati di un interessante indagine promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, relativa alle applicazioni tecnologiche intelligenti legate alle componenti Smart della nostra società.

La ricerca, condotta dall’Osservatorio “Internet of Things” in collaborazione con il Dipartimento di Elettronica e Informazione, ha analizzato a 360° il funzionamento, la diffusione ed i progetti avviati in merito a questo interessante concetto, che lega le applicazioni tecnologiche degli oggetti intelligenti, l’Internet of Things’, a tutti gli aspetti della realtà umana, con lo scopo di innalzare il livello della qualità della vita orientandosi verso soluzioni più sostenibili, più efficienti e meno dispendiose, sia in termini economici che naturali.

I casi studio analizzati in Italia e nel mondo dall’interessante Ricerca sono più di 350, focalizzando l’attenzione su benefici e progressi di tre importanti filoni di ricerca: le Smart City, Smart Home & Building, Smart Energy  & Gas Metering.

Ma cos’è Internet of Things? Si tratta di un concetto strettamente legato alla multimedialità della vita contemporanea, dove la tecnologia e la rete di collegamento virtuale, permette di raggiungere livelli di efficienza tali da mettere in connessione gli oggetti tra loro (smart object), permettendo uno scambio di informazioni in tempo reale ed in qualunque luogo: l’autovettura che dialoga con le infrastrutture stradali per prevenire incidenti, gli elettrodomestici smart che comunicano tra loro per ottimizzare l’energia, semafori sincronizzati che captano i mezzi di soccorso per produrre un'”onda verde”, o addirittura sci intelligenti che inviano informazioni sulla neve o su eventuali incidenti.

Se alcune di queste applicazioni fanno già parte della nostra quotidianità (sistemi di sicurezza, monitoraggio del traffico, contatori smart, impianti domotici, ecc…)   molti progetti sono ancora in fase sperimentale se non embrionale, principalmente a causa di difficoltà di collaborazione tra i diversi attori della filiera.

Smart City

Per trasformare una città tradizionale in una Smart City è assolutamente necessario passare attraverso le applicazione delle “Internet of Things”, letteralmente l’Internet degli oggetti, la rete multimediale che raccoglie le informazioni, le rielabora e individua le strade migliori da percorrere. Per questo settore la ricerca condotta dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano si è soffermata sull’analisi di 50 progetti, italiani ed esteri, direttamente legati alle tecnologie a supporto delle Smart City per un totale di 72 applicazioni, un numero sostanzialmente elevato, ma piuttosto disomogeneo, in quanto prevalentemente limitate alla fase preliminare di progetto. I principali ambiti di intervento individuati sono:

  • Rete viaria e Gestione del traffico – gestione dei parcheggi, informazioni aggiornate sul traffico, gestione semaforica,illuminazione stradale;
  • Trasporto pubblico – localizzazione dei mezzi di trasporto, monitoraggio istantaneo del flusso di viaggiatori;
  • Raccolta rifiuti – identificazione dei cassonetti, monitoraggio del loro livello diriempimento;
  • Sicurezza e controllo del territorio – videosorveglianza, individuazione situazioni dipericolo;
  • Monitoraggio ambientale – misura inquinamento dell’aria o dell’acqua;
  • Monitoraggio del territorio – prevenzione e monitoraggio di alluvioni, incendi, frane;
  • Entertainment e Servizi turistici – informazioni a turisti, Smart Poster, percorsi culturali.

Tra i progetti avviati sul nostro territorio e già consolidati guidano la classifica quelli dedicati al trasporto pubblico per la localizzazione dei mezzi (progetto “Muovetevi” Cagliari)  ed alla raccolta dei rifiuti con l’identificazione dei cassonetti per una corretta tariffazione (Consorzio Chierese).

Parlando invece di progetti in fase di sperimentazione dobbiamo cambiare scala di analisi, arrivando ad individuare soluzioni destinate prevalentemente alla Gestione del traffico, al Monitoraggio del territorio e ai servizi di Entertainment per i turisti.

Tra gli esempi più interessanti si colloca il progetto “No Far Access”, capace di riconoscere le vetture in sosta in parcheggi riservati disabili ed attivare i mezzi di rimozione; il progetto “Smart Town” condotto dal Comune di Nettuno per ottimizzare tramite un sistema di telegestione, l’utilizzo ed il monitoraggio di ogni singolo punto luce della città, intervenendo con una manutenzione in tempo reale ed ottimizzando l’efficienza energetica; della stessa valenza anche il progetto “Tag My Lagoon”, promosso dal Comune di Venezia, che permette di guidare i turisti alla scoperta del patrimonio artistico della città, semplicemente attraverso il loro smartphone tramite QR code.

Tra i 50 progetti selezionati per l’indagine troviamo poi un’élite ancora in stato embrionale, dedicata prevalentemente all’ottimizzazione dei servizi per ridurre l’impatto ambientale, come “T.R.I. T.on”, un sistema di illuminazione adattiva per le gallerie, che tramite sensori wireless, riduce i costi di illuminazione ed aumenta la sicurezza; o come il progetto condotto dal Comune di Duino Arusina, per la trasformazione smart dei cassonetti dell’immondizia, grazie al’inserimento di sensori volumetrici per misurare il quantitativo effettivo di rifiuti.

“In un contesto così ampio e frammentato  è fondamentale razionalizzare e mettere a fattor comune le diverse esperienze, avviate in Italia e all’estero, in modo da ottimizzare l’uso delle risorse disponibili. Le modalità per rendere smart una città non possono prescindere dalle sue peculiarità (dimensione, livello di urbanizzazione, caratteristiche geomorfologiche, etc.) e pertanto non esiste un modello universale di Smart City, ma è possibile e doveroso costruire una serie di modelli di riferimento che supportino le amministrazioni locali nella comprensione delle soluzioni più adatte al loro contesto”.

Smart Home e Smart Building

Se le applicazioni intelligenti a scala urbana sono di grande importanza per il passaggio ad un futuro sostenibile, la trasformazione tecnologica intelligenti degli edifici lo è ancora di più. Le mura domestiche e lavorative sono i luoghi in cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, applicare sistemi ‘Internet of Things’ a questo settore, diviene fondamentale soprattutto per il suo ruolo di interfaccia tra la scala urbana ed il singolo individuo.

Nella ricerca condotta dall’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, che ha preso come campione un range di 54 progetti per un totale di 143 applicazioni, è emersa una doppia tendenza che vede l’elemento sicurezza quale dato preliminare ed alla base dei moltissimo progetti già consolidati, mentre l’elemento energia ed efficienza (Energy management), quale denominatore comune delle numerose sperimentazioni avviate.

Su oltre 140 applicazioni italiane ed estere avviate negli ultimi 5 anni, ben una su tre hanno tra le finalità la gestione delle risorse energetiche in ambito industriale e residenziale; negli ultimi anni sono infatti nati diversi consorzi dedicati allo studio di soluzioni per l’Abitare sostenibile (come Energy@Home e Home Lab) che dovrebbero sfociare nel corso del 2012 in veri e propri progetti pilota.

E’ l‘oggetto intelligente’ a dominare la scena dei numerosi progetti sperimentali rivolti al’efficienza energetica delle abitazioni. Una rete multimediale che permette agli elettrodomestici di interagire tra loro e con l’utente, per ottimizzare i consumi ed assicurare il massimo delle prestazioni: è questo il futuro della tecnologia Smart.

Tuttavia un dato molto importante salta all’occhio nei contenuti del Rapporto: gli utenti sembrano essere ancora scettici in quanto a ‘Smart Home’, percependo la tecnologia come un elemento complesso e distante. Anche se la domotica non è un concetto nuovo, il processo della valorizzazione degli edifici attraverso le applicazioni intelligenti, rimane ancora prevalentemente legato agli interventi di nuova costruzione o alle ristrutturazioni. Soprattutto in ambito residenziale permane una certa diffidenza verso implementazioni domotiche che vadano oltre al semplice concetto di sicurezza o al controllo remoto dei consumi da climatizzazione, due elementi di facile assimiliazione di cui se ne percepiscono immediatamente i benefici.

La tecnologia avanzata preoccupa per gli alti costi, la manutenzione e l’affidabilità, tuttavia anche se solo in fase embrionale, esistono alcuni progetti riferiti al potenziamento dell’Energy Management delle abitazioni; un esempio concreto è “Beaware” il progetto europeo per il monitoraggio dei consumi domestici in tempo reale grazie all’utilizzo di sensori wireless, che oltre a generare un evidente beneficio nel contenimento dello spreco energetico, permette la creazione di una consapevolezza sui consumi, “educando” gli utenti.

“Gli ingredienti dell’Internet of Things – concludono Giovanni MiragliottaAngela Tumino, responsabili della Ricerca dell’Osservatorio Internet of Things – ovvero interoperabilità, standard di comunicazione e raggiungibilità degli oggetti, acquisiscono decisiva importanza per consentire la nascita e diffusione delle applicazioni. Questo si riflette nella natura dei consorzi stessi, che vedono il coinvolgimento di diversi attori della filiera e, talvolta, di enti di ricerca pubblica”.

Come evidenziato attraverso le pagine della ricerca, la chiave per avvicinare il concetto di Internet of Things allo scenario quotidiano è la comunicazione. Ridurre la diffidenza e la distanza emotiva nei confronti delle applicazioni smart, moltiplicando la diffusione delle informazioni ed evidenziandone i benefici diretti, per consentire la diffusione capillare della tecnologia avanzata.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.