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Professional Day: innovazione, sostenibilità e sviluppo

Innovazione tecnologica, efficienza edilizia, rigenerazione delle città e sostenibilità ambientale, sono le chiavi per lo sviluppo proposte dai numerosi professionisti nel documento comune.

Ieri i professionisti sono scesi in piazza per comunicare al Governo ed alle numerose istituzioni, il loro disaccordo sul tema delle liberalizzazioni, ma anche per proporre concretamente una possibile linea comune per lo sviluppo del Paese. Durante il Professional Day è stato elaborato un importante documento, nato dalla collaborazione tra l’Ordine nazionale degli Architetti PPC, degli Ingegneri, degli Agrotecnici, Biologi, Chimici, Dottori agronomi e forestali, Geometri, Geologi, Periti agrari, periti industriali, Tecnologi alimentari, attraverso il quale le diverse figure professionali si sono espresse in quanto a semplificazioni, sviluppo, sostenibilità, innovazione, sicurezza, energia ed ambiente.

“Chiediamo al Governo – al di là della riforma delle Professioni che sta ormai arrivando alla sua realizzazione – l’avvio di una concreta fase di sviluppo nella quale i professionisti italiani possano presentare una serie di proposte e ritrovare in tal modo il loro ruolo di componenti fondamentali del Paese, al quale mettono a disposizione i loro saperi e le loro competenze”, ha affermato Leopoldo Freyrie durante la manifestazione.

Nel documento “Le proposte per lo sviluppo del Paese”, si parla di Rigenerazione delle città, di Rottamazione degli impianti elettrici, di Fascicoli dei fabbricati, di Sicurezza, internazionalizzazione e qualità della vita, traducendo in fatti concreti il pensiero comune.

La rigenerazione sostenibile

Nelle nostre città vivono il 70% degli italiani producendo più dell’80% del PIL nazionale, nonostante ciò permane una situazione di degrado nella maggior parte dei nostri ambienti metropolitani. Secondo gli Architetti l’unica soluzione è la creazione di “un programma di rigenerazione sostenibile, per affrontare il decadimento dello stato dell’edificazione esistente privata e pubblica, l’adeguamento a standard di sicurezza ed energetici, il restauro dei beni culturali, il recupero degli spazi pubblici e del verde, l’innovazione delle reti tecnologiche”.

Per assicurare la buona riuscita di queste proposte, i professionisti hanno individuato nella normativa nazionale uno degli strumenti di principale valore, applicabile a molteplici scopi: in primo luogo per codificare ed uniformare tutti gli interventi urbanistici e fiscali, favorendo attraverso bonus volumetrici, coloro che investono sulla rigenerazione del patrimonio immobiliare esistente, senza gravare ulteriormente sul territorio; inoltre emettendo Eco-Bond ed abbassando il costo degli oneri di urbanizzazuone, per i requisiti di sostenibilità ambientale dei progetti e dei bandi di vendita del patrimonio pubblico.

“Dall’edificio rigenerato e tecnologicamente innovato – prosegue il CNAPPC dalle pagine del documento – si avvierebbe il processo di risparmio delle risorse, energetiche e idriche, della razionalizzazione del ciclo dei rifiuti, di tecniche costruttive innovative che favoriscano l’eccellenza dell’industria italiana, della riqualificazione di strade e quartieri,  favorendo la coesione sociale.”

Promuovere il patrimonio storico ed il paesaggio

In un territorio come l’Italia, dove paesaggio e patrimonio immobiliare storico, possiedono un valore inestimabile, è fondamentale “la valorizzazione dell’habitat […] affiancando ad un chiaro sistema di vincoli, adeguati progetti di sviluppo sostenibili, non invasivi e culturalmente attraenti, mettendo in rete i borghi storici in un sistema nazionale di museo diffuso, collegati virtualmente in un sistema unico, didattico e di ospitalità”.

Parlando in prima persona, la rete degli Ordini degli Architetti, si mette a disposizione quale figura competente per assicurare la buona riuscita delle diverse proposte, monitorando lo stato dei beni monumentali e  le condizioni ambientali e di sicurezza di territorio ed edifici, per combattere l’abusivismo edilizio, una delle piaghe maggiori della nostra nazione.

Anche il tema dell’edilizia è stato ampiamente dibattuto nel documento presentato ieri a Roma, un tema di cruciale importanza che da troppo tempo ormai sembra essere attaccato da una profonda crisi. La proposta del CNAPC in questo caso si riferisce alla possibilità di “istituire un tavolo tra professioni tecniche, Governo, Regioni e Comuni per rivedere il Testo unico per l’edilizia e l’insieme della normativa di settore per razionalizzare e semplificare le regole, dando certezza agli operatori, agli investitori e agli erogatori dei finanziamenti”.

In questo contesto l’istituzione del famoso “Fascicolo del fabbricato” potrebbe portare a numerosi miglioramenti, primo fra tutti l’effettiva stima delle condizioni di “inefficienza” energetica, in cui versa l’intero patrimonio immobiliare italiano. Alcune Regioni hanno già intrapreso questo percorso, recependo lentamente anche la recente normativa che impone la pubblicazione dell’indice di prestazione energetica di tutti gli immobili in vendita.

L’innovazione tecnologica come motore di sviluppo

“In questo momento così grave per l’economia del Paese – conclude il Consiglio Nazionale  –  e nel quale  l’investimento culturale sul patrimonio e sull’innovazione sono ancora più importanti per la competitività, è necessario favorire con strumenti fiscali l’innovazione tecnologica degli Studi professionali, perché le strumentazioni tecniche siano all’altezza della sfida della sostenibilità e della gestione complessa dell’edilizia e dell’urbanistica”.

Per il Consiglio Nazionale, infine, “bisogna anche incentivare le relazioni tra progettisti e industria, con la creazione di “banche delle idee” per promuovere la ricerca e i giovani talenti, per rinnovare le qualità del “made in Italy” e mantenerlo concorrenziale nel mondo. Per questo motivo anche il sistema degli appalti pubblici dev’essere uno strumento di selezione e di promozione delle eccellenze e del merito e quindi non del massimo ribasso – investendo sui talenti migliori del Paese per farli crescere per un habitat futuro migliore.”.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.