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Acqua tra alluvioni e siccità: chi troppo e chi niente

La terribile alluvione che ha colpito la Romagna è l'altra faccia della medaglia della “distribuzione ineguale” dell'oro blu, l'acqua che o manca e ti fa morire di sete o è troppa e ti fa annegare.

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In questi giorni i cuori di tutti gli italiani battono per i loro fratelli e per le loro sorelle dell’Emilia–Romagna in una mobilitazione straordinaria alla quale il Governo ha contribuito con uno stanziamento straordinario di 2 MLD, siamo passati in un attimo dall’emergenza siccitosa a una alluvione devastante, dal poco, scarso e riarso lento e inesorabile asciutto e secco espandersi della siccità almeno in quasi tutto il nord al troppo repentino e violento bombardamento idrico di milioni di tonnellate d’acqua rovesciate in poche ore. Il modello Bangladesh ha soppiantato per qualche giorno il modello Sahara e pur tuttavia essi vanno a braccetto. Vediamo come funzionano e perché dobbiamo combattere il cambiamento climatico in fretta.

Solo il 2,5% dell’acqua sulla terra è disponibile come acqua dolce (circa il 2% nelle calotte polari). Negli ultimi 20 anni la riserva d’acqua terrestre è scesa alla velocità di 1cm all’anno. L’organizzazione Mondiale della Meteorologia delle Nazioni Unite (OMM) ha lanciato l’allarme: entro il 2050 le risorse idriche del pianeta potrebbero subire un calo tale da lasciare senz’acqua 5 miliardi di persone.

Secondo il Global Trends di UNHCR (l’Agenzia ONU per i rifugiati) nel 2020, 82 milioni di persone sono state costrette a migrare, numero quasi raddoppiato rispetto a quello riportato nel 2010. Inoltre, secondo la Banca Mondiale, entro il 2050 fino a 143 milioni di persone (in Africa, Asia e AmericaLatina) potrebbero essere costrette a muoversi forzatamente per ragioni climatiche. Si prevede che i cambiamenti del clima potrebbero causare ancora 100 milioni di poveri in più per via dell’aumento della siccità e di una maggiore frequenza e intensità di fenomeni estremi, che comporteranno una crisi del settore agricolo, impennate del prezzo del cibo e nuove migrazioni dovute al clima.

Il cambiamento climatico è un processo irreversibile che sta scatenando periodi siccitosi straordinari ed eventi climatologici estremi. In alcune aree del mondo i periodi di siccità sono già aumentati del 29% facendo registrare il maggior numero di decessi in Africa. In altre aree il fenomeno delle inondazioni ha fatto registrare una crescita della mortalità del 134% rispetto ai due decenni precedenti soprattutto in Asia.

SICCITÀ ED EMERGENZA IDRICA – Dopo un lungo periodo di siccità, il rischio di pericolose inondazioni aumenta in quanto un terreno arido ha minore capacità di assorbire l’acqua piovana che, quindi, dilaga.

I segnali lampanti del cambiamento climatico sono la scarsità di precipitazioni nei mesi invernali e le temperature più elevate rispetto alla media, che provocano un’elevata evapotraspirazione dal terreno. E’ un processo per il quale è necessario implementare precise STRATEGIE DI ADATTAMENTO. L’acqua è un bene prezioso ed abbiamo alcune armi per proteggerla e rispettarla: 1) Informare ed educare alla sostenibilità, ai comportamenti consapevoli e alle ALTERNATIVE tecniche a disposizione nell’ambito scientifico e della ricerca 2) ottimizzare l’uso e la gestione delle risorse idriche 3) Investire in innovazioni sostenibili.

Ci troviamo di fronte al 70% di precipitazioni nevose in meno rispetto alle medie degli ultimi anni. Le immagini raccolte dal satellite Copernicus Sentinel-3 mostrano la gravissima situazione sulle Alpi, dove il manto nevoso ha raggiunto il minimo storico. Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20/30 anni. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari. I ghiacciai alpini sono in forte ritiro: 519 km2 (1962) 609 km2 (1989) 368 km2 (2023) 40% in meno rispetto all’ultimo catasto. Contemporaneamente, il numero dei ghiacciai è cresciuto rispetto al primo catasto. Ma l’aumento è un altro segnale di pericolo perché dovuto all’intensa frammentazione che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli. 824 ghiacciai (1962), 1389 ghiacciai (1989), 903 ghiacciai (1989).

Secondo il bollettino diramato dall’Autorità di bacino distrettuale è allerta rossa per il Po e l’emergenza resta gravissima. Pesano l’assenza delle piogge, delle nevi e l’aumento delle temperature, ma preoccupa anche l’avanzata del cuneo salino nel Delta del Po (30 km), per le possibili ripercussioni non solo ambientali – danno irreversibile all’habitat e alla biodiversità in quelle zone o causa di improduttività colturale, ma anche minaccia costante al comparto idropotabile, vista la presenza operativa, a pochi chilometri, dell’impianto che serve tutt’ora oltre 750mila persone nelle due province di Ferrara e Rovigo. Nell’ultimo anno la portata del Po risulta diminuita dell’80% (11% negli ultimi 20 anni e 15% nel Tevere) e il livello del fiume si è dimezzato da 4 a 2 metri al netto dell’alluvione di questo maggio.

La siccità non è un mero fenomeno fisico. L’effetto cumulato della scarsità di pioggia nel tempo ha impatti diversi sulla società, essendo il risultato dell’interazione fra pericolosità naturale (riduzione delle precipitazioni al di sotto della media) e i fabbisogni idrici per i vari usi. Per questa ragione spesso la siccità viene identificata in quattro tipi: meteorologica, agricola, idrologica e socio-economica (Wilhite, 2000).

Siccità meteorologica: Riduzione delle precipitazioni al di sotto della media climatologica (almeno 30 anni), per un certo periodo (es. giorni, mesi, anni), in una determinata area.

Siccità idrologica: Implica una riduzione delle risorse idriche (corsi d’acqua, laghi, acquiferi sotterranei) al di sotto una data soglia per un dato periodo, dovuta ad una persistente contrazione(riduzione) delle piogge.

Siccità socio-economica: Associata alla domanda/rifornimento idrico relativa a beni e bisogni economici. Durante siccità particolarmente intense ed estese l’allocazione della risorsa idrica per le comuni attività antropiche può essere compromessa.

Siccità agricola: Riduzione della disponibilità idrica (dovuta alle scarse precipitazioni ed all’aumento dell’evapotraspirazione) nella zona radicale del suolo, che ha impatto sulla crescita ottimale delle piante (soprattutto durante alcune fasi fenologiche critiche) e causa una riduzione delle rese.

L’Italia è al terzultimo posto in Europa per spesa di investimento nel settore idrico (40 Euro/persona) contro una media europea di 100 Euro/persona. Ogni 100 litri di acqua immessi nel sistema di distribuzione, circa 40 litri vanno perduti e non arrivano ai rubinetti a causa della vetustà delle nostre reti, dello scarso monitoraggio sulle perdite idriche nelle tubature e della mancanza di manutenzione e di investimenti sulle reti.

I comportamenti responsabili a livello individuale hanno grande rilevanza SOLO se associati ad interventi strutturali ed approcci sostenibili a livello globale. Informarsi sulla situazione attuale oggi è possibile e alla portata di tutti nonostante le distrazioni mediatiche Le alternative strutturali e tecniche esistono e in molti casi non sono più onerose rispetto allo status quo. Tutti dovremmo conoscerle e impegnarci a trovarne altre attraverso lo studio e la ricerca:

TECNICHE DI IRRIGAZIONE E COLTURE MODERNE – Impianti a goccia piuttosto che a pioggia; Irrigazione di precisione solo dove e quando serve attraverso il monitoraggio del terreno; Colture resilienti – grani diversificati; Nuove tecniche di concimazione (bio-fertilizzanti con batteri autoctoni); Evitare l’incremento del fenomeno del consumo di suolo, ovvero della perdita di utilizzabilità del suolo e delle sue ricchezze a causa dello sfruttamento intensivo

RIUSO DELLE ACQUE DEPURATE – Le acque trattate in uscita dai depuratori possono essere destinate a usi non potabili, principalmente l’irrigazione, ma anche ad alcuni usi civili (lavaggio strade, antincendio, cicli termici industriali, ecc.) piuttosto che venire scaricate a mare o nei corpi idrici superficiali. Il riuso dell’acqua è fondamentale anche per recuperare i nutrienti contenuti nelle acque di scarico. Il riuso irriguo delle acque in campo agricolo può essere infatti il modo per restituire i nutrienti (azoto, fosforo, potassio, ecc.) ai cicli biogeochimici naturali. Anche per il riuso, risulta interessante il ricorso a sistemi estensivi di fitodepurazione e lagunaggio a valle degli impianti di depurazione. Questi infatti possono essere usati come stadio finale di disinfezione degli scarichi, garantendo ottime capacità di rimozione della carica batterica, garantendo buon rendimento depurativo anche in caso di malfunzionamenti degli impianti e possono costituire significativi volumi di accumulo, per la regolazione delle portate in funzione dell’andamento della domanda di riuso.

RIDURRE LE PERDITE D’ACQUA NELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE (oggi al 40-50% in Italia) investendo: – nella digitalizzazione e nel monitoraggio delle reti – nella manutenzione e nella sostituzione delle tubature Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): 900 mil Euro per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua in Italia. Investimento che punta a realizzare almeno 25.000 km di nuove reti e digitalizzazione e monitoraggio delle reti (portate, pressione di esercizio, qualità in nodi principali e sensibili).

RECUPERARE L’ACQUA PIOVANA – In Italia si intercettano solo circa il 12% dei 300 miliardi di m3/annui di acqua piovana, le aree urbane subiscono il dato poiché impossibilitate a raccogliere l’acqua prima che venga contaminata ed inquinata dal contatto con le strade. La raccolta dell’acqua piovana è una soluzione particolarmente adatta per le aree in cui non ci sono acque superficiali, o dove le acque sotterranee sono profonde o inaccessibili a causa delle condizioni del terreno, o dove sono troppo salate o acide. Per la raccolta e l’immagazzinamento dell’acqua piovana vengono utilizzate strutture sia di piccole che di grandi dimensioni, tra cui vasche, cisterne, serbatoi e dighe.

RICARICARE LE FALDE ACQUIFERE – Allargando gli alvei dei fiumi si può facilmente agevolare la ricarica delle falde acquifere sotterranee cosi come rinaturalizzando i canali e le sponde fluviali con tecniche di ing naturalistica. – L’Utilizzo dei cosiddetti «pozzi bevitori», pozzi profondi 4-6 metri, realizzati con anelli in cemento di largo diametro, forati lateralmente e riempiti di ghiaione di grossa pezzatura, possono agevolare l’immissione di larghi volumi d’acqua nelle falde. – L’utilizzo delle AFI (Aree Forestali di Infiltrazione), aree trasformate a colture di tipo arboreo in cui immettere acqua, attraverso una rete di canali di distribuzione organizzati con quote e pendenze opportune, ricaricano le falde acquifere in punti strategici del territorio. Le falde si ricaricano grazie alla lenta filtrazione delle acque superficiali attraverso gli strati porosi del terreno.

AUMENTARE LA CAPACITA’ DI INVASO – Aumentare la capacità di invaso ristrutturando e migliorando gli invasi esistenti (laghi/dighe) Apporre pannelli fotovoltaici sugli invasi, accorperebbe una serie di impatti positivi: produrrebbe energia elettrica riducendo l’uso di combustibili fossili, ombreggerebbe l’acqua riducendo pertanto l’evaporazione, limiterebbe l’uso di suolo.

DESALINIZZAZIONE DELL’ACQUA DI MARE – Utilizzata in 183 Paesi, 47,5% degli impianti in Medio Oriente. A livello globale16 mila impianti operativi (78 milioni di m3/g). Italia ha caratteristiche ideali per lo sviluppo della desalinizzazione: molte aree soggette a scarsità cronica d’acqua e linea costiera tra le più ampie al mondo. Ciononostante la desalinizzazione in Italia conta oggi solo per lo 0,1% dei prelievi idrici complessivi. La tecnologia esiste ma il quadro normativo non è favorevole. Nella recente legge “Salvamare” non solo non viene promossa la tecnologia, ma sembra addirittura penalizzata da un aggravio dell’iter organizzativo. Trasformare in potabile l’acqua salata fornirebbe un’alternativa alla fame d’acqua, oltretutto sfruttando fonti rinnovabili per alimentare la tecnologia in grado di risolvere le problematiche relative agli scarti della desalinizzazione – la cosiddetta «salamoia»: Il materiale di scarto può essere convertito in sostanze chimiche utili, incluse quelle in grado di rendere più efficiente il processo di desalinizzazione. Ad es per produrre idrossido di sodio (soda caustica), utilizzato per pretrattare l’acqua di mare che entra nell’impianto di desalinizzazione. Il composto cambia l’acidità dell’acqua e aiuta a prevenire l’incrostazione delle membrane (una delle principali cause di malfunzionamento delle centrali a osmosi inversa). Costo dell’acqua potabile in Italia: 1,4 Euro/m3 Costo della desalinizzazione: 2 Euro/m3. Trasporto cisterne acqua potabile: 14 Euro/m3

MONITORAGGIO DELLO STATO DELLE ACQUE – Per un corretto monitoraggio delle risorse idriche dovrebbe essere imperativo:  – Digitalizzare e monitorare sistematicamente le portate medie giornaliere in fiumi, pozzi, sorgenti – Digitalizzare e monitorare i livelli di falda e le oscillazioni stagionali; livelli nei fiumi/laghi/invasi – Digitalizzare e monitorare la salinità e la qualità delle acque. In Italia, per ogni acquifero esistente, i PIANI STRALCIO propongono un calcolo del BILANCIO IDRICO ANNUO TEORICO con un limite importante: ASSENZA DATI SUI CONSUMI EFFETTIVI (solo monitoraggio delle potate ufficialmente assentite) ASSENZA DATI DI DEFLUSSO per contrastare la risalita del cuneo salino ASSENZA DATI ANDAMENTO PORTATE MEDIE GIORNALIERE (reali condizioni di equilibrio). Test di pompaggio per conoscere le caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero Comprendere le potenzialità dell’acquifero e se risenta o meno degli emungimenti limitatamente al raggio di influenza del pozzo (grado di vulnerabilità delle falde) In Italia, è obbligatoria la definizione dei corpi idrici sotterranei come da D.Lgs 152/2006 e la delimitazione degli stessi.

INVESTIRE IN PROGETTI DI BACK-UP – Passare da un approccio di GESTIONE della CRISI ad una GESTIONE del RISCHIO (agire prima di una potenziale criticità –preparedness plan) – Diversificare le fonti di approvvigionamento idrico – Prevedere attraverso il monitoraggio dei corpi idrici gli SCENARI DI RISCHIO e le alternative in previsione di un possibile rischio.

RAGGIUNGERE LA NEUTRALITA’ IDRICA – Raggiungere la neutralità idrica in ambito produttivo/industriale, ovvero il bilancio tra l’acqua utilizzata e l’acqua risparmiata o ricostituita, compensando gli impatti negativi derivanti dall’uso e dalla compromissione delle risorse idriche.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.