Un nuovo chip ruberà l’energia da calore, luce e vibrazioni

Il dispositivo, realizzato dal MIT, è in grado di ottenere energia sfruttando più fonti contemporaneamente senza passare per sistemi di accumulo o stoccaggio. Il segreto? Il giusto controllo

(Rinnovabili.it) – Dispositivi elettronici in grado di operare senza cavi di alimentazione o batterie. Ieri un’utopia oggi una realtà. A dimostrarlo è l’ultima ricerca del celebre Massachusetts Institute of Technology (MIT) è una delle più importanti università di ricerca al mondo, che ha dato alla luce ad un originale dispositivo. Si tratta di un chip per computer e comunicazione wireless in grado di operare a livelli di potenza estremamente bassi, sfruttando l’energia proveniente da diverse fonti, dalla luce naturale al calore per finire con le vibrazioni.

Il chip è costituito da una matrice di commutazione riconfigurabile multi-input/multi-output che combina l’energia proveniente da tre distinte fonti – fotovoltaica, termoelettrica, e piezoelettrica – gestendo tensioni differenti, da 20 mV a 5 V. E’ proprio questa caratteristica che lo rende differente dagli altri dispositivi realizzati finora. Come spiega Saurav Bandyopadhyay, a capo del progetto: “In genere, ogni fonte di energia richiede un proprio circuito di controllo per soddisfare le sue esigenze specifiche. Ad esempio, i circuiti che raccolgono le differenze termiche generano un potenziale da 0,02 a 0,15 V, mentre le celle fotovoltaiche di bassa potenza generano da 0,2 a 0,7 V e infine i sistemi di raccolta delle vibrazioni sono in grado di generare fino a 5V. Coordinare queste diverse fonti di energia in tempo reale per produrre un output costante è un processo difficile”. Eppure i ricercatori ci sono riusciti.

Un’altra sfida per gli scienziati è stata quella di riuscir a minimizzare l’energia consumata dal circuito di controllo, per lasciarne il più possibile per l’alimentazione di dispositivi reali come nel caso dei piccoli sensori biomedici. Il sistema si basa su un’innovativa architettura dual-path (a doppio percorso) che utilizza, quindi, un unico induttore condiviso al posto di tre separati ed elimina così la necessità di un dispositivo di memorizzazione. Questo lo rende più efficiente, spiega Bandyopadhyay, e soprattutto consente di massimizzare al meglio tutta l’energia di cui l’ambiente dispone.

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