Ambiente Italia: crolla l’economia, vola la green economy

Disoccupazione, non occupazione, povertà. L’Italia è questo, ma anche riciclo e risparmio energetico. L’analisi di Ambiente Italia 2015 sulla green economy

Ambiente Italia crolla l’economia vola la green economy

 

(Rinnovabili.it) – L’economia italiana è una foresta di grafici in picchiata, ma i settori che riguardano l’ambiente presentano tendenze opposte. È questa, in un flash, la tesi di Ambiente Italia 2015, il rapporto annuale sullo stato del Paese e della green economy realizzato dall’istituto Ambiente Italia insieme a Legambiente. L’istantanea del Bel Paese scattata dal dossier inquadra una situazione economica disastrosa: il Pil pro capite, nel 2014, era sotto la media europea, mentre prima della crisi la superava del 10%. La disoccupazione è cresciuta e a fine 2014 il tasso raggiungeva il 12,8% (in Europa la media è il 10%). Ma il problema principale dell’Italia, secondo Ambiente Italia, è la non occupazione: nel 2014 le persone occupate sono state meno del 56% della popolazione tra i 15 e i 64 anni. La media in Unione Europea è del 65,5%. Ma la vera emergenza per il futuro – sostengono gli estensori – è rappresentata dai Neet, not (engaged) in Education, Employment or Training. Il 26% di coloro che hanno tra 15 e 29 anni non studia, non lavora, non entrano in un alcun processo formativo. Grecia a parte, è il massimo valore registrato in tutta l’Ue.

 

L’ambiente in controtendenza

Nonostante tutto, l’economia italiana sembra far registrare risultati positivi in alcuni settori ambientali e «una conversione ecologica sostanzialmente spontanea, in parte determinata dalla recessione stessa che ha spinto le aziende verso comportamenti più attenti e virtuosi», afferma Legambiente.

 

Energia&consumi – In Europa, tra il 2004 e il 2013 il consumo di materia si è ridotto del 15% ma in Italia i progressi sono stati maggiori: il rapporto fornisce alcune cifre. Il consumo assoluto è diminuito del 32% e la produttività delle risorse è cresciuta del 40%. Nel 2013 i consumi lordi di energia primaria sono scesi a 173 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, l’1,9% in meno rispetto al 2012 e per il 2014 si prevede una ulteriore contrazione. Calano anche i consumi di petrolio e di gas e crescono le fonti rinnovabili (ma lentamente), così come l’efficienza energetica dei processi di produzione e di consumo.

Nel settore elettrico, in particolare, l’Italia è il terzo principale produttore europeo di elettricità derivante sia dall’insieme delle rinnovabili (dopo Germania e Svezia) sia dalle rinnovabili non idroelettriche (dopo Germania e Spagna).

 

Rifiuti&riciclo – Nel 2012, secondo i dati Eurostat, in Italia sono state riciclate oltre 53 milioni di tonnellate di rifiuti. In valore assoluto, siamo il Paese europeo con le maggiori quantità recuperate dopo la Germania. Questo grazie anche alla specificità del sistema industriale italiano che consente un elevato riciclo interno degli scarti industriali e richiede una consistente importazione di materie seconde. La recessione e la conversione energetica hanno poi consentito all’Italia di abbattere significativamente negli ultimi anni le emissioni di CO2. Dopo una forte crescita tra il 1990 e il 2005, nel 2013 i livelli sono più bassi del 16% rispetto al 1990.

 

Ferite ancora aperte – Come lo scorso anno, il rapporto non disdegna gli strali al governo italiano, quando spiega che «tutto ciò è avvenuto in assenza di politiche pubbliche e di investimenti mirati». E infatti restano alcuni grossi problemi irrisolti: la concentrazione di PM10 (e delle frazioni più fini), resta elevata, e il 30% della popolazione è esposto a concentrazioni superiori alla norma.

Nel settore dei rifiuti urbani siamo indietro, se è vero che, nell’insieme, meno del 40% dei RSU prendono la strada della raccolta differenziata. La Germania sfiora il 65%.

Il consumo di suolo rimane un problema, cui si aggiunge il particolare fenomeno dello sprawling, cioè la proliferazione di case sparse, capannoni, svincoli, parcheggi, centri commerciali. A peggiorare la situazione, l’urbanizzazione delle aree costiere e l’abusivismo.

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