Tassonomia verde, l’alleanza di investitori da 50mila mld di euro dice no al gas

La richiesta all’UE arriva dall’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), il principale agglomerato europeo con più di 370 tra investitori istituzionali e gestori di fondi, che ha un portafoglio stimato in 50mila miliardi di euro

tassonomia verde
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Entro fine mese l’UE deciderà definitivamente sulla tassonomia verde

(Rinnovabili.it) – Una delle più grandi coalizioni di fondi pensione e di asset manager al mondo chiede a Bruxelles di non dare al gas l’etichetta di investimento sostenibile. I motivi? Così si fa un danno alle politiche sul clima. E all’UE che desidera presentarsi come leader globale nella finanza sostenibile. Insomma, dal destino del gas nella tassonomia verde dipenderebbe buona parte dell’ambizione globale nella lotta al cambiamento climatico.

Lo sostiene l’Institutional Investors Group on Climate Change (IIGCC), il principale agglomerato europeo con più di 370 tra investitori istituzionali e gestori di fondi, che ha un portafoglio stimato in 50mila miliardi di euro. In una lettera aperta indirizzata agli Eurodeputati e ai rappresentanti dei Ventisette, chiede di ribaltare la decisione anticipata dall’esecutivo UE a cavallo di capodanno che inserisce nella tassonomia il gas (insieme al nucleare).

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La tassonomia è la bussola più importante per gli investitori, ricorda l’IIGCC, e per questo deve essere allineata all’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro la metà del secolo oltre a essere basata su pareri scientifici solidi. Gli investitori si dichiarano “fortemente contrari” alla tormentatissima scelta di Bruxelles, arrivata dopo molti mesi di ritardi e tra feroci polemiche.

“Lo scopo fondamentale della tassonomia è quello di permettere al capitale di essere incanalato verso attività economiche che siano pienamente compatibili con l’impegno dell’UE per la neutralità climatica entro il 2050 e la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030”, riepilogano i firmatari della lettera aperta. Poi ricordano gli scenari più autorevoli sulla transizione energetica, come quelli dell’IEA. Secondo l’agenzia guidata da Fatih Birol, “entro il 2050 è chiaro che la domanda di gas naturale dovrà ridursi dell’8% rispetto ai livelli del 2019 entro il 2030 e del 55% entro il 2050”. Di conseguenza “anche le centrali a gas esistenti dovranno essere gradualmente eliminate entro il 2035”.

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Cosa significa tutto questo? “In parole povere, non c’è un budget di carbonio rimanente per nuovi investimenti nel gas naturale”. Che deve quindi restare fuori dalla tassonomia verde in modo da non incentivare gli investitori a incanalare denaro verso opere che non farebbero altro che rallentare la transizione dei Ventisette. D’altronde, nota l’IIGCC, la valutazione tecnica su cui si basa la stessa tassonomia sostiene che solo una soglia emissiva di 100gCO2e/kWh per tutte le fonti di generazione di energia, centrali a gas incluse, permette di tenere gli obiettivi climatici a portata di mano. Al contrario, alzare questa soglia a 270gCO2e/kWh, come proposto per il gas, “significherebbe che molte aziende energetiche dimostrerebbero l’allineamento con la tassonomia, anche se le loro attività e piani di transizione non sarebbero allineati con l’obiettivo di emissioni nette zero”.

Il gas non dovrebbe neppure venir considerato energia di transizione ai sensi della tassonomia. Infatti, per avere quest’etichetta non dovrebbe avere alternative fattibili dal punto di vista tecnologico o economico, non dovrebbe rallentare lo sviluppo di altre forme low-carbon, e non dovrebbe inchiodare il sistema energetico a certi livelli emissivi. Tutte caratteristiche che, per gli investitori, il gas non ha.

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