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A che punto sono le imprese italiane rispetto alla sostenibilità?

Nel corso dell’EY Sustainability Summit è stato fornito il quadro delle azioni e delle strategie delle imprese italiane sulla sostenibilità

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Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili

Durante EY Sustainability Summit è stato fornito un quadro dello stato attuale degli impegni delle imprese rispetto alla sostenibilità. Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili, mostra che gran parte delle aziende italiane ha già definito il proprio piano industriale. Il documento è frutto di dati raccolti negli ultimi cinque anni e consegna dati sui quali riflettere per far interagire il mondo del business con gli obiettivi europei e mondiali sul tema. L’industria e l’imprenditoria italiane guardano alla sostenibilità, introducendo nelle proprie strategie una serie di azioni volte a portare riduzioni significative delle emissioni di CO2. Di importanza strategica il ruolo delle grandi aziende: sono loro che, con il proprio impegno virtuoso, possono fornire un valido esempio da seguire.

A guidare il percorso verso la sostenibilità delle imprese restano gli obiettivi del 2030 e del 2050 per quanto riguarda energia e sostenibilità. I goal europei e mondiali sono stati il traino di molti dei cambiamenti avvenuti negli ultimi anni. La loro azione è tuttavia stata indebolita dall’incertezza e dalla discontinuità degli ultimi anni e dello scenario internazionale.
Il report EY Seize the Change – Futuri Sostenibili mostra che il 44% delle imprese intervistate ha un piano di sostenibilità e obiettivi quantitativi e temporali. Il 79% delle aziende coinvolte, inoltre, ha adottato un piano industriale che comprende azioni significative in grado di portare considerevoli riduzioni di emissioni di CO2.

Le priorità strategiche per il mondo del business

La sostenibilità si è affermata come priorità per le imprese, non si tratta più di un “nice to have” funzionale al branding o di una checklist funzionale a mero greenwashing. Il mondo del business sembra aver assunto che comportamenti virtuosi dal punto di vista ambientale possono essere una leva per essere più competitivi sul medio e lungo periodo.

Le aziende che si sono dotate di un modello di business sostenibile sono infatti quelle che stanno accrescendo il proprio valore e ne stanno avendo riscontri anche sul livello finanziario. Se la risposta sul lungo sembra incoraggiante, vanno invece impostate una serie di riflessioni per gli effetti a breve termine. La pandemia aveva già messo a dura prova gli obiettivi e le strategie messe in atto per raggiungerli, adesso che sembrava che tutto stesse finendo è arrivato un ulteriore ostacolo. La crisi legata al conflitto in Ucraina ha generato ulteriori problemi, con l’aumento dei prezzi dell’energia e le sopraggiunte difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime.

Si tratta di ostacoli rilevanti perché, a detta degli intervistati, i piani elaborati per la transizione ecologica richiedono sforzi e investimenti non di poco conto. Primo fra tutti, quello dell’adeguamento tecnologico necessario a trasformare le attività delle imprese riducendone l’impatto ambientale.

I manager e le manager intervistati hanno individuato una possibile soluzione: un approccio globale, basato sulla collaborazione tra tutti i settori. Indispensabile però è il piano politico di intervento, per il quale servono politiche e investimenti – sia pubblici sia privati – per stimolare la ricerca le start up innovative. Per accelerare i processi le aziende hanno inoltre segnalato la necessità che le imprese più grandi assumano il ruolo di guida con un approccio volto alla sostenibilità.

I nuovi modelli di business e come costruirli

Molte delle aziende intervistate hanno già operato modifiche ai propri modelli di business, ma denunciano un’altra mancanza. Ciò di cui hanno segnalato la necessità è proprio un cambiamento profondo di atteggiamento e priorità, prima ancora che di approccio economico. Serve una trasformazione innanzitutto culturale, un cambio di mentalità collettivo. Si tratta di un processo che può essere costruito soltanto gradualmente, definendo una road map precisa e lungimirante.

Per costruirla il report individua tre fattori chiave.
1) Che la leadership adotti un impegno concreto in questo cambiamento, affinché riesca anche a infondere fiducia.
2) Che tutte le risorse aziendali, a tutti i livelli, siano adeguatamente preparate.
3) Investimenti in tecnologia, sia in termini funzionali alla trasformazione sia come strumento utile a misurare in termini quantitativi il percorso delle imprese verso la sostenibilità.

Il settore energetico ha un ruolo guida

Leader di questo processo può e deve essere – da quanto emerge dal report – il settore energetico. Gli obiettivi fissati a livello europeo e mondiale hanno determinato un’accelerazione che però sta subendo i contraccolpi del complicato scenario internazionale. La priorità è al momento quella della riduzione della dipendenza energetica dalla Russia e, più in generale, dalle fonti fossili. Per favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili le imprese sollecitano però uno sblocco del quadro normativo, che al momento risulta troppo vincolante, al punto da frenare gli investimenti in questa direzione.

Gli intervistati e le intervistate hanno infatti denunciato come al momento l’idea di svincolarsi dalle energie di provenienza fossile appaia complesso e costoso, e sollecitato una produzione temporanea di gas e petrolio in maniera sostenibile. Una delle strategie individuate è un processo interno di analisi della propria carbon footprint. Guardare infatti alla produzione di emissioni lungo tutta la propria catena di valore può fornire strumenti per l’elaborazione strategica di percorsi alternativi. Tra le soluzioni proposte, la revisione della catena di fornitura a km0 e l’autoproduzione energetica. Il precipitoso sviluppo tecnologico degli ultimi anni ci ha infatti reso in grado di favorire la produzione di energia fotovoltaica a livello condominiale.

Altro fattore determinante deve essere la crescita dell’attenzione al consumo sostenibile e alla riduzione degli sprechi. L’efficientamento può essere favorito dalle tecnologie di ultima generazione, come Machine Learning e Intelligenza Artificiale. Utilizzando tali supporti, infatti, si potranno sviluppare modelli previsionali sulla produzione e ottimizzare la distribuzione.

La scarsità di materie prime si risolve con l’economia circolare

Il già citato contesto internazionale, gli effetti della pandemia, l’inflazione e la situazione geopolitica hanno un importante ruolo in questa fase storica. Secondo le imprese coinvolte essi hanno infatti determinato una “sostenibilità indotta”. In un quadro di carenza di materie prime e di energia, una serie di bisogni primari, anche di chi prima percorreva questa strada in maniera più convinta, tornano a far sentire il proprio peso.

La strada da percorrere, secondo le aziende, è l’economia circolare. Occorre interrompere la catena di dipendenza dalle materie prime primarie in favore delle materie prime seconde. L’auspicio è quello di sviluppare materiali quanto più sostenibili, come i monomateriali, e facilmente riciclabili. L’ecodesign è centrale, e deve mettere in campo un percorso che coinvolga i processi e la filiera nel complesso. La richiesta è una forte spinta sui prodotti: riciclare un prodotto deve significare mantenerne, se non migliorarne, le performance.

Anche in questo caso, però, occorre superare una serie di limiti burocratici che penalizzano le aziende nei processi di trasformazione dei rifiuti e degli scarti, modificando le legislazioni di riferimento. La richiesta corale resta, dunque, quella di una nuova e definitiva legislazione in materia di economia circolare.

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

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Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.