Consumi ed emissioni degli edifici, perché è importante progettare green

Il settore “buildings” copre il 36% degli usi finali dell’energia globale ed è responsabile del 39% delle emissioni di gas serra. Non sarà possibile combattere il climate change tralasciando l’energetica degli edifici: servono riqualificazioni dell’esistente e nuove costruzioni che rispettino determinati criteri ambientali e tecnici. Ecco perché

edifici

di Matteo Grittani

(Rinnovabili.it) – Casa passiva, edificio zero, nZEB. L’obiettivo è sempre ridurre o azzerare il fabbisogno energetico della costruzione, rendere efficienti i processi di riscaldamento e raffrescamento con sistemi non convenzionali come pannelli solari fotovoltaici, termici, pompe di calore, geotermico. Ma da sole, elettrificazione e transizione verso fonti di energia rinnovabile per abbandonare progressivamente le fossili non bastano: per garantire passività e sostenibilità energetica di un edificio sono innumerevoli gli interventi e i canoni costruttivi da utilizzare, a cominciare da un involucro trasparente e opaco performante con basse trasmittanze che garantisca la minimizzazione delle perdite di calore in inverno e un buon isolamento d’estate.

Ma prima di soffermarci sui singoli interventi esaminando le tecnologie più convenienti disponibili sul mercato, è utile dare uno sguardo più ampio al tema dell’energetica dell’edificio. Che impatto ha il settore “buildings” sul sistema energetico globale? Quanto pesa sulle emissioni di gas serra totali ogni anno? Quale quota di capitale si investe oggi sulla sostenibilità energetica e ambientale, rispetto ai costi totali della costruzione? Rispondere a queste domande ci aiuterà a capire per quale ragione progettare e costruire edifici “green” è parte integrante del processo di transizione energetica a cui dobbiamo mirare per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015.

Aumenta l’urbanizzazione, salgono i consumi e le emissioni 

La maggior parte della popolazione globale vive in città. Il 55% degli individui oggi sul pianeta, percentuale che aumenterà al 68% entro il 2050 secondo le Nazioni Unite. Miliardi di persone concentrate in poche manciate di chilometri quadrati, individui che hanno bisogno di bere, lavarsi, cucinare e che necessitano del riscaldamento in inverno e di aria condizionata d’estate. Tutto ciò si tradurrà direttamente in maggiori consumi energetici e di conseguenza ulteriori emissioni di gas serra. Già ora, la quota degli usi finali di energia coperta dagli edifici (costruzione, esercizio degli impianti, manutenzione, elettricità, ecc.), si attesta al 36% secondo United Nations Environment Programme (UNEP); si tratta di circa il 39% delle emissioni del settore energetico globale. Una cifra enorme.

Dopo un periodo di flesso dal 2013 al 2016 che sembrava presagire un imminente calo favorito dalle politiche di efficientamento energetico, le emissioni del settore “buildings” hanno ricominciato a salire, raggiungendo i 10 miliardi di tonnellate nel 2019. Che è successo? Dal 2016 insieme ad un sempre più frequente uso di elettrodomestici e dispositivi collegati alla rete elettrica nei Paesi in via di sviluppo, si è assistito ad un vero e proprio boom dell’uso di aria condizionata per il raffrescamento; è questo il maggior responsabile dell’incremento della domanda energetica per gli edifici a cui abbiamo assistito nella seconda parte degli anni ’10. Non è un caso che il 2016 sia stato l’anno più caldo mai registrato, battendo di pochi decimi di Celsius il 2019. International Energy Agency (IEA), stima che in questo istante ci sono 2 miliardi di condizionatori istallati in tutto il mondo. Cifra impensabile solo 30 anni fa, quando erano “un lusso” per poche centinaia di milioni di persone.

Le ondate di calore hanno fatto segnare temperature record in Europa Meridionale e Occidentale, e persino in Siberia e Groenlandia. Insomma, fa più caldo e ci dobbiamo rinfrescare per mantenere un certo comfort termoigrometrico. Nulla di significativo, se non fosse che del 35% di popolazione globale che vive in aree in cui la temperatura media annuale è sopra i 25°C, solo il 10% possiede un condizionatore. Che significa? In poche parole il combinato disposto tra incremento demografico, futuro appianamento delle disuguaglianze, legittima aspirazione a migliorare le proprie condizioni di vita dei Paesi che oggi hanno meno opportunità unito all’incedere della crisi climatica, produrranno un ulteriore boom della domanda energetica degli edifici e in particolare del raffrescamento, portando le unità di condizionamento a 5.6 miliardi nel 2050 – sempre secondo IEA – e di conseguenza le emissioni alle stelle. Nature Communications ha provato di recente a stimare il conseguente aumento della domanda di elettricità: +58% entro il 2050. Il sistema energetico globale farebbe fatica a produrre abbastanza offerta, e probabilmente ne genererebbe di nuova a basso costo a discapito della sostenibilità ambientale.

Migliora la perfomance energetica, ma costruiamo troppo velocemente

Consumi in aumento e climate change che prosegue inesorabile: un loop in cui ormai siamo entrati e da cui come l’Hotel California, non sappiamo quando usciremo. In un contesto del genere diventerà cruciale progettare facendo sempre più attenzione all’efficienza degli impianti energetici e alla sostenibilità dei materiali utilizzati per costruire. Ma qual è lo stato di fatto? Come si comportano oggi gli edifici costruiti? Guardando all’intensità energetica degli edifici – parametro che misura i consumi per metro quadro di suolo occupato – salta agli occhi un decremento costante del 0.5-1% ogni anno dal 2010. In altre parole, gli edifici consumano leggermente meno energia ogni anno e le loro performance migliorano.

Com’è possibile allora che le emissioni aumentino? Semplice: l’area costruita, ovvero i metri quadri di fabbricati industriali e residenziali aumentano del 2.5% ogni anno; incremento più che doppio rispetto alla decrescita dell’intensità energetica. Ciò sta a indicare che le rinnovabili, i metodi di riscaldamento più efficienti (pompe di calore in prevalenza), e in generale tutti quegli interventi di efficientamento energetico disponibili oggi per riqualificazioni o nuove costruzioni non stanno sostituendo le vecchie fossili con la velocità necessaria. Come se non bastasse, ci sono ancora 860 milioni di persone nel mondo che non hanno accesso all’elettricità. E se una certa tendenza di abbandono della biomassa solida per cucinare e scaldarsi è stata fotografata da IEA negli ultimi anni in Africa, America Latina e Asia, non sorprende che stufe, camini, caldaie e forni rappresentino ancora l’80% delle vendite dei dispositivi di riscaldamento in tutto il mondo.

Investimenti e legislazione globale

Consumi crescenti e grande espansione delle costruzioni, specie nei Paesi in via di sviluppo e in Cina, dove la superficie costruita aumenta a ritmi più che tripli rispetto alla vecchia Europa e agli Stati Uniti. Ecco che in un contesto del genere sarebbero cruciali legislazioni stringenti contro lo spreco energetico, norme che incentivino l’efficienza e la sostenibilità degli impianti. Il World Energy Council stima che nel 2018 circa il 35% dei consumi energetici dell’edificio medio fossero coperti da politiche di questo tipo. Troppo poco. Le poche esistenti, sono normative che regolano prevalentemente i dispositivi di raffrescamento in chiave anti-buco nello Ozono – si pensi ad esempio al ban agli Idrofluorocarburi (HFCs), dopo quello normato dal Protocollo di Montreal dei Clorofuolocarburi (CFCs).

La quota di “regole” rimanente riguarda poi l’illuminazione, con l’abbandono progressivo delle lampadine a incandescenza per l’illuminazione LED, che consuma fino al 75% di energia in meno. Molti Paesi però continuano ad utilizzare le alogene, poco più efficienti dei vecchi “bulbi” (solo il 5%) e bandite in Unione Europea dal 1 settembre 2018. Ancora in alto mare invece, le legislazioni sul riscaldamento degli ambienti e dell’acqua calda sanitaria. E se le regole non sono abbastanza severe, nemmeno gli investimenti in efficienza energetica bastano. Dei 5.7mila miliardi di dollari spesi nel settore edifici nel 2019, solo il 40% del totale è stato impiegato in impianti e tecnologie legate all’energetica, mentre alla costruzione ed alle opere edilizie è andato il 60% rimanente. Per invertire il trend delle emissioni del settore degli edifici e rendere meno profonda la sua impronta ecologica a prescindere dalla battuta d’arresto legata alla crisi pandemica, ci vuole molto di più. Sforzi senza precedenti attendono istituzioni, governi, fino ad arrivare ad imprese, progettisti e cittadini. Progettare edifici che minimizzino la dipendenza energetica dalle fossili e contemporaneamente massimizzino la resa degli impianti anche grazie all’uso di materiali, tecnologie e soluzioni di coibentazione dell’involucro, è possibile.

Nei prossimi approfondimenti cercheremo di capire come.

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