Rinnovabili • Osservatorio H2IT

Osservatorio H2IT: I numeri sul comparto idrogeno italiano

Idrogeno, crescono gli investimenti delle aziende, che ora aspettano nuovi strumenti incentivanti dalla politica. Nonostante caro materiali e crisi energetica la filiera continua a svilupparsi. La collaborazione batte la competizione: le innovazioni nascono dalle partnership tra le imprese

Osservatorio H2IT
Alberto Dossi, Presidente di H2IT

La filiera dell’idrogeno svolge un ruolo da protagonista nel percorso per far diventare l’Europa il primo continente a zero emissioni entro il 2050, l’obiettivo della strategia energetica messa a punto dall’UE e supportata in Italia anche dai finanziamenti del PNRR. Ma qual è lo stato dell’arte del settore? Per rispondere a questa domanda, H2IT – Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche e l’Innovation Center di Intesa Sanpaolo, ha presentato oggi a Key Energy, la fiera di riferimento per il mercato delle energie rinnovabilil’Osservatorio H2IT: I numeri sul comparto idrogeno italiano. L’analisi rappresenta un’anteprima dei risultati dell’Osservatorio sulle imprese associate ad H2IT (grandi, medie e piccole imprese, start-up) che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali. Dall’inchiesta condotta nel mese di ottobre dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, emerge la fotografia di un settore in crescita ma ancora poco sviluppato (l’incidenza dell’idrogeno sul fatturato totale è stata pari in media al 6% nel 2021) ed unico nel panorama manifatturiero nazionale per la forte presenza di alleanze di tipo industriale: per oltre il 70% delle aziende del campione, l’innovazione in ambito idrogeno nasce dalla collaborazione con altre aziende, fattore che lo rende quindi terreno fertile per l’open innovation.

Dall’indagine svolta emerge chiaramente il ruolo centrale degli investimenti per le imprese della filiera dell’idrogeno, che si trovano ad affrontare le importanti sfide, tecnologiche e non, poste dalla transizione energetica. In generale, più del 70% delle imprese ha al suo interno un’area R&D dedicata esclusivamente all’idrogeno ed il 7% ha comunque intenzione di strutturarsi in tal senso. Andando a vedere le aspettative per fine anno, più della metà degli intervistati (67%) chiuderà il 2022 con un aumento degli investimenti rispetto al 2021. L’innovazione tecnologica dell’idrogeno avviene ancora in modo prevalente con mezzi propri (in media il 67% del totale finanziato). È ancora marginale, invece, il peso dei fondi pubblici, sia europei (13%) che nazionali e regionali (10%), utilizzati maggiormente dalle aziende più piccole che hanno un minore accesso al capitale privato (banche e fondi). Ciononostante, la partecipazione a bandi pubblici è elevata, sia nel caso di bandi europei (60% delle imprese) sia nel caso di bandi nazionali (72%). In termini di fatturato, il 62 % delle aziende si aspetta una crescita a fine 2022 rispetto al 2021.

leggi anche Solhyd Project, il pannello fotovoltaico domestico che produce idrogeno

Che impatto stanno avendo crisi energetica, aumento dei prezzi delle materie prime e scenario geopolitico incerto? Nonostante le difficoltà macroeconomiche del momento, lo sviluppo del comparto idrogeno non si è arrestato. Per la metà del campione, il loro coinvolgimento nel mercato dell’idrogeno non è pregiudicato dal contesto attuale. Per alcune imprese ci sono addirittura dei risvolti positivi: il 38% scorge in questa situazione nuove opportunità di business e sta quindi accelerando gli investimenti. L’accelerazione che l’attuale contesto economico e geopolitico sta dando alla transizione energetica può quindi beneficiare la crescita del settore.

Passiamo all’occupazione. Nel suo studio “Pianeta Idrogeno” del 2021, l’Enea afferma che il mercato dell’idrogeno solo per l’Italia potrebbe generare da 300 a 500 mila posti di lavoro in più entro il 2050. Un’ottima notizia, che però si scontra con la realtà attuale. Secondo le imprese, il settore dell’idrogeno subisce le difficoltà nel trovare figure specializzate sia a livello tecnico operativo che progettuale: il 66% dei profili ricercati sarebbe di difficile reperimento, con punte del 77 % per i tecnici specializzati. Le imprese hanno, inoltre, una significativa esigenza di inserire project manager, a testimonianza dell’importanza che le attività progettuali e prototipali hanno in questa fase iniziale di sviluppo industriale del settore.

Ma quali sono le altre criticità che bloccano lo sviluppo del comparto? Le aziende soffrono soprattutto la mancanza di un quadro normativo chiaro (79%) insieme all’incertezza di una domanda di mercato non ancora definita (69%). Circa la metà teme, inoltre, che la generazione da rinnovabili sarà insufficiente per la produzione dell’idrogeno verde, ed è ancora elevata la quota di aziende (50%) che ritiene troppo elevati i costi delle tecnologie. A questo si aggiunge che gli obiettivi di Repower EU di produzione a livello europeo di 10 milioni di tonnellate di idrogeno verde nel 2030 vengono ritenuti raggiungibili solo con forti interventi di policy (secondo l’83%).

Leggi anche Firmata la partnership UE-Egitto sull’idrogeno rinnovabile

Non sorprende, quindi, che le misure indicate dalle aziende come prioritarie per lo sviluppo del settore siano tutte riferite all’intervento pubblico: come, ad esempio, la definizione di normative e regolamenti a livello nazionale, seguita da maggiori investimenti per la creazione della domanda e dalla definizione di piani strategici a livello nazionale.

La sensibilità dei legislatori europei ed italiani e dell’opinione pubblica nei confronti dell’idrogeno non è mai stata così alta – ha dichiarato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. La crisi energetica sta spingendo i Paesi del Vecchio Continente, Italia compresa, a cercare alternative all’approvvigionamento classico, e si iniziano a vedere i primi risultati. La filiera, costituita sia da realtà affermate che giovani, è molto consapevole: nel nostro mercato si creano sempre nuove collaborazioni e alleanze finalizzate alla creazione di tecnologia e innovazione. Se sostenuto nella maniera adeguata, da qui al 2030 l’idrogeno darà un contributo fondamentale per decarbonizzare molti settori, come i trasporti e quelli hard-to-abate, sui quali si è concentrata la maggior parte dei fondi per l’idrogeno del PNRR. Per realizzare il sogno di un’Italia e un’Europa a emissioni zero, serve puntare anche su un vettore unico come l’idrogeno, specialmente su quello verde, prodotto da energie rinnovabili e sicuro protagonista del mix energetico del futuro. Dalla sua nascita, H2IT cerca di stimolare la collaborazione e dare una voce unica alla filiera anche in sede politica, per questo chiediamo alle istituzioni un ulteriore sforzo su strumenti incentivanti e interventi legislativi semplificativi, specialmente a fronte degli investimenti privati degli ultimi anni.

“In uno scenario altamente complesso e incerto, soprattutto sul versante energetico, è necessario accelerare sul piano della transizione energetica – hanno dichiarato Letizia Borgomeo e Anna Maria Moressa, economiste della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che hanno curato l’analisi. “L’idrogeno avrà un ruolo importante in questo senso, e non a caso, quasi il 40% delle imprese intervistate segnala come nell’attuale contesto si stiano creando nuove opportunità di business, ampliando i propri investimenti. La presenza in Italia di una filiera completa e competitiva come quella che emerge da questa prima analisi è un punto di partenza importante: sarà cruciale nei prossimi anni affiancare gli investimenti delle imprese con adeguati interventi normativi e di policy che rendano più chiare le strategie nazionali di sviluppo del settore e, soprattutto, formino quelle figure professionali che le imprese stentano a trovare: oltre due terzi delle imprese dichiara di faticare a trovare tecnici specializzati. L’idrogeno, insieme a tutte le altre tecnologie necessarie alla decarbonizzazione e alla transizione energetica, può offrire significative opportunità di crescita al tessuto manifatturiero italiano; è importante esserne consapevoli ed agire di conseguenza come sistema paese per evitare di sprecare questa occasione”.

L’Osservatorio è nato nell’ambito del progetto INNOVAHY, sviluppato nel 2021 in collaborazione da H2IT e Intesa Sanpaolo Innovation Center. L’iniziativa è volta a favorire il percorso di crescita di PMI innovative e start-up del settore idrogeno e per incoraggiare la nascita di nuove realtà.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

leggi anche Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

leggi anche Da CATL la prima batteria con degrado zero dopo 5 anni

La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.