Rinnovabili • PFAS: commissione Ecomafie, “servono limiti nazionali uniformi”

Incontro Regione – Mamme no PFAS

Nel corso dell’incontro si è anche fatto il punto sui nuovi piani sulle matrici alimentari. Si tratta del Piano di sorveglianza dei PFAS nei prodotti agroalimentari delle zone rossa e arancione

PFAS: commissione Ecomafie, “servono limiti nazionali uniformi”
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Il punto sulle azioni in campo per Vicenza, Verona e Padova

Oggi pomeriggio, a palazzo Grandi Stazioni a Venezia, l’assessore regionale alla sanità insieme ai tecnici regionali Francesca Russo, direttore dell’area Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria, Luca Marchesi, direttore dell’area Ambiente, alcuni dirigenti delle rispettive aree e dell’agricoltura, e Loris Tomiato, direttore generale di ARPAV, hanno incontrato i rappresentanti del Comitato “Mamme No PFAS”. L’obiettivo della riunione, la prima di aggiornamento post-pandemia, era di fare il punto della situazione rispetto alle azioni messe in atto per affrontare le problematiche sanitarie e ambientali derivanti dall’inquinamento da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) relativo alle aree interessate delle province di Vicenza, Verona e Padova.

Per quanto riguarda il piano di sorveglianza sanitaria, sono stati forniti i dati aggiornati. In particolare è stato comunicato che nell’area di massima esposizione sanitaria, ad oggi, le persone invitate allo screening (che è esclusivamente su base volontaria) sono state circa 90.000 e le visite effettuate sono state 55.000. Nel settembre 2020 è iniziato il secondo round di chiamata attiva per lo screening di popolazione rivolto ai soggetti che avevano aderito alla chiamata del 2017: finora sono state invitate circa 10.000 persone (chi ha aderito al primo round da almeno due anni) e sono state effettuate 3.575 visite.

Nel corso dell’incontro si è anche fatto il punto sui nuovi piani sulle matrici alimentari. Si tratta del Piano di sorveglianza dei PFAS nei prodotti agroalimentari delle zone rossa e arancione, che include il campionamento dell’acqua di abbeverata anche per la verifica dell’autocontrollo effettuato dalle aziende zootecniche, e del Piano di monitoraggio regionale dei PFAS negli alimenti e materiali a contatto presenti sul mercato. Il piano di sorveglianza è stato elaborato in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e prevede il controllo in via prioritaria di matrici alimentari di origine animale e di matrici alimentari vegetali prodotte da aziende per l’immissione sul mercato di tali prodotti (es. carne e uova). Nell’ambito del piano di sorveglianza si prevede di analizzare l’acqua di abbeverata e quella di irrigazione per individuare se e in che misura i PFAS eventualmente presenti nell’acqua si possono trasferire ai prodotti alimentari in funzione di diverse pratiche agro-zootecniche.

I risultati, secondo quanto dichiarato dall’Istituto Superiore di Sanità, saranno resi disponibili secondo il principio di massima trasparenza e collaborazione sempre adottato. 

Per quanto riguarda gli interventi in ambito ambientale, oltre a fare il punto sulla realizzazione dei nuovi acquedotti previsti da piano commissariale, i cui lavori sono stati realizzati per oltre il 75% e saranno completati in tempi record entro i primi mesi del 2023, è stato illustrato lo stato di qualità delle acque superficiali e sotterranee, che appare in netto miglioramento. Inoltre è stato illustrato lo stato dell’arte per quanto concerne la bonifica del sito dell’ex-Miteni di Trissino. La ditta proprietaria ha provveduto a presentare agli enti un piano di interventi e di indagini integrative rispetto a quanto finora eseguito (tra il 2015 e il 2018) che è in corso di verifica da parte dei componenti della Conferenza dei servizi. Al termine delle operazioni di dismissione degli impianti e demolizione degli edifici, che avverrà entro l’anno, è previsto di procedere all’esecuzione delle ulteriori indagini per definire modi e tempi della bonifica.

In conclusione, l’Assessore regionale alla sanità e i tecnici regionali hanno ribadito ai rappresentanti del Comitato che la Regione del Veneto è e resta a disposizione per la condivisione delle informazioni e dei dati relativi alle azioni messe in atto a livello regionale per affrontare le problematiche sanitarie e ambientali derivanti dall’inquinamento da PFAS e, soprattutto, è al loro fianco nella lotta alle stesse sostanze perfluoroalchiliche. 

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.