Fukushima: il Giappone rilascerà l’acqua radioattiva nell’oceano?

A sei anni dal disastro il Paese non ha preso ancora una decisione su come gestire l’acqua contaminata presente nei serbatoi della centrale. Gli esperti suggeriscono di rilasciarla in mare

acqua radioattiva

 

L’acqua radioattiva stoccata nelle centrale giapponese è una bomba a orologeria

(Rinnovabili.it) – Cosa fare del milione di tonnellate di acqua radioattiva contenuta nei serbatoi della centrale nucleare di Fukushima Daiichi? Se lo chiede il Governo giapponese alle prese con una difficile scelta che divide nettamente esperti e cittadini. A sei anni dall’incidente che nel 2011 provocò la fusione dei noccioli dei tre reattori, la situazione generale è ben lontana dall’aver trovato un punto fermo.

 

I lavori della TEPCO (Tokyo Electric Power Co.) per rimuovere le barre di uranio esausto procedono in maniera estremamente lenta. Le prime immagini del combustibile fuso nel terzo reattore sono state ottenute solo a luglio di quest’anno. I funzionari sperano ora di riuscire a persuadere una comunità piuttosto scettica che l’impianto sia passato dalla modalità di “crisi post-disastro” a una fase molto meno pericolosa, quale quella della pulizia. “Fino a ieri non sapevamo esattamente dove fosse il carburante o come sarebbe apparso”, ha spiegato Takahiro Kimoto, direttore generale della divisione nucleare della Tepco. “Ora che l’abbiamo visto, possiamo fare progetti per recuperarlo”.

 

>>Leggi anche Fukushima oggi: l’accumulo dell’acqua radioattiva rende la situazione urgente<<

 

La stessa immagine del sito sta cambiando. Oggi qui lavorano 7.000 persone, impegnate a costruire nuovi serbatoi di stoccaggio dell’acqua, a recuperare i detriti radioattivi e a erigere enormi impalcature introno ai reattori distrutti. Come hanno potuto appurare i media stranieri, nel tour organizzato dal Giappone il mese scorso, il sito ospita oggi un nuovo ed elegante edificio amministrativo, una caffetteria e persino un minimarket. L’accesso all’impianto è più facile di quanto non fosse un anno fa, quando i visitatori dovevano coprirsi con speciali indumenti protettivi. Ma dietro questo nuovo e ricercato aspetto, la maggior parte dei problemi rimane aperta.

 

Primo fra tutti, il destino dell’acqua radioattiva contenuta nelle 900 vasche dell’impianto. Alcuni esperti hanno consigliato il Governo di rilasciarla lentamente nell’Oceano Pacifico. I trattamenti effettuati hanno rimosso tutti i contaminanti ad eccezione del trizio, che secondo gli scienziati è sicuro se rilasciato in piccole quantità. Al contrario, se lasciata stoccata nella centrale, un nuovo terremoto o tsunami potrebbe danneggiare le vasche e far fuoriuscire il contenuto in maniera incontrollata. I pescatori locali, ancora in profonda crisi dopo l’incidente, temono tuttavia che i consumatori non acquisteranno pesce catturato nella regione se Tokyo dovesse decidere di liberarsi nell’oceano dell’acqua radioattiva.

 

Ad aggravare il problema c’è il fatto che la quantità di acqua radioattiva, a Fukushima, cresce di 150 tonnellate al giorno.  I reattori sono danneggiati irreparabilmente, ma per evitare il surriscaldamento deve essere costantemente pompata al loro interno acqua per il raffreddamento. Il fluido contaminato esce quindi dalle camere di contenimento e si raccoglie a livello dei basamenti dove si mescola con le falde acquifere, aumentando il volume totale.

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