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Elettrosmog, 70 scienziati scrivono al governo: “Non alzate i limiti”

Una petizione e una lettera al governo. Le reti contro l'elettrosmog si mobilitano per evitare l’aumento di tumori da campi elettromagnetici

Elettrosmog 70 scienziati scrivono al governo Non alzate i limiti

 

(Rinnovabili.it) – Caro governo, non modificare i limiti sull’elettrosmog. L’appello è stato sottoscritto da oltre 70 medici, biologi, fisici, ricercatori e 50 associazioni e comitati contro l’inquinamento elettromagnetico in Italia. Esistono troppi e gravissimi «rischi per la salute e per l’ambiente – riporta la lettera inviata all’esecutivo – legati all’esposizione crescente a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde che sono emessi da cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in reti senza fili, antenne WiFi, WiMax, radar, ripetitori della radiofonia, della radiotelevisione e della telefonia mobile Dect, Gsm, Umts e Lte (4G)».

 

Non solo, ma a corredo è stata lanciata anche una petizione cartacea da firmare entro fine marzo. La strategia di comunicazione delle reti anti-elettrosmog è scaturita dal workshop tenutosi a Roma il 21 febbraio, che ha fatto il punto sui due piani del governo per lo sviluppo della banda larga. Questi piani prevedono sostanzialmente di innalzare i limiti di legge (equiparandoli a quelli europei, 10 vole più alti) per promuovere le tecnologie di comunicazione senza fili e di aumentare lo sviluppo del Wi-Fi.

La lettera degli esperti contiene richieste precise:

 

– riportare la misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 6 minuti anziché di 24 ore

– l’approvazione di un decreto attuativo della Legge 36 del 2001 per quanto riguarda i dispositivi mobili con l’adozione degli stessi limiti di esposizione delle antenne dei sistemi fissi

– la promozione di investimenti pubblici e della detassazione per la connettività in fibra ottica e via cavo che è la tecnologia più efficiente e completamente sicura per la salute

– il divieto di installazione di reti ‘Wi-Fi’ negli asili e nelle scuole frequentate da bambini e ragazzi al di sotto dei 16 anni.

– l’obbligo, per gli enti predisposti alla tutela della salute pubblica, ad assumere le proprie valutazioni del rischio sulla radiofrequenza, selezionando gli studi scientifici indipendenti ed escludendo quelli finanziati dall’industria delle telecomunicazioni.

 

Elettrosmog 70 scienziati scrivono al governo Non alzate i limiti-

 

Gli standard di sicurezza per i campi elettromagnetici supportati dai sottoscrittori dell’appello sono «basati sulle evidenze biologiche», e prevedono un limite di esposizione per le radiofrequenze di 0,6 Volt per metro.

«È  ormai noto, infatti – sottolineano – che gli standard promossi dalla Ieee (Institute of Electrical and Electronic Engineers) nel 1992 sono obsoleti, perché si basano esclusivamente sugli effetti termici dei campi elettromagnetici, ovvero sul riscaldamento prodotto, mentre è stato ampiamente dimostrato che campi deboli, non in grado di produrre alcun riscaldamento producono numerosi effetti biologici. Questo avviene perché la materia vivente funziona attraverso scambi chimici e segnali elettromagnetici, che possono subire alterazioni in presenza di campi esterni anche debolissimi».

Del resto anche la IARC (Associazione Internazionale per la Ricerca sul Cancro), ha dovuto riconoscere nel 2011 queste radiazioni non ionizzanti come «possibili cancerogeni per l’uomo», ammettendo l’esistenza di effetti biologici e non soltanto termici.

 

L’attuale limite italiano per le radiofrequenze è di 6 V/m nei luoghi dove si staziona per più di 4 ore (i limiti europei sono di 61 V/m). La misurazione, effettuata in precedenza ogni 6 minuti dalle Arpa (Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale), è stata abilmente ritoccata dal governo Monti. Con un decreto del 2012, l’esecutivo aveva stabilito che le misurazioni dell’emissione elettromagnetica non andavano più distribuite in intervalli di 6 minuti, ma bastava una media delle 24 ore. Per ottenere una media bastano due misurazioni, una all’inizio e una alla fine del delta temporale. Ciò permetteva alle emittenti, senza apparente modifica dei limiti, di aumentare la potenza per ore, sorpassando anche di molto i limiti di legge, e poi scendere sotto i livelli di guardia durante la notte, quando la domanda è minore. Un tale espediente garantisce l’impunità alle grandi compagnie di telecomunicazione.

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