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Intelligenza artificiale fossile: in 1 anno, +450% emissioni da produzione di chip per l’IA

L’anno scorso le emissioni globali derivanti dalla produzione di chip per l’intelligenza artificiale (IA) hanno superato le 450 mila tonnellate di CO2 equivalente. Oltre 4 volte più del 2023. Un aumento trainato dal ricorso massiccio ai combustibili fossili nelle reti elettriche dell’Asia orientale. Il rapporto di Greenpeace

Aumento emissioni IA: nel 2024 quadruplicate emissioni da produzione di chip
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L’impatto dell’intelligenza artificiale sul clima sta crescendo a ritmi vertiginosi. Finora l’attenzione si era concentrata soprattutto sui data center. Ma c’è un altro anello della catena su cui bisogna puntare i riflettori: la produzione di chip dedicati all’IA. Perché è da questo segmento che arriva un vertiginoso aumento emissioni IA: da 99.200 tonnellate di CO2 equivalente nel 2023 a ben 453.600 nel 2024. Cioè un incremento del 457% in 12 mesi.

AI chip: un business in espansione, ma ad alto impatto climatico

L’industria dei chip per l’IA è dominata da colossi dell’Asia orientale come TSMC (Taiwan), SK hynix e Samsung (Corea del Sud), che forniscono la componentistica per modelli avanzati come gli Nvidia A100, H100, B200 e gli AMD MI300X.

Questi chip sono alla base dello sviluppo di modelli IA sempre più potenti. Ma la loro produzione è estremamente energivora e dipendente molto da reti elettriche alimentate a carbone, gas e petrolio.

Secondo un’analisi di Greenpeace, l’elettricità consumata a livello globale per la produzione di chip IA è cresciuta da 218 GWh nel 2023 a quasi 984 GWh nel 2024 (+351%). Di conseguenza, le emissioni legate al loro consumo elettrico sono esplose, soprattutto nei paesi con mix energetici poco sostenibili.

Nel dettaglio:

  • Taiwan: da 41.200 a 185.700 tonnellate di CO2 equivalente (+350%),
  • Corea del Sud: da 58.000 a 135.900 tonnellate di CO2 equivalente (+134%),
  • Giappone: 132.100 tonnellate di CO2 equivalente nel 2024.

L’aumento emissioni IA come specchio delle scelte energetiche

Il forte aumento delle emissioni IA riflette non solo la crescita della domanda globale, ma anche le scelte infrastrutturali dei governi asiatici. In Corea del Sud, il governo ha approvato la costruzione di centrali a gas naturale liquefatto (LNG) per sostenere i colossi Samsung e SK hynix. In Taiwan, l’industria dei semiconduttori ha spinto per l’espansione di terminali LNG e per un ritorno all’energia nucleare.

Queste scelte vengono presentate come “soluzioni stabili” per alimentare l’innovazione. Ma per Greenpeace rischiano di prolungare la dipendenza da fonti fossili e ostacolare la transizione energetica.

Entro il 2030, consumo elettrico 170 volte superiore

Le stime per il futuro non sono meno preoccupanti. Greenpeace prevede che entro il 2030 il consumo elettrico globale legato alla produzione di chip per l’IA possa arrivare a 37.238 GWh, pari a circa 170 volte il consumo del 2023 e superiore all’intero consumo annuale di un paese come l’Irlanda. Se il mix energetico resterà invariato, ciò potrebbe generare fino a 16 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

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