Rinnovabili • Deficit neve in Italia: ritorno alla normalità?

Febbraio e marzo azzerano il deficit di neve in Italia. Ma basterà?

Dopo 2 anni di magra, il bilancio torna in positivo: +1% sulla media del 2011-2022. La situazione resta però grave al centro-sud dove l’ammanco di neve resta al 60-80%. E anche sulle Alpi l’abbondanza di neve non significa disponibilità sufficiente di acqua nei prossimi mesi. Ha nevicato solo ad alta quota e se le temperature nelle prossime settimane dovessero salire ancora, la fusione sottrarrebbe l’acqua nel momento in cui in pianura ce n’è più bisogno

Deficit neve in Italia: ritorno alla normalità?
Foto di Matteo Catanese su Unsplash

I dati di Fondazione CIMA sul deficit di neve in Italia al 1° aprile

(Rinnovabili.it) – Per la prima volta da due anni, la quantità di neve presente in montagna è in linea con la media degli ultimi 12 anni. Le nevicate di febbraio e marzo hanno colmato il deficit di neve in Italia: al 1° aprile il Belpaese si ritrova con un surplus dell’1% rispetto al periodo 2011-2022. Ma il dato medio nasconde un’Italia spaccata a metà con il centro-sud sempre più assetato e con risorse idriche nivali – l’acqua stoccata in forma nevosa che sarà disponibile in primavera ed estate con la fusione – a livelli minimi. E anche sulle Alpi la neve c’è ma solo a quote molto elevate.

Il quadro fornito dal monitoraggio di Fondazione CIMA all’inizio del periodo di fusione permette di tirare un sospiro di sollievo ma non di considerare del tutto superata la fase di crisi dell’ultimo biennio, quando l’Italia ha dovuto fare i conti con la peggiore siccità del secondo dopoguerra.

Deficit di neve in Italia: occhio alle temperature di aprile

Il deficit di neve in Italia è ancora molto marcato sull’Appennino. Anche se gli ultimi due mesi hanno visto più precipitazioni della norma almeno sulle regioni centrali. Il motivo? Le temperature molto più alte della norma. Al Centro l’anomalia termica è stata di +2,5°C rispetto all’ultimo decennio. Tanta pioggia e ben poca neve, quindi. Così l’indice SWE – snow water equivalent, la quantità di acqua stoccata nel manto nevoso – per il bacino del Tevere resta ancora a livelli infimi con un deficit dell’80%. L’Arno è a -65%, l’Aterno-Pescara a -81%, il Sangro a -59%, il Crati in Calabria a -87%.

Sulle Alpi il bilancio è ben più positivo. A partire dal Po che ritorna a vedere un surplus (del 29%), triplicando la riserva di neve tra febbraio e marzo, e l’Adige che sfiora la media storica con un ammanco del 4%. Anche sull’arco alpino, però, alcuni segnali destano ancora preoccupazione. Anche in questo caso c’entrano le temperature.

La situazione non è uniforme, ci sono differenze importanti a seconda della quota. Lo SWE è positivo ma solo sopra i 1800-2000 metri, dove lo zero termico non è ancora stato superato. Al di sotto di questa quota il deficit rimane significativo. “È come se ci fossero due inverni allo stesso tempo: uno nevoso in quota, e uno avaro di neve a quote medio-basse”, commenta Francesco Avanzi di Fondazione CIMA. “Se e quanto l’acqua ora finalmente presente nel bacino del Po sotto forma di neve potrà sostenere i mesi primaverili ed estivi, però, dipende dalle temperature”, continua Avanzi. “Le temperature elevate possono ancora causare, anche sulle Alpi, fusioni precoci: perché sia davvero utile nei periodi in cui l’acqua ci è più necessaria, la neve deve restare tale ancora per alcune settimane.

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