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Neve in Italia: febbraio in ripresa, deficit scende a -29%

Se il Po e l’Adige ritornano nella variabilità media degli ultimi 10 anni, tutto l’Appennino continua a soffrire. Attorno a metà marzo inizia la fase di fusione e senza ulteriori precipitazioni la scarsità acuta di risorsa idrica è ancora possibile. Lo SPI a 6 mesi suona l’allarme per Piemonte e Romagna, oltre a tutto il Centro-Sud

Neve in Italia: febbraio in ripresa, deficit scende a -29%
Foto di Jörg Angeli su Unsplash

L’analisi di Fondazione CIMA sullo stato della neve in Italia

(Rinnovabili.it) – Per la prima volta da 3 anni, il bacino idrografico del Po ha una quantità di neve “normale”. Dopo gli inverni con pochissima neve – e le gravissime stagioni di siccità che ne sono seguite – sembra che il 2024 stia cambiando rotta. Almeno in parte. Sull’arco alpino occidentale e centrale, l’equivalente idrico nivale (SWE) – un indicatore che stima quanta acqua è stoccata nel manto nevoso e sarà quindi disponibile in primavera e in estate – a inizio marzo era appena del -11% inferiore alla media del periodo 2011-2022. Allargando lo sguardo a tutto il Belpaese, al culmine della stagione invernale la neve in Italia segna un deficit del 29%. In netta ripresa rispetto anche solo a 1 mese fa, quando oscillava intorno al -64%.

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Neve in Italia, le Alpi in ripresa

Ripresa dovuta alle precipitazioni generose di febbraio. Soprattutto al nord, dove si registrano piogge e nevicate sopra la media con uno SPI – l’indice che misura il deficit di precipitazioni e quindi lo stato di siccità di una località – con valori positivi, tra 1 e 3, su tutto il settentrione. Mentre resta ancora negativo al Centro, specie sul versante adriatico, e in gran parte del Sud (in modo più marcato in Sicilia).

“È una situazione sicuramente più positiva rispetto a quella degli scorsi mesi, e anche rispetto allo scorso anno, e ha portato un miglioramento anche per i fiumi alpini”, commenta Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione CIMA. “Inoltre, il deficit, seppur ancora presente, è meno marcato alle quote più elevate, quelle dalle quali proviene la “scorta” d’acqua durante la primavera e l’estate”. Anche il bacino dell’Adige è in ripresa, con un deficit sugli ultimi 10 anni del -33%, significativo ma anch’esso all’interno della variabilità annuale dell’ultimo decennio.

Discorso ben diverso quello per l’Appennino, dove lo SWE versa in condizioni decisamente peggiori vista l’assenza di precipitazioni a febbraio. Il Tevere non ha praticamente conosciuto l’inverno e resta al -82%, mentre sono in condizioni analoghe l’Aterno-Pescara (-86%) e il Sangro (-71%).

Siccità scongiurata?

Abbiamo voltato decisamente pagina? Possiamo aspettarci un 2024 dove le condizioni quasi normali di neve in Italia allontanano definitivamente lo spettro della siccità? Non esattamente. “Febbraio è stato, sì, un mese molto piovoso. Ma è stato anche un mese molto caldo”, continua Avanzi. L’inverno appena concluso è stato il più caldo di sempre secondo i dati ISAC-CNR, con anomalie termiche diffuse in tutta la penisola e in particolare al Nord e sull’arco alpino. Con punte di anche +3,5°C rispetto all’ultima decina d’anni.

Cosa significa? Gli accumuli nevosi delle ultime settimane sono già prossimi alla fusione. E se nuove nevicate si possono ancora verificare nelle prossime settimane, la fusione può procedere in parallelo, alternandosi con rapidità. Rendendo più complesso fare stime e previsioni. “Le stime si fanno quindi più complicate: è necessario continuare a monitorare attentamente la situazione, anche perché sappiamo che quello della siccità è un fenomeno lento a svilupparsi nel tempo e le condizioni locali non sono sempre rappresentative del resto del Paese”, continua Avanzi.

Tant’è vero che lo stesso SPI, se considerato su periodi più lunghi, mostra che la situazione dell’umidità al suolo è nella normalità ma non lo è quella delle falde e dei bacini lacustri maggiori. Con una profondità di sguardo di 6 mesi, torna in deficit il Piemonte e la Romagna al Nord, mentre tutto il Centro-Sud è in grave carenza di risorsa idrica. Il quadro peggiora se si estende lo SPI a 48 mesi.