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Perdite nella rete idrica soddisferebbero esigenze di 10,4mln di persone

Giovannini: “Riconoscere importanza del ciclo dell’acqua come processo biofisico è essenziale per conseguirne la gestione sostenibile”

 

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Rete idrica e diritto all’acqua: i miglioramenti nel Goal 6

La disponibilità idrica sta diminuendo, eppure in Italia continuiamo a sprecare il prezioso oro blu. Non solo il Belpaese detiene il titolo di maggior prelievo di acqua per uso potabile pro-capite tra i 28 Stati UE, ma l’indicatore relativo all’efficienza della rete idrica risulta anche essere in peggioramento. Secondo l’ultimo rapporto ASviS, che analizza i progressi nazionale rispetto i 17 Sustainable Development Goals, l’impegno sul sesto obiettivo “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” fa ancora cilecca. Oggi il 10,1 per cento della popolazione italiana lamenta irregolarità e cattivo funzionamento del servizio dell’acqua nelle loro abitazioni ed è ancora molto alta (29,1 per cento) la percentuale delle famiglie che non si fida a bere l’acqua del rubinetto, anche se in diminuzione di quattro punti rispetto al 2010. La perdita giornaliera reale della rete di distribuzione dei comuni capoluoghi di provincia ammonta a circa 50 metri cubi per ciascun chilometro di rete, cioè un volume che secondo il Rapporto ASviS 2018, stimando un consumo medio di 89 metri cubi annui per abitante, soddisferebbe le esigenze idriche di 10,4 milioni di persone.

 

Risanare la situazione richiede un approccio integrato. Attaulmente nella Legge di Bilancio 2019, secondo l’esame dei provvedimenti svolto da ASviS, le problematiche inerenti il Goal 6 dell’Agenda 2030 si concentrano sulle infrastrutture tecnologiche idriche. A mancare, tuttavia, sono tutte le misure economiche per la tutela del ciclo biofisico naturale dell’acqua, che ne rappresenta la fonte di approvvigionamento e rigenerazione.

 

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Credit: ASviS

 

Per quanto riguarda la tutela dei mari, invece, mancano gli strumenti gestionali adeguati per la messa in pratica del Buono Stato Ecologico entro il 2020, imposto da una Direttiva quadro sulla strategia dell’ambiente marino. L’ASviS, che con i suoi oltre 220 aderenti è la più grande rete di organizzazioni della società civile, chiede al Governo di “adottare tutte le misure previste dalla Direttiva, garantendo che le risorse umane e materiali impegnate a tal fine siano adeguate e commisurate all’interesse ambientale, economico e sociale che l’ecosistema marino riveste per il nostro Paese”.

 

 

Il tema è stato affrontato in occasione dell’evento nazionale organizzato dall’ASviS e dal WWF Italia “Acqua. Salvaguardare i diritti umani tutelando gli ecosistemi” nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile dedicato al Capitale naturale e qualità dell’ambiente. Un’occasione per riflettere sul rapporto tra uomo e natura partendo dall’acqua e illustrando le implicazioni della gestione sostenibile della risorsa e della difesa del diritto universale alla sua fruizione, la priorità, urgenza e convenienza economica nell’investire per la salvaguardia e il ripristino degli ecosistemi che garantiscono l’integrità del suo ciclo biofisico naturale.

 

“Riconoscere importanza del ciclo dell’acqua come processo biofisico è essenziale per conseguirne la gestione sostenibile” ha sottolineato  Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS. “E’ necessario agire sul fronte legislativo e far capire che disponibilità e qualità dell’acqua, con le interferenze dell’uomo quali le trasformazioni del territorio, l’inquinamento e la conseguente perdita di biodiversità, sono problemi che riguardano tutti”.

 

Nel corso dell’evento sono state indicate alcune priorità ai decisori politici nazionali anche rispetto alle proposte da sostenere in sede di politiche europee e di accordi internazionali per la finanza e il commercio, oltre all’impegno a perseguire gli obiettivi urgenti indicati dall’Agenda Onu 2030. In particolare, la protezione e il ripristino degli ecosistemi legati all’acqua, il riconoscimento degli ecosistemi come parte integrante delle strategie di sviluppo economico, l’integrazione sistematica dei valori di ecosistema e di biodiversità nella pianificazione nazionale e locale, la partecipazione delle comunità locale misure prioritarie per l’aiuto ai paesi in via di sviluppo.