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Riscaldamento, in Cina il graduale abbandono del carbone

Stando a quanto dichiarato dal ministro dell’Ambiente cinese, Li Ganjie, la Cina sta cercando di abbandonare gradualmente il riscaldamento a carbone a favore di un riscaldamento domestico a gas naturale ed elettrico

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Circa 400 milioni di tonnellate di carbone all’anno bruciate finora in Cina per il riscaldamento invernale

 

(Rinnovabili.it) – Mentre ha intensificato la lotta contro smog, iniziata ormai da alcuni anni, nel corso del 2018 la Cina ha anche cercato di abbandonare gradualmente il riscaldamento a carbone a favore di un riscaldamento domestico a gas naturale ed elettrico, promuovendolo, stando a quanto dichiarato dal ministro dell’Ambiente cinese, Li Ganjie, in 35 città del Paese, 23 in più rispetto alle 12 dell’anno precedente. Per il riscaldamento invernale, la Cina era solita bruciare circa 400 milioni di tonnellate di carbone all’anno; il suo passaggio a tipi di combustibile più puliti è stato identificato come una parte importante della guerra contro l’inquinamento del paese.

 

Secondo il ministro Li, nonostante lo scorso anno il piano di conversione delle famiglie a un riscaldamento a basse emissioni abbia incontrato difficoltà a causa della diffusa penuria di gas naturale, sono state ben 4,8 milioni le famiglie che sono riuscite comunque a passare dal carbone al gas naturale e all’elettricità, rispetto ai 4 milioni di famiglie convertite nel 2017. Il ministro ha anche riferito che la Cina ha installato una tecnologia a bassissime emissioni in oltre l’80% della sua capacità totale di generazione di energia a carbone, ma che, nonostante i progressi fatti nel 2018, la guerra cinese allo smog si sta facendo più difficile. “Le pressioni sono enormi – ha dichiarato Li – e non è facile essere ottimisti riguardo alle tendenze. Le cose semplici e immediate sono già state fatte, adesso rimane la parte più difficile”. Sebbene la quota di carbone nel mix energetico totale della Cina sia stata ridotta al 59% lo scorso anno, dal 68,5% del 2012, è rimasta per Li troppo alta e persistono disparità regionali nel modo in cui viene applicata la protezione ambientale.

 

La scorsa settimana la Cina ha detto che avrebbe attuato restrizioni speciali sulle emissioni per il terzo inverno consecutivo, dopo che il premier Li Keqiang aveva detto al parlamento che lo stato avrebbe continuato a rafforzare i controlli sull’inquinamento nel 2019. L’economia cinese è cresciuta al suo ritmo più lento dal 1990 l’anno scorso, e il ministero dell’ambiente ha avuto difficoltà a dichiarare che non si sarebbe opposto ai suoi sforzi per limitare l’inquinamento. Tuttavia, anche se nel 2018 le concentrazioni di PM2.5 sono complessivamente diminuite, hanno rimbalzato durante l’inverno, con una media di 39 città settentrionali soggette a smog cresciute del 13% nel periodo ottobre-febbraio (leggi anche L’inquinamento atmosferico in Cina “vola”).

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