Le barriere culturali fermano l’economia circolare nelle città

Un sondaggio di ICESP su 28 centri urbani ha mostrato che a frenare lo sviluppo della transizione delle città verso l’economia circolare sono barriere di ordine culturale, ma anche economico, amministrativo e politico.

economia circolare città
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(Rinnovabili.it) – Città e territori sono i luoghi principali in cui favorire la transizione all’economia circolare, ma hanno bisogno di adeguati strumenti per compiere questo percorso. Questo il risultato di un sondaggio prodotto da ICESP, Italian Circular Economy Stakeholder Platform: il gruppo di lavoro 5 della piattaforma (“Città e Territorio Circolari”) ha condotto un l’indagine su 28 centri, dalla quale è scaturito il position paper “La transizione circolare di città e territori nel panorama italiano”.

Le amministrazioni coinvolte sono: Agenzia provinciale per l’ambiente di Bolzano, Città Metropolitana di Torino, Comuni di Bibbona (LI), Bologna, Bressanone (BZ), Campomarino (CB), Casoria (NA), Catania, Cesena, Erchie (BR), Fermo (FM), Firenze, Forlì, Francavilla Fontana (BR), La Spezia, Modena, Nova Siri (MT), Padova, Palermo, Pesaro, Prato, Rotondella (MT), Serrenti (VS), Torino, Vibonati (SA), Comuni dell’Appennino Bolognese, Regione Piemonte.

Secondo il documento l’attuale crisi deve indurre a immaginare una ripresa con nuovi modelli di produzione e consumo, pianificando infrastrutture e servizi resilienti.

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Economia circolare: il ruolo delle città

Nel percorso di transizione verso l’economia circolare le città avranno un ruolo da protagonista. In questo momento il 75% della popolazione europea vive in centri urbani, all’interno dei quali è consumato il 75% delle risorse naturali. Di contro, le città producono il 50% dei rifiuti in tutto il globo e generano tra il 60 e l’80% delle emissioni di gas serra. Se anche le cifre non fossero così rilevanti, secondo gli autori dello studio, le città manterrebbero un ruolo potenzialmente propulsivo: sono infatti amministrate dal livello di governo più vicino ai cittadini.

La richiesta è per lo sviluppo di un approccio “olistico e una visione a lungo termine”. “Una città circolare – dice il paper – è una città che promuove il passaggio da un’economia lineare a un’economia circolare in modo integrato in tutte le sue funzioni in collaborazione con i cittadini, le imprese e la comunità della ricerca”.

Cosa frena lo sviluppo dell’economia circolare nelle città?

Il ruolo delle città è però soltanto potenziale: a frenare lo sviluppo dell’economia circolare insistono infatti una serie di barriere.

Innanzitutto si tratta di impedimenti di tipo economico: servono investimenti adeguati, che al momento mancano. I risultati del questionario parlano chiaro, le città sono soggette a una serie di vincoli dovuti alla scarsità delle risorse finanziarie o alla difficoltà ad accedervi, “mancanza di scala critica per le imprese e gli investimenti per supportare le sperimentazioni; scarso coinvolgimento del settore privato”.

Anche la burocrazia fa da freno: il quadro amministrativo e normativo è inadeguato, spesso le amministrazioni hanno difficoltà pratiche “che scoraggiano l’utilizzo e riutilizzo dei sottoprodotti”. Oltre alle leggi poco elastiche, un problema serio per le città che vogliano investire in economia circolare è quello delle risorse umane: mancano in generale, e in particolare manca personale tecnico formato.

In generale, gli amministratori intervistati hanno lamentato l’assenza di una visione olistica degli ambiti che supporterebbero il passaggio delle città all’economia circolare.

Esistono tuttavia anche impedimenti di carattere tecnico e tecnologico: mancano dati elaborati e, a monte, manca la circolazione delle informazioni.

La più grande delle sfide, tuttavia, è rappresentata dalle barriere culturali: la maggior parte delle città intervistate ha denunciato una mancanza di consapevolezza da parte di privati e amministrazioni.

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La diffusione dei principi di circolarità in Italia: una fotografia

Il GdL 5 ha elaborato quella che ha definito “una fotografia dello stato attuale di diffusione dei principi di circolarità in Italia e delle azioni connesse”.

L’intento del laboratorio permanente è quello di individuare strategie che diano una buona base di partenza agli enti, di modo che possano poi elaborare le politiche che traghetteranno le città verso l’economia circolare. Il sondaggio ha interrogato le amministrazioni sulla circolarità in diversi settori, dall’educazione alla gestione dei rifiuti (organici, plastiche, di costruzioni, raee), a quelle delle risorse idriche e degli spazi pubblici, a molti altri.

Il paper ha mostrato che le direttrici più sviluppate sono certamente quelle legate al riciclo, alla riparazione e alla rigenerazione, considerate dal 39% delle città intervistate. Altro tema fondamentale sono le risorse: il 22% le amministrazioni ha dichiarato di operare per la riduzione, mentre il 17% opera azioni volte al riutilizzo e un altro 17% al recupero (sia di energia, sia di materia). Solo il 5% delle città intervistate ha adottato la sharing economy.

Il settore più sviluppato, in tutte le città, è di certo quello energetico: il 20% degli intervistati ha mostrato attenzione al tema. Al secondo posto tra i più sviluppati, il settore delle Natural Base Solution, al 16%. Seguono spazi pubblici e infrastrutture (14%), risorse idriche (12%), RAEE (11%), costruzioni e demolizioni (8%), educazione (4%) e green public procurement (2%).

Quali strumenti per l’economia circolare mettono in campo le città?

Nel documento sono mostrati una serie di strumenti volti a traghettare le città verso l’economia circolare.

Tra gli strumenti primeggiano quelli finanziari. Nel paper è infatti riportato l’esempio del comune di Milano, che sconta del 20% la tassa dei rifiuti per le imprese che donino gli scarti alimentari a enti di beneficenza. Porto, in Portogallo, ha invece sviluppato una serie di indicatori per la misura degli avanzamenti verso l’economia circolare in città, definiti CityLoops Projects. In Norvegia, a Bodø, la piattaforma CityLab coinvolge consulenti edili, architetti e cittadini sulla trasformazione della città, per comprendere insieme come allungare la vita di edifici e materiali. L’aeroporto Schiphol di Amsterdam noleggia (e paga di conseguenza) la luce che usa, ma è il fornitore del servizio, Philips, a essere responsabile di prestazioni e durata. A Oulu in Finlandia le biblioteche restano anche attrezzature sportive. Si tratta solo di alcune delle strategie elencate, che mostrano come città diverse si dotino di differenti strumenti per divenire circolari.

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Le proposte per incentivare l’economia circolare nelle città

Il Gruppo di Lavoro 5 ha anche elaborato una serie di proposte. Gli interventi dovrebbero partire dal ripensamento e dalla riprogettazione di città, territori, infrastrutture e servizi in ottica di economia circolare, con un approccio sistemico, intersettoriale.

Un capitolo a parte meritano le iniziative già in campo a opera di privati, che secondo il position paper vanno sistematizzate per stimolare la crescita dei comportamenti virtuosi e azioni sinergiche. Tra le proposte anche una sollecitazione a favorire processi partecipativi e inclusivi, con spazio particolare per giovani e donne e, in generale, favorendo le iniziative di informazione e sensibilizzazione.

Per rispondere ai problemi di formazione delle risorse umane il Gruppo di Lavoro propone inoltre percorsi di formazione specifica per amministratori, oltre che la strutturazione di una cabina di regia che coordini le attività dei diversi settori in ottica circolare.

Coinvolgere la società civile

“Nessuna città potrà diventare davvero ‘circolare’ – si legge nel paper – senza venire attraversata da un uso profondo e diffuso di quelle pratiche partecipative che sanciscono la logica circolare a livello del potere collettivo e istituzionale”. Per orientare realmente la transizione delle città all’economia circolare ICESP propone infatti di incentivare la partecipazione della cittadinanza alle decisioni, portando anche esempi di strumenti di democrazia partecipata sperimentati in questi anni. I più efficaci, secondo il paper, sono stati i bilanci partecipativi e il dibattito pubblico.

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